Iva
Cooperativa, attività agricole connesse in continuità
Non emergono operazioni imponibili ulteriori rispetto alle cessioni dei beni dei soci
/ Mercoledì 13 giugno 2012
Lo svolgimento di un’attività agricola connessa, da parte di una cooperativa o di un consorzio, che commercializza i prodotti dei soci non è suscettibile di dare luogo ad operazioni imponibili ulteriori rispetto alle cessioni dei beni dai soci all’ente e da quest’ultimo ai terzi. Lo ha sostenuto l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 65/2012 di ieri, in risposta a un quesito formulato da una società cooperativa agricola – soggetta al regime speciale di cui all’art. 34, comma 2, del DPR n. 633/1972 – che, svolgendo l’attività di commercializzazione dei prodotti conferiti dai soci, pone in essere una delle fattispecie di attività agricole per connessione previste dall’art. 2135, comma 3, c.c., ovvero dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo.
In particolare, il processo si compone essenzialmente di quattro fasi:
-il socio conferisce i beni nella cooperativa e – non conoscendo ancora il prezzo finale di vendita – emette, nei confronti della stessa, una fattura di acconto;
-la cooperativa cede a clienti terzi i prodotti conferiti dal socio ed emette fattura con l’indicazione del corrispettivo di cessione;
-al termine dell’esercizio sociale, la cooperativa quantifica i prezzi di realizzo, al netto dei costi sostenuti per l’attività svolta, e stabilisce l’importo da liquidare al socio, in base alla quantità e qualità dei prodotti conferiti;
-il socio, tenuto conto di quanto già addebitato in acconto, provvede, pertanto, ad emettere la fattura per la differenza, rispetto all’ammontare da liquidare, nei termini indicati dal DM 15 novembre 1975.
A parere dell’Amministrazione finanziaria, il beneficio che deriva al socio dall’attività svolta dalla cooperativa nei propri confronti non integra alcuna prestazione rilevante ai fini IVA: conseguentemente, non sussiste alcun obbligo di fatturazione di tali supposti “teorici” servizi resi dall’ente ai soci. L’attività della cooperativa agricola rappresenta, infatti, il prolungamento dell’attività del socio, avendo una funzione meramente sostitutiva e sussidiaria dell’operato di quest’ultimo: non vi è alcun rapporto di prestazione di servizio tra socio e cooperativa, ma soltanto una continuità nello svolgimento delle attività agricole, comprese quelle connesse, quali la manipolazione e la trasformazione, nonché quelle dirette alla commercializzazione (promozione, marketing, ecc.). Nell’ambito di queste ultime, le attività connesse non assumono, quindi, la rilevanza di autonome prestazioni di servizi rese ai soci, ma rappresentano una fase della funzione di commercializzazione condotta, per conto dei soci, dalla cooperativa: essa, al fine di realizzare una migliore redditività dei beni, si sostituisce al produttore, conseguendo un’ottimizzazione dei costi, nello svolgimento delle attività di vendita.
L’Agenzia delle Entrate è, pertanto, giunta alle medesime conclusioni della R.M. n. 6/1997, secondo cui le attività di manipolazione e trasformazione svolte dalla cooperativa sui prodotti agricoli dei soci costituiscono, nel quadro della previsione normativa di cui all’art. 34 del DPR n. 633/1972, “un quid strettamente funzionale e quasi inautonomo rispetto all’attività principale di vendita da parte delle cooperative agricole per conto dei soci produttori”. In tale sede, era stato altresì individuato un ulteriore argomento di ordine sistematico, che consentiva di escludere l’autonoma rilevanza fiscale delle attività funzionali alla commercializzazione svolta dalla cooperativa: l’inquadramento, operato dalla predetta disposizione, del rapporto tra socio e cooperativa nello schema della “commissione alla vendita”, comportante la rilevanza IVA dei soli passaggi di beni dal committente al commissionario e da questi ai clienti terzi, e non anche delle prestazioni di servizi inerenti agli stessi.
