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mercoledì 27 giugno 2012

iva Rimborsi IVA con termine di presentazione perentorio

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Rimborsi IVA con termine di presentazione perentorio

La Corte di Giustizia conferma la posizione dell’Agenzia sulla natura decadenziale del termine per la richiesta dei rimborsi IVA ai non residenti

/ Lunedì 25 giugno 2012
Il termine per la presentazione della richiesta di rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti di beni/servizi effettuati da un soggetto non residente ha carattere perentorio, per cui è legittimo il diniego della restituzione dell’imposta dovuta alla tardività della relativa domanda.
Con questo principio, espresso dalla Corte di Giustizia nella causa C-294/11 del 21 giugno 2012, è stata risolta la questione sollevata dalla Corte di Cassazione italiana in riferimento alla natura del termine entro il quale può essere chiesto il rimborso dell’IVA, fissato al 30 giugno dell’anno successivo dall’art. 1, comma 2, del DM 30 giugno 1982.
In base al più recente orientamento della Suprema Corte, da ultimo confermato nell’ordinanza n. 8690/2010, il suddetto termine ha natura meramente ordinatoria; per esigenze di certezza dei rapporti tributari, la relativa istanza resta pertanto soggetta al maggior termine biennale di decadenza previsto, in via residuale, dall’art. 21, comma 2, del DLgs. n. 546/1992.
Le controversie in materia hanno avuto costantemente origine dal diniego, espresso o tacito, del rimborso, opposto dal Centro operativo di Pescara in conformità all’interpretazione fornita sul punto dall’Amministrazione finanziaria, peraltro avallata da alcune pronunce della giurisprudenza sia di legittimità che di merito. L’Agenzia delle Entrate, in particolare, dopo avere escluso l’applicabilità del termine biennale di decadenza per l’esercizio del diritto di detrazione (di cui all’art. 19, comma 1, del DPR n. 633/1972), ha precisato che i soggetti non residenti possono chiedere il rimborso dell’IVA assolta in Italia entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile (cfr. R.M. n. 47/2000; si veda anche la R.M. n. 320966/1985).
La Corte di Giustizia, in linea con la posizione del Fisco, ha stabilito, in via definitiva, che il termine previsto dalla normativa per il rimborso dell’IVA ai soggetti non residenti è decadenziale.
Si tratta di una conclusione allineata con l’obiettivo di armonizzazione perseguito dall’VIII Direttiva CEE, così come esplicitato dal 3 “considerando”, ossia “por fine alle divergenze fra le disposizioni attualmente in vigore negli Stati membri che sono talvolta all’origine di deviazioni di traffico e distorsioni di concorrenza”. Sotto questo profilo, è infatti chiaro che il termine del 30 giugno, se inteso come non decadenziale, contrasterebbe con lo scopo di armonizzazione sotteso alla citata normativa comunitaria, oltre che con il principio della certezza del diritto, il quale “esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non possa essere indefinitivamente rimessa in discussione” (Corte di Giustizia, causa C-427/08 e cause riunite C-95/07 e C-96/07).
Più nello specifico, la natura meramente ordinatoria del termine per la domanda di rimborso implicherebbe, in spregio ai princìpi comunitari, la facoltà degli Stati membri di applicare la propria normativa in materia di prescrizione, che però non è armonizzata sul piano europeo, oppure di fare riferimento al termine del 30 giugno previsto dall’art. 7 dell’VIII Direttiva, con la possibilità di presentare validamente l’istanza di rimborso senza alcuna limitazione temporale.
Da ultimo, si osserva che, a seguito dell’abrogazione dell’VIII Direttiva, l’art. 15 della Direttiva n. 2008/9/CE stabilisce espressamente che la richiesta di rimborso debba essere presentata “al più tardi entro il 30 settembre dell’anno civile successivo al periodo di riferimento”. Rispetto alla normativa interna, il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 1° aprile 2010, nel dettare le disposizioni attuative della nuova disciplina, non è altrettanto assertivo, limitandosi a richiamare la scadenza del 30 settembre (30 giugno nella vecchia normativa). Quest’ultima, tuttavia, sulla base della novellata disciplina comunitaria, non può che rivestire natura decadenziale, salvo il caso, contemplato dallo stesso art. 15 della Direttiva n. 2008/9/CE, in cui la domanda di restituzione dell’imposta non possa considerarsi presentata perché l’istante non ha fornito tutte le informazioni richieste.
La neo-introdotta locuzione “al più tardi”, già prevista in alcune versioni linguistiche della previgente disciplina, conferma quindi la correttezza dell’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate e, ora, della Corte Ue; anche perché “la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione comunitaria non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione né si può attribuire ad essa a tal riguardo un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche” (Corte di Giustizia, causa C-455/05). L’applicazione uniforme del diritto comunitario esclude, infatti, un’interpretazione esclusivamente testuale delle disposizioni, dovendosi piuttosto privilegiare una lettura in funzione sia del contesto in cui esse si inseriscono, sia delle finalità del sistema.
 / Marco PEIROLO: FONTE EUTEKNE

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