Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
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Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

venerdì 29 giugno 2012

iva Sempre più intricata l’inversione contabile nelle cessioni di fabbricati

iva

Sempre più intricata l’inversione contabile nelle cessioni di fabbricati

Il DL 83/2012 prevede l’applicazione del reverse charge alle cessioni di fabbricati per cui il cedente abbia manifestato l’opzione per l’imposizione
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/ Venerdì 29 giugno 2012
Accanto alle previsioni che hanno ricondotto le cessioni (oltre che le locazioni) di fabbricati abitativi nell’ambito di applicazione dell’IVA, sottraendole all’esenzione, l’art. 9 del DL 83/2012 è anche intervenuto sull’applicazione del reverse charge, tramite la riscrittura della lettera a-bis contenuta nell’art. 17 comma 6 del DPR 633/1972. L’inversione contabile è una deroga all’ordinario principio di applicazione dell’imposta: tale istituto prevede che essa debba essere assolta dal soggetto che acquista il bene/servizio anziché, come ordinariamente avviene, da chi pone in essere l’operazione. Si tratta di disposizioni da tenere in giusta considerazione, soprattutto alla luce delle sanzioni applicabili in caso di errore (cfr. art. 6 comma 9-bis del DLgs. 471/1997 e i chiarimenti forniti dalla circolare Agenzia delle Entrate n. 12/2008).
Prima delle predette modifiche, nell’ambito delle cessioni immobiliari il reverse charge era limitato ai soli casi di cessione di immobili strumentali, per i quali l’imposta era applicata per opzione, e di cessione (sempre di immobili strumentali) a contribuente che presentava un diritto alla detrazione (pro rata) pari o inferiore al 25% (si pensi al medico che acquista lo studio o all’assicuratore che acquista l’ufficio). In buona sostanza, chi cedeva l’immobile poneva in essere un’operazione rilevante ai fini IVA, ma l’imposta non doveva essere addebitata in quanto l’acquirente si doveva occupare di integrare il documento assolvendo all’obbligo di versamento del tributo, portandola quindi in detrazione con i limiti previsti dagli art. 19 e seguenti DPR 633/72 (quando l’acquirente era il medico o l’assicuratore, il diritto alla detrazione è in genere pari a zero in forza dell’applicazione per pro rata).
La nuova formulazione della lettera a-bis è invece del tutto diversa, prevedendo l’applicazione dell’inversione contabile “alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell’articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione”.
La prima differenza riguarda innanzitutto il fatto che, richiamando il punto 8-bis, sono interessate dal reverse charge, oltre alle cessioni dei fabbricati strumentali già interessati dalla precedente previsione, anche quelle riguardanti i fabbricati abitativi (ovviamente nei casi in cui tali cessioni rientrino nel campo di applicazione dell’IVA e non dell’esenzione). Il secondo aspetto da valutare concerne il fatto che l’inversione contabile si applica alle sole cessioni in IVA a seguito di opzione e non a quelle per le quali il cedente è tenuto ad applicare l’IVA nei modi tradizionali (con l’esercizio della rivalsa). Pertanto, il costruttore/ristrutturatore di fabbricati abitativi o strumentali che ceda tali immobili entro 5 anni dal completamento dei lavori, essendo tenuto ad applicare l’imposta (senza alcuna opzione), dovrà anche esporla sul documento, riscuoterla dal cessionario e provvedere al versamento facendola concorrere alla propria liquidazione IVA. Al contrario, quando la cessione fosse in IVA per opzione, l’applicazione dell’inversione contabile sarebbe obbligatoria in tutte le situazioni. A tale regola generale pare comunque lecito sottrarre la cessione di immobile a contribuente privo della partita IVA, per gli evidenti impedimenti tecnici in capo a tale ultimo soggetto.
IVA per opzione, inversione contabile obbligatoria in tutte le situazioni
Tornando al caso dell’acquirente “proratista” (che si trova in una situazione ben diversa rispetto a quella precedente in ordine agli adempimenti IVA):
- quando questi acquista un immobile (abitativo o strumentale) entro i 5 anni dal suo completamento da parte di un’impresa che ha costruito o ristrutturato, si vedrà addebitata l’imposta in fattura nei modi ordinari;
- nell’ipotesi di cessione da costruttore o ristrutturatore oltre i 5 anni (di abitativo o strumentale), il cedente potrà optare per l’IVA, con la conseguenza che tale operazione sarà interessata dall’inversione contabile;
- qualora il fabbricato strumentale fosse ceduto da parte di soggetto diverso dal costruttore (e qui senza alcun limite temporale), il cedente potrà optare per l’applicazione dell’IVA (la cessione di abitativo da soggetto diverso dal costruttore/ristrutturatore è invece sempre in esenzione IVA), ma essendo, in ogni caso, una cessione in IVA per opzione sarà sempre necessario applicare l’inversione contabile.
  Sandro CERATO e Fabio GARRINI
fonte:eutekne