In particolare, il processo si compone essenzialmente di quattro fasi:
-il socio conferisce i beni nella cooperativa e – non conoscendo ancora il prezzo finale di vendita – emette, nei confronti della stessa, una fattura di acconto;
-la cooperativa cede a clienti terzi i prodotti conferiti dal socio ed emette fattura con l’indicazione del corrispettivo di cessione;
-al termine dell’esercizio sociale, la cooperativa quantifica i prezzi di realizzo, al netto dei costi sostenuti per l’attività svolta, e stabilisce l’importo da liquidare al socio, in base alla quantità e qualità dei prodotti conferiti;
-il socio, tenuto conto di quanto già addebitato in acconto, provvede, pertanto, ad emettere la fattura per la differenza, rispetto all’ammontare da liquidare, nei termini indicati dal DM 15 novembre 1975.
A parere dell’Amministrazione finanziaria, il beneficio che deriva al socio dall’attività svolta dalla cooperativa nei propri confronti non integra alcuna prestazione rilevante ai fini IVA: conseguentemente, non sussiste alcun obbligo di fatturazione di tali supposti “teorici” servizi resi dall’ente ai soci. L’attività della cooperativa agricola rappresenta, infatti, il prolungamento dell’attività del socio, avendo una funzione meramente sostitutiva e sussidiaria dell’operato di quest’ultimo: non vi è alcun rapporto di prestazione di servizio tra socio e cooperativa, ma soltanto una continuità nello svolgimento delle attività agricole, comprese quelle connesse, quali la manipolazione e la trasformazione, nonché quelle dirette alla commercializzazione (promozione, marketing, ecc.). Nell’ambito di queste ultime, le attività connesse non assumono, quindi, la rilevanza di autonome prestazioni di servizi rese ai soci, ma rappresentano una fase della funzione di commercializzazione condotta, per conto dei soci, dalla cooperativa: essa, al fine di realizzare una migliore redditività dei beni, si sostituisce al produttore, conseguendo un’ottimizzazione dei costi, nello svolgimento delle attività di vendita.
L’Agenzia delle Entrate è, pertanto, giunta alle medesime conclusioni della R.M. n. 6/1997, secondo cui le attività di manipolazione e trasformazione svolte dalla cooperativa sui prodotti agricoli dei soci costituiscono, nel quadro della previsione normativa di cui all’art. 34 del DPR n. 633/1972, “un quid strettamente funzionale e quasi inautonomo rispetto all’attività principale di vendita da parte delle cooperative agricole per conto dei soci produttori”. In tale sede, era stato altresì individuato un ulteriore argomento di ordine sistematico, che consentiva di escludere l’autonoma rilevanza fiscale delle attività funzionali alla commercializzazione svolta dalla cooperativa: l’inquadramento, operato dalla predetta disposizione, del rapporto tra socio e cooperativa nello schema della “commissione alla vendita”, comportante la rilevanza IVA dei soli passaggi di beni dal committente al commissionario e da questi ai clienti terzi, e non anche delle prestazioni di servizi inerenti agli stessi.
Rapporto tra socio e cooperativa non più qualificato come commissione
Nel documento di ieri, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che, ancorché siano intervenute, rispetto al precedente documento di prassi, alcune modifiche normative, per effetto delle quali è venuto meno – nell’art. 34, comma 7, del DPR n. 633/1972, riguardante i passaggi di beni – il riferimento al rapporto di commissione, le considerazioni della R.M. n. 6/1997 deve ritenersi tuttora valide e attuali, in virtù della stretta connessione tra l’attività di manipolazione e trasformazione e quella di vendita. La C.M. n. 328/1997, emanata a commento della novità legislativa, ha infatti chiarito che la citata disposizione non qualifica più il rapporto tra socio e cooperativa come di commissione, ma non ha precisato che da ciò deriva un’autonoma rilevanza dell’attività di manipolazione e trasformazione nell’ambito di tale relazione.
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