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lunedì 4 giugno 2012

IRPEF

Deducibili al 50% le spese per la formazione professionale continua

La norma limitativa della deducibilità non distingue in base alla natura del corso di aggiornamento
/ Sabato 02 giugno 2012
Le spese sostenute per la partecipazione alla formazione continua obbligatoria da parte degli iscritti in Albi professionali sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo in misura pari al 50% del loro ammontare. Per gli immobili a uso promiscuo, la rendita catastale è deducibile sempre in misura pari al 50%, indipendentemente dalla porzione dell’unità immobiliare che il professionista decide di utilizzare per lo svolgimento dell’attività.
Sono questi, in estrema sintesi, i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nel corso del MAP, tenutosi il 31 maggio 2012.
Ai sensi dell’art. 54 comma 5 del TUIR, le spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale, incluse quelle di viaggio e soggiorno, sono deducibili nella misura del 50% del loro ammontare. Al riguardo, è stato domandato all’Amministrazione finanziaria se tale limite operi anche con riferimento alle spese di pura partecipazione (quindi, con esclusione delle spese di vitto e alloggio) per la formazione continua obbligatoria che determinate categorie di soggetti (tipicamente, gli iscritti in Albi professionali), per espressa previsione normativa e ordinamentale, sono obbligate a sostenere. In relazione a tali oneri, infatti, sembrerebbe indubbio un vincolo di inerenza pieno rispetto all’esercizio della propria attività professionale.
L’Agenzia delle Entrate adotta un’impostazione in linea con il tenore letterale del dato normativo. Atteso che il citato art. 54 comma 5 del TUIR non distingue in base alla natura del corso, la deducibilità limitata opera anche riguardo alle spese sostenute per la partecipazione alla formazione continua obbligatoria da parte degli iscritti in Albi professionali.
Si ricorda altresì che, secondo l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 53/2008), la disposizione che limita la deducibilità delle spese alberghiere e di ristorazione al 75% ha carattere di regola generale: la stessa deve pertanto trovare applicazione anche quando tali costi ricadono nell’alveo delle spese di convegnistica.
In altre parole, ad avviso dell’Agenzia, a partire dal 2009 le spese alberghiere e di ristorazione sostenute per la partecipazione ai convegni sono deducibili nella misura del 75% e sono ammesse in deduzione nel limite del 50% (quindi nel limite del 37,5%, calcolato come il 50% del 75%).
Secondo la circ. CNDCEC 27 aprile 2009 n. 9/IR (§ 6), si tratta di una soluzione poco appagante sotto il profilo sistematico, risultando due diversi limiti di deducibilità per spese sostenute nello stesso contesto: il primo, pari al 37,5%, applicabile alle spese di vitto e alloggio, il secondo pari al 50%, applicabile invece alle spese di altra natura (ad esempio, spese di iscrizione e di viaggio). Secondo il CNDCEC, anche qualora si ritenesse di poter applicare il limite del 75% alle spese di vitto e alloggio sostenute in tali occasioni, l’operare congiunto delle due percentuali (50% e 75%) imporrebbe semplicemente di assumere quale importo massimo deducibile il minore dei due importi (che nella specie, essendo unico il parametro di riferimento per il calcolo dei due limiti, sarebbe sempre quello determinato applicando il 50% all’ammontare delle spese sostenute).
Rendita catastale e utenze deducibili sempre al 50%
Venendo ora al secondo quesito, con riferimento agli immobili destinati ad uso promiscuo (per la professione e per esigenze personali o familiari del contribuente), è stato chiesto se la rendita catastale e le spese relative alle utenze (ad esempio, luce e acqua) siano deducibili dal reddito professionale in misura pari al 50% anche nell’ipotesi in cui le stanze dedicate all’attività professionale occupino una percentuale superiore (ad esempio, 60%) dell’unità immobiliare.
Anche in questo caso, la risposta dell’Amministrazione finanziaria è conforme al dato letterale della norma: la deducibilità dei suddetti oneri compete sempre in misura pari al 50%, essendo irrilevante la porzione dell’unità immobiliare che il professionista decide di utilizzare per lo svolgimento dell’attività professionale (una sola stanza ovvero più della metà dell’immobile, come nel caso di specie). In altri termini, pur potendo il contribuente dimostrare l’utilizzo effettivo dell’immobile per fini professionali in misura superiore a quella stabilita dalla legge, il limite del 50% è inderogabile.
In proposito, vale la pena di rammentare che la deduzione delle suddette spese è ammessa a condizione che “il contribuente non disponga nel medesimo Comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione” (art. 54 comma 3 del TUIR). Pertanto, l’indeducibilità non scatta qualora l’immobile strumentale (ad uso eclusivo) sia ubicato in un Comune diverso da quello in cui è situato quello utilizzato promiscuamente (circ. CNDCEC 12 maggio 2008 n. 1/IR, § 3).

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