imposte dirette Deducibilità al 27,5% per le auto aziendali

imposte dirette

Deducibilità al 27,5% per le auto aziendali

Il testo del Ddl. Lavoro prevede la riduzione dell’attuale limite del 40%
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/ Venerdì 29 giugno 2012
L’art. 4, commi 72 e 73, dello schema di Ddl. di riforma del mercato del lavoro conferma la riduzione della percentuale di deducibilità dei costi relativi alle auto di imprese e professionisti, prevista sin dalla bozza iniziale tra le misure volte a reperire maggiori entrate destinate a confluire nella copertura degli oneri della legge. Modificando l’articolo 164, comma 1, lettera b) del TUIR, viene infatti ridotta dal 40% al 27,5% la quota di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori e ai motocicli, che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali all’attività d’impresa. Viene inoltre ridotta dal 90% al 70% la percentuale di deducibilità, di cui all’art. 164 della lettera b-bis) del TUIR, prevista per le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta.
Con riferimento ai veicoli di cui all’articolo 164 comma 1 lettera b) del TUIR, si ricorda che esiste un doppio limite di deducibilità. In particolare, si fa riferimento al limite di deducibilità percentuale (che passa dal 40% al 27,5%, per effetto dell’articolo 4 comma 72 lettera a) dello schema Ddl. lavoro) e al limite di valore fiscalmente riconosciuto (rimasto inalterato anche a seguito della nuova disposizione). È, infatti, previsto un tetto massimo di riconoscimento fiscale del costo d’acquisto sostenuto per l’acquisto del mezzo di trasporto, pari a 18.075,99 euro per autovetture e autocaravan, 4.131,66 euro per i motocicli, 2.065,83 euro per i ciclomotori.
Considerando che i suddetti limiti operano congiuntamente, il costo massimo fiscalmente deducibile alla luce della nuova percentuale del 27,5% sarà pari a:
- 4.970,89 euro (27,5% di 18.075,99 euro) per autovetture e autocaravan;
- 1.136,20 euro (27,5% di 4.131,66 euro) per i motocicli;
- 568,10 euro (27,5% di 2.065,83 euro) per i ciclomotori.
Ai fini di una maggior comprensione, in calce all’articolo si riporta una tabella di confronto del costo massimo fiscalmente rilevante prima e dopo la riduzione del limite percentuale di deducibilità.
Giova peraltro ricordare che, qualora le imprese abbiano stipulato contratti di leasing per l’utilizzo di mezzi di trasporto, il tetto massimo di riconoscimento fiscale dei canoni di leasing è il medesimo previsto in caso di acquisto dei veicoli.
Per quanto concerne i canoni di locazione e noleggio, il costo massimo fiscalmente deducibile, sempre alla luce della nuova percentuale del 27,5%, sarà pari a:
- 994,18 euro (27,5% di 3.615,20 euro) per autovetture e autocaravan;
- 213,03 (27,5% di 774,69 euro) per i motocicli;
- 113,62 (27,5% di 413,17 euro) per i ciclomotori.
Deducibilità ferma all’80% per agenti
Resta, invece, ferma l’elevazione della deducibilità all’80% per i veicoli utilizzati da agenti e rappresentanti di commercio, con i medesimi limiti di costo fiscalmente rilevante previsti dall’attuale art. 164 comma 1 lettera b) del TUIR.
La lettera b) del comma 72 dell’articolo 4 dello schema di Ddl. citato riduce, dal 90 al 70%, la percentuale di deducibilità per le auto concesse in uso promiscuo a dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta, secondo quanto stabilito dall’articolo 164 comma 1 lettera b-bis) del TUIR. Al riguardo, si ricorda che il periodo di uso promiscuo deve essere superiore per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta del datore di lavoro (cfr. C.M. 48/1998, paragrafo 2.1.2.1).
I nuovi limiti di deducibilità dovrebbero entrare in vigore a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge; si tratta, quindi, del 2013 per i soggetti solari.
Il comma 2 dell’art. 73 precisa, altresì, che “nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo di imposta di prima applicazione si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui al comma 1”.
Tabella – Costo massimo fiscalmente deducibile (acquisto auto)
 Tipologia di mezzi di trasporto Ante riforma mercato lavoro (limite percentuale deducibilità 40%)Post riforma mercato lavoro (limite percentuale deducibilità 27,5%) 
 Autovetture 7.230,39 euro 4.970,89 euro
 Autocaravan 7.230,39 euro 4.970,89 euro
 Motocicli 1.652,66 euro 1.136,20 euro
 Ciclomotori 826,33 euro 568,10 euro
fonte:eutekne

immobili Locazioni di immobili abitativi, rebus opzione per i contratti in corso

immobili

Locazioni di immobili abitativi, rebus opzione per i contratti in corso

Il Decreto Sviluppo non contiene un regime «transitorio» per i contratti di locazione in essere al 26 giugno 2012

/ Giovedì 28 giugno 2012
All’indomani dell’entrata in vigore delle disposizioni dell’art. 9 del DL 22 giugno 2012, n. 83, in vigore dal 26 giugno stesso, per le imprese del settore immobiliare torna la possibilità di applicare l’IVA sulle locazioni e cessioni di immobili abitativi (per quelli strumentali, di fatto, tale imponibilità già sussisteva anche prima delle modifiche in questione), con buona pace della detrazione dell’IVA sugli acquisti.
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare in un precedente intervento (si veda “Per gli immobili abitativi imponibilità IVA estesa” del 27 giugno 2012), l’art. 9 del DL n. 83/2012 riscrive completamente l’art. 10, n. 8), 8-bis) e 8-ter) del DPR n. 633/72, disponendo un’applicazione generalizzata dell’IVA sulle locazioni e cessioni di immobili abitativi, nonché per quelli strumentali, sia pure spesso condizionata dall’esercizio di un’opzione. In tale intervento, tuttavia, si intende focalizzare l’attenzione su una questione di immediata “urgenza”, ossia il trattamento ai fini IVA delle locazioni, soprattutto di immobili abitativi, in corso alla data di entrata in vigore del DL n. 83/2012. Tali contratti, aventi ad oggetto immobili abitativi, alla luce del quadro normativo esistente dal 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del DL n. 223/06), sono soggetti al regime di esenzione IVA (salvo l’edilizia convenzionata e il cosiddetto “housing” sociale) anche se posti in essere dalle imprese che hanno costruito o ristrutturato l’immobile, e a prescindere dall’intervallo temporale decorrente tra la data di fine lavori e quella di stipula del contratto di locazione.
Ora, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 9 del DL n. 83/2012 sono soggette ad IVA, previa opzione da parte del locatore da esprimersi nel relativo contratto, le seguenti locazioni:
- fabbricati abitativi costruiti o ristrutturati (interventi di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f), del DPR 380/2001) dalle imprese, anche tramite appalto;
- fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali (di cui al DM 22 aprile 2008), a prescindere dal soggetto locatore (impresa);
- fabbricati strumentali, e anche in tal caso a prescindere dalla tipologia di impresa locatrice.
Ciò che è opportuno ribadire è la necessità di effettuare in tutti i casi descritti l’opzione per l’imponibilità ad IVA nel relativo contratto, anche per quanto riguarda gli immobili strumentali. In tale contesto, come detto, si pone la questione della possibilità di assoggettare ad IVA i canoni fatturati a decorrere dal 26 giugno (data di entrata in vigore del DL n. 83/2012) per i contratti in essere alla predetta data. Il tema assume una rilevanza decisiva per le imprese di costruzione, per le quali il passaggio dall’esenzione all’imponibilità IVA determinerebbe un “salvataggio” della detrazione dell’IVA, in quanto il volume di operazioni imponibili (effettuate, ai sensi dell’art. 6 del DPR 633/72, dal 26 giugno 2012) porterebbe ad un miglior pro rata di detrazione già per l’anno 2012. Sul punto, tuttavia, nessuna disposizione del DL 83/2012 contiene una sorta di regime “transitorio” per i contratti di locazione in essere al 26 giugno 2012: si pone quindi il problema se tale opzione possa essere esercitata anche in relazione ai contratti in questione.
L’impresa subentrante potrebbe esercitare l’opzione all’atto del subentro
In passato, l’Agenzia, con la risoluzione n. 2 del 4 gennaio 2008, ebbe modo di precisare che, in caso di subentro in un contratto di locazione già esistente, l’impresa subentrante, che ovviamente non aveva potuto eseguire l’opzione in sede di registrazione del contratto, può effettuarla all’atto del subentro inviando una raccomandata con ricevuta di ritorno all’Agenzia delle Entrate. Ora, auspicando un pronto intervento da parte dell’Agenzia, la soluzione indicata nel citato documento di prassi sembrerebbe percorribile anche nel caso di specie, sulla considerazione che si tratta di fattispecie in cui oggettivamente l’opzione non era esercitabile all’atto della sottoscrizione del contratto. Una sorta di favor rei, in considerazione della sopravvenuta disposizione normativa che ha introdotto un regime più favorevole (in termini di detrazione dell’IVA) per le imprese di costruzione immobiliare.
 / Sandro CERATO e Paolo MENEGHETTI fonte:eutekne

ires Per le cooperative, acconto con ricalcolo

ires

Per le cooperative, acconto con ricalcolo

Per il 2012, si calcola prendendo come base imponibile 2011 quella che si sarebbe determinata applicando le nuove norme in vigore da quest’anno

/ Giovedì 28 giugno 2012
ll DL 13 agosto 2011, n. 138 ha previsto, nei commi da 36-bis a 36-quater dell’art. 2, un inasprimento della tassazione delle cooperative. Le disposizioni decorrono dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 17 settembre 2011 e, dunque, per la generalità di cooperative a decorrere dal 2012.
Tuttavia, l’acconto per il 2012, se calcolato con il metodo storico, va già tarato in base alle nuove regole: così, ad esempio, gli acconti per il 2012 che scadranno a luglio e novembre, si dovranno basare sulle imposte che si sarebbero dovute pagare nel 2011 nel caso in cui tale normativa fosse stata già applicabile su tale periodo.
Come noto, il comma 1 dell’art. 6 del DL 15 aprile 2002, n. 63, consentiva la non tassabilità della quota di utili destinati a riserva minima legale, che, per la generalità delle cooperative, è pari al 30% dell’utile netto.
I nuovi criteri di tassazione prevedono che tale quota di utile diventerà esente dal 2012 solo per il 90%. Da ciò deriva che, fatto 100 l’utile netto, a fronte di una destinazione a riserva legale di 30, solo 27 saranno deducibili nella determinazione del reddito imponibile, mentre 3 saranno soggetti ad IRES.
Per quanto riguarda, invece, la novità introdotta dal comma 36-bis, che ha modificato l’art. 1, comma 460, della L. 30 dicembre 2004, n. 311, questa ha disposto l’incremento della percentuale di utile netto, da assoggettare a tassazione, come segue:
- per le cooperative “in genere”, è previsto l’incremento dal 30% al 40%;
- per le cooperative di consumo, dal 55% al 65%.
Sono, quindi, escluse da questo inasprimento le cooperative agricole e quelle sociali.
Soffermandosi sulle cooperative generiche a mutualità prevalente, lo schema della tassazione dell’utile netto è dunque oramai quello proposto nella tabella 1 in calce all’articolo.
L’acconto IRES per il 2012 va ricalcolato effettuando dunque una simulazione, ossia sostituendo nel modello UNICO nel quadro RF (rigo residuale RF54) gli importi frutto delle deduzioni riportate nella tabella 2 in calce all’articolo. I valori devono intendersi in percentuale dell’utile netto.
Se la cosa sembra di per sé lineare, di fatto diviene più complessa nell’ipotesi in cui la cooperativa disponesse di perdite fiscali scomputabili. La nuova regola, come noto, prevede, dal 2011, che le perdite post triennio di costituzione si scomputano fino all’80% del reddito dichiarato, mentre quelle del triennio si possono scomputare fino all’intero importo del reddito dichiarato.
Dunque, se per il calcolo dell’acconto 2012 il reddito del 2011 si deve espandere a seguito dell’inasprimento della normativa, è comunque possibile ridurlo decurtandolo delle perdite pregresse, nei limiti consentiti dalle disposizioni in vigore dal 2011.
La vicenda sembrerebbe conclusa ma così non è, poiché, se la cooperativa ha realizzato per il 2011 una detassazione ACE nell’ambito della quale ha fatto la sua parte anche l’utile dell’esercizio accantonato a riserva (il decreto attuativo 14 marzo 2011 ne dispone la rilevanza ai fini dell’agevolazione anche per le cooperative), allora occorrerebbe, nella simulazione, rideterminare l’utile dell’esercizio (riducendolo) che è un componente rilevante ai fini ACE.
Tale pignoleria concettuale, tuttavia, incontra un ulteriore ostacolo, vale a dire che l’utile accantonato a riserva, al di là di quello a riserva obbligatoria, è frutto di una decisione dell’assemblea e sembra inappropriato simulare anche cosa avrebbe fatto l’assemblea di fronte ad un risultato d’esercizio diverso. Talché il (ri)calcolo dell’ACE diviene aleatorio.
Dunque, non resta, a parere di chi scrive, che fermarsi al ricalcolo della base imponibile con le regole 2012, riducendola però di tutte le perdite scomputabile e disinteressandosi dell’ACE. Con la speranza che, in caso di verifica fiscale, si adotti il buon senso senza infierire.
TABELLA 1
Utile netto d’esercizio 40%Tassato
Accantonamento a riserva legale 30%
di cui27%Non tassato
3%Tassato
Accantonamento a fondi mutualistici 3%Non tassato
Rimanente quota di utile (100-40-30-3) 27%
Ove destinato a riserva indivisibileNon tassato
Ove destinato a rivalutazione gratuita del capitaleNon tassato
Ove destinato a ristornoNon tassato
Ove destinato a dividendi nei limiti di quanto stabilito dall’art. 2514 c.c.Tassato
TABELLA 2
Utile netto 100Imposte per 2011Ricalcolo acconto 2012
Accantonamento riserva legaleEsente 30Esente 27
Accantonamento ai fondi mutualisticiEsente 3Esente 3
Ulteriore accantonamento a riservaEsente 40Esente 30  

mercoledì 27 giugno 2012

ilcasodelgiorno Accantonamenti non dedotti: documenti da conservare fino allo storno del fondo

ilcasodelgiorno

Accantonamenti non dedotti: documenti da conservare fino allo storno del fondo

Secondo la C.T. Reg. Torino, il contribuente deve dimostrare con idonea documentazione che il costo era stato già tassato

/ Mercoledì 27 giugno 2012
La questione relativa al termine di conservazione della documentazione fiscale, ancora lontana da una soluzione univoca (si veda “Conservazione delle fatture anche per 38 anni” del 2 febbraio 2011), assume rilievo non soltanto in relazione alla deduzione delle quote di ammortamento dei beni strumentali, ma anche con riferimento ad altri componenti di reddito, come le spese di manutenzione capitalizzate, aventi come tratto comune il fatto di incidere sulla determinazione del reddito in più periodi d’imposta.
Tra questi si possono annoverare, se si pensa bene, anche alcuni accantonamenti ai fondi per rischi e oneri.
Si ricorda infatti che, ai sensi dell’art. 107 comma 4 del TUIR, non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente previsti dalle disposizioni relative alla determinazione del reddito d’impresa. Gli oneri relativi a tali accantonamenti sono, quindi, deducibili se e nella misura in cui sono effettivamente sostenuti.
Conseguentemente, qualora il periodo d’imposta di effettivo sostenimento dell’onere non coincida con quello di accantonamento al fondo, occorrerà:
- nel periodo d’imposta in cui l’accantonamento viene stanziato a Conto economico, procedere alla relativa ripresa a tassazione, effettuando una variazione in aumento del risultato d’esercizio;
- all’atto dell’utilizzo del fondo, apportare una variazione in diminuzione nel modello UNICO, ai sensi dell’art. 109 comma 4 lett. a) del TUIR (ris. Agenzia delle Entrate 19 maggio 2008 n. 204).
Quanto appena detto deve essere coordinato con le disposizioni in materia di conservazione delle scritture contabili, soprattutto se lo storno contabile del fondo non avviene per effetto del sostenimento di costi od oneri, ma a seguito del venir meno delle condizioni che ne avevano determinato la rilevazione.
Più in particolare, cosa accade se, al momento dell’utilizzo del fondo, sono già decorsi i termini previsti dall’art. 22 del DPR 600/73 per la conservazione della documentazione fiscale relativa all’accantonamento?
Il caso è stato oggetto di pronuncia da parte della C.T. Reg. di Torino, con la sentenza 1° aprile 2010 n. 29/38/10.
Nel caso di specie, il contribuente aveva rilevato, in esercizi precedenti al 1998, un fondo rischi diversi, all’interno del quale erano stati accantonati, in via prudenziale, importi per far fronte a un previsto rinnovo contrattuale di categoria.
In ossequio all’art. 107 comma 4 del TUIR, gli accantonamenti non erano stati fiscalmente dedotti nell’esercizio del loro stanziamento a Conto economico, trattandosi di accantonamenti diversi da quelli espressamente previsti dalle disposizioni relative alla determinazione del reddito d’impresa.
Il fondo era stato mantenuto in bilancio fino all’esercizio 2003, durante il quale il contribuente aveva stornato il fondo, rilevando in contropartita una sopravvenienza attiva considerata non imponibile.
Con avviso di accertamento notificato nel corso del 2007, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato il comportamento adottato dal contribuente, riprendendo a tassazione la sopravvenienza attiva ex art. 88 comma 1 del TUIR, stante la mancanza di documentazione comprovante il fatto che il costo era stato sottoposto a tassazione.
La C.T. Reg. ha confermato la sentenza di primo grado e, quindi, avvalorato l’operato dell’Ufficio, affermando che il contribuente, per evitare di sottoporre a tassazione la sopravvenienza, avrebbe dovuto produrre (e quindi conservare) idonea documentazione, in modo tale da dimostrare che il costo era già stato tassato, e ciò “pur non essendone obbligato per trascorsi termini”.
La sentenza porterebbe quindi a ritenere che, nel caso in esame, il termine di conservazione della documentazione fiscale relativa all’accantonamento decorra dal momento in cui il fondo viene stornato dal Conto economico e, dunque, la fattispecie cessa di avere rilevanza fiscale.
Appare qui evidente l’analogia con la fattispecie delle fatture relative a beni strumentali e, più in particolare, con quel filone giurisprudenziale (C.T. Prov. di Torino 24 aprile 2009 n. 47/14/09 e C.T. Iº Trento 13 gennaio 2011 n. 7) che ritiene corretto “legare” il termine di conservazione al periodo d’imposta in cui viene dedotta l’ultima quota di ammortamento (si veda “La conservazione della fattura si aggancia all’ammortamento” dell’11 febbraio 2010)./ Silvia LATORRACA fonte:eutekne

Diritto societario Il Decreto Sviluppo istituisce la srl a capitale ridotto

Diritto societario

Il Decreto Sviluppo istituisce la srl a capitale ridotto

In base al DL, pubblicato in Gazzetta e in vigore da ieri, il nuovo tipo di società si affianca alle srl ordinaria e semplificata ed è rivolta agli over 35

/ Mercoledì 27 giugno 2012
Il DL 22 giugno 2012 n. 83, pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 129 della Gazzetta Ufficiale n. 147 e in vigore da ieri (Decreto Sviluppo), ha ulteriormente modificato la disciplina delle srl in punto costituzione. In particolare, oltre alla srl ordinaria ed affianco alla srl semplificata di cui all’art. 2463-bis c.c. (articolo inserito dall’art. 3 del DL 1/2012, convertito nella L. 27/2012), quest’ultima limitata ai soggetti under 35 anni, è stata introdotta la nuova “società a responsabilità limitata a capitale ridotto” specificatamente rivolta ai soggetti che alla data di costituzione della società hanno compiuto 35 anni d’età.
A tal proposito, si ricorda che, nelle prime bozze del decreto circolate nei giorni scorsi, era stata prevista, fra l’altro, la soppressione del vincolo anagrafico ai fini della costituzione della srl semplificata, alla quale, dunque, avrebbe potuto accedere ogni persona fisica indipendentemente dall’età. Veniva, inoltre, prescritta l’imputazione obbligatoria di una quota pari al 25% degli utili netti risultanti dal bilancio approvato annualmente a riserva indisponibile fino al suo raggiungimento, insieme al capitale, dell’ammontare di 10.000 euro (si veda “Srl semplificate per tutti” del 19 giugno 2012).
Ai sensi dell’art. 44, comma 1, del DL n. 83/2012, la srl a capitale ridotto – al pari della srl semplificata – può essere costituita solo da persone fisiche, over 35 anni, mediante contratto o atto unilaterale. Quindi, spazio anche alle srl a capitale ridotto unipersonali, con un socio unico.
Per la redazione dell