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martedì 15 novembre 2011

IVA Rimborso IVA, prescrizione decennale in caso di cessazione attività

IVA

Rimborso IVA, prescrizione decennale in caso di cessazione attività

Se la società è stata già cancellata, la domanda può essere presentata dai soci, come previsto dall’Agenzia delle Entrate

/ Martedì 15 novembre 2011
La cancellazione di una società dal Registro delle imprese comporta sempre vari problemi, i quali, sul versante dei carichi fiscali pendenti, paiono risolti da una  recente sentenza della Corte di Cassazione, la 22863 del 2011 (si veda “Senza effetto la cartella di pagamento notificata alla società estinta” del 4 novembre 2011).
Rimane da chiarire, sul versante fiscale, la sorte delle sopravvenienze attive, il che si può verificare ad esempio in caso di IVA a credito: in questo caso, occorre vagliare sia la legittimazione alla domanda di rimborso sia il termine entro cui il rimborso stesso può essere richiesto.
Sul primo aspetto, l’orientamento che allo stato attuale sembra maggioritario ritiene che, in ipotesi di sopravvenienze, dopo la cancellazione tra i soci si configuri una sorta di comunione ordinaria (Cass. 22863/2011; Trib. Bologna 30 settembre 2010), con la conseguenza che sono questi ultimi, in nome proprio e non in nome del soggetto estinto, che possono chiedere il rimborso. Del resto, anche l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 77 del 2011, ha affermato che il rimborso non può avvenire nei confronti della società, ormai estinta, ma nei confronti dei soci (si veda su tale aspetto “Società cancellata: sopravvenienze attive e rimborsi ai soci pro quota” del 28 luglio 2011).
Non è, invece, né idonea a interrompere la decadenza (se di decadenza si tratta) né a ritenere formato il silenzio – rifiuto la domanda presentata dalla società, siccome è una domanda inviata in nome di un soggetto non più in vita.
Tanto premesso, la questione circa il termine entro cui il rimborso deve essere domandato appare molto controversa in giurisprudenza, siccome la Corte di Cassazione, con due sentenze recenti, si è espressa, nel contempo, sia in favore del termine di decadenza biennale di cui all’art. 21 del DLgs. 546/92 sia in favore del termine di prescrizione decennale.
Urge un intervento delle Sezioni Unite
Con la sentenza 18920 dello scorso 16 settembre (si veda “Credito IVA, decadenza biennale per il rimborso” del 17 settembre 2011), i giudici hanno affermato che, anche nell’ipotesi di cessazione dell’attività, si applica la decadenza biennale, perché il DPR 633/72 non disciplina specificamente la fattispecie, da qui l’applicabilità dell’art. 21 del DLgs. 546/92, norma a carattere residuale.
Invece, la sentenza 19655 della Corte di Cassazione, dello scorso 26 settembre, si è dimostrata di opinione opposta, sancendo che, nella cessazione di attività, opera la prescrizione decennale.
La Suprema Corte, a sostegno di ciò, sostiene che “proprio perché l’attività non prosegue, non sarebbe infatti possibile portare l’eccedenza in detrazione l’anno successivo”.
In senso favorevole alla prescrizione decennale si registrano altre recenti pronunce, come la sentenza 25318/2010, secondo cui l’applicabilità di tale termine prende le mosse dal fatto che il secondo comma dell’art. 30 citato specifica che, in caso di cessazione dell’attività, il contribuente ha “comunque” diritto al rimborso.
Urge quindi un intervento delle Sezioni Unite, strumentale a uniformare la visione dei giudici, siccome la problematiche ha di sicuro un certo interesse.
 / Alfio CISSELLO e Marco PEIROLO

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