diritto fallimentare
Nel concordato preventivo, pagamento integrale obbligatorio per IVA e ritenute
Lo ha stabilito la Cassazione, anche se l’indicazione non appare convincente ed è in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza di merito
Una delle innovazioni più apprezzate della riforma fallimentare è la possibilità di proporre concordati preventivi che prevedano un pagamento parziale anche dei creditori privilegiati, secondo quanto disposto dall’art. 160, secondo comma, L. fall.
La falcidia dei creditori privilegiati è sottoposta a una disciplina molto rigorosa.
Innanzitutto, il pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca è ammissibile solo se il piano concordatario preveda una loro soddisfazione in misura non inferiore all’alternativa fallimentare, a causa del minor valore del bene o diritto su cui sussiste la sua causa di prelazione. La regola è di facile applicazione nel caso di privilegi speciali, ipoteche e pegni, posto che in quest’ipotesi è sufficiente raffrontare il valore del bene o diritto cui il privilegio è riferito e verificare se possa consentire una soddisfazione del creditore in misura inferiore o superiore a quanto proposto nel concordato. Ben più complessa è l’indagine relativa ai privilegi generali, posto che in questo caso la garanzia è rappresentata dall’intero patrimonio del debitore e che la proposta – per essere migliorativa rispetto all’alternativa fallimentare – dovrà necessariamente prevedere un apporto di ulteriore e diverso patrimonio da parte di soggetti terzi.
Ad ogni modo, il valore di mercato dei beni o diritti su cui sussiste la prelazione del creditore falcidiato dovrà risultare da una relazione estimativa giurata di un professionista in possesso dei requisiti ex art. 67, terzo comma, lett. d), L. fall.
Un ulteriore vincolo alla falcidia concordataria dei crediti privilegiati è costituito dal divieto di alterare, nella proposta, l’ordine delle cause legittime di prelazione: nessun creditore munito di un grado di privilegio inferiore potrà essere soddisfatto finché non siano soddisfatti tutti i creditori muniti di grado di privilegio superiore.
Una domanda di concordato che sia conforme alla disciplina dell’art. 160, secondo comma, L. fall. potrà quindi prevedere un pagamento parziale dei debiti privilegiati di qualsiasi natura, compresi i debiti tributari, nel rispetto dell’ordine dei privilegi previsto dagli artt. 2777 e ss. del codice civile. Sul punto è, però, recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con le due sentenze n. 22931 e n. 22932 del 4 novembre 2011, affermando l’inammissibilità di una proposta di concordato che preveda un pagamento non integrale dell’IVA.
Le motivazioni della Corte derivano dalla convinzione che il divieto di pagamento parziale dell’IVA, contenuto nel primo comma dell’art. 182-ter L. fall., sia una norma sostanziale applicabile al concordato preventivo indipendentemente dal ricorso alla transazione fiscale, espressamente disciplinata da quell’articolo di legge. Poiché la medesima norma prevede l’intangibilità anche delle ritenute operate ma non versate, appare logico ritenere che il disposto della Suprema Corte si estenda anche a questi crediti tributari.
La Corte, inoltre, anticipa l’obiezione che l’IVA sia munita di un grado di privilegio piuttosto basso e che il suo pagamento integrale comporti – in ragione dell’accennato divieto di alterazione dell’ordine dei privilegi – l’obbligo di pagare anche tutti i creditori di grado superiore: secondo la Cassazione, la norma contenuta nell’art. 182-ter è disposizione eccezionale che, quindi, deroga alla regola appena accennata.
L’indicazione della Suprema Corte, che contrasta l’orientamento dei Tribunali di merito, non appare convincente. Appare evidente, infatti, che i limiti alla falcidia dell’IVA e delle ritenute operate e non versate siano stati inseriti dal Legislatore nell’art. 182-ter per esigenze di cassa, al fine di obbligare l’imprenditore in crisi, che intenda ricorrere all’istituto della transazione fiscale, ad escludere lo stralcio parziale di tributi particolarmente rilevanti, posto che, in assenza di redditi imponibili, proprio IVA e ritenute rappresentano nella prassi i maggiori crediti dell’Erario nei confronti degli imprenditori in crisi.
È pacifico però che la transazione fiscale sia facoltativa, e non obbligatoria, nell’ambito del concordato preventivo.
Sotto questo profilo la norma esaminata dalla Suprema Corte è certamente eccezionale e idonea a derogare al divieto di alterazione dell’ordine dei privilegi, ma la sua collocazione nell’ambito del solo art. 182-ter L. fall. e non, più propriamente, all’interno dell’art. 160 l. fall. lascia intendere che si tratti di disposizione speciale, applicabile alla sola transazione fiscale, e non di portata generale.
È, pertanto, auspicabile che la Corte di Cassazione riveda quanto prima questo orientamento che, se adottato dai Tribunali di merito, per la sua invasività rischia di compromettere numerosi tentativi di concordato, trasferendo all’Erario benefici altrimenti destinati alla totalità dei creditori concorsuali.
/ Alberto GUIOTTO
La falcidia dei creditori privilegiati è sottoposta a una disciplina molto rigorosa.
Innanzitutto, il pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca è ammissibile solo se il piano concordatario preveda una loro soddisfazione in misura non inferiore all’alternativa fallimentare, a causa del minor valore del bene o diritto su cui sussiste la sua causa di prelazione. La regola è di facile applicazione nel caso di privilegi speciali, ipoteche e pegni, posto che in quest’ipotesi è sufficiente raffrontare il valore del bene o diritto cui il privilegio è riferito e verificare se possa consentire una soddisfazione del creditore in misura inferiore o superiore a quanto proposto nel concordato. Ben più complessa è l’indagine relativa ai privilegi generali, posto che in questo caso la garanzia è rappresentata dall’intero patrimonio del debitore e che la proposta – per essere migliorativa rispetto all’alternativa fallimentare – dovrà necessariamente prevedere un apporto di ulteriore e diverso patrimonio da parte di soggetti terzi.
Ad ogni modo, il valore di mercato dei beni o diritti su cui sussiste la prelazione del creditore falcidiato dovrà risultare da una relazione estimativa giurata di un professionista in possesso dei requisiti ex art. 67, terzo comma, lett. d), L. fall.
Un ulteriore vincolo alla falcidia concordataria dei crediti privilegiati è costituito dal divieto di alterare, nella proposta, l’ordine delle cause legittime di prelazione: nessun creditore munito di un grado di privilegio inferiore potrà essere soddisfatto finché non siano soddisfatti tutti i creditori muniti di grado di privilegio superiore.
Una domanda di concordato che sia conforme alla disciplina dell’art. 160, secondo comma, L. fall. potrà quindi prevedere un pagamento parziale dei debiti privilegiati di qualsiasi natura, compresi i debiti tributari, nel rispetto dell’ordine dei privilegi previsto dagli artt. 2777 e ss. del codice civile. Sul punto è, però, recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con le due sentenze n. 22931 e n. 22932 del 4 novembre 2011, affermando l’inammissibilità di una proposta di concordato che preveda un pagamento non integrale dell’IVA.
Le motivazioni della Corte derivano dalla convinzione che il divieto di pagamento parziale dell’IVA, contenuto nel primo comma dell’art. 182-ter L. fall., sia una norma sostanziale applicabile al concordato preventivo indipendentemente dal ricorso alla transazione fiscale, espressamente disciplinata da quell’articolo di legge. Poiché la medesima norma prevede l’intangibilità anche delle ritenute operate ma non versate, appare logico ritenere che il disposto della Suprema Corte si estenda anche a questi crediti tributari.
La Corte, inoltre, anticipa l’obiezione che l’IVA sia munita di un grado di privilegio piuttosto basso e che il suo pagamento integrale comporti – in ragione dell’accennato divieto di alterazione dell’ordine dei privilegi – l’obbligo di pagare anche tutti i creditori di grado superiore: secondo la Cassazione, la norma contenuta nell’art. 182-ter è disposizione eccezionale che, quindi, deroga alla regola appena accennata.
L’indicazione della Suprema Corte, che contrasta l’orientamento dei Tribunali di merito, non appare convincente. Appare evidente, infatti, che i limiti alla falcidia dell’IVA e delle ritenute operate e non versate siano stati inseriti dal Legislatore nell’art. 182-ter per esigenze di cassa, al fine di obbligare l’imprenditore in crisi, che intenda ricorrere all’istituto della transazione fiscale, ad escludere lo stralcio parziale di tributi particolarmente rilevanti, posto che, in assenza di redditi imponibili, proprio IVA e ritenute rappresentano nella prassi i maggiori crediti dell’Erario nei confronti degli imprenditori in crisi.
È pacifico però che la transazione fiscale sia facoltativa, e non obbligatoria, nell’ambito del concordato preventivo.
Sotto questo profilo la norma esaminata dalla Suprema Corte è certamente eccezionale e idonea a derogare al divieto di alterazione dell’ordine dei privilegi, ma la sua collocazione nell’ambito del solo art. 182-ter L. fall. e non, più propriamente, all’interno dell’art. 160 l. fall. lascia intendere che si tratti di disposizione speciale, applicabile alla sola transazione fiscale, e non di portata generale.
È, pertanto, auspicabile che la Corte di Cassazione riveda quanto prima questo orientamento che, se adottato dai Tribunali di merito, per la sua invasività rischia di compromettere numerosi tentativi di concordato, trasferendo all’Erario benefici altrimenti destinati alla totalità dei creditori concorsuali.
/ Alberto GUIOTTO
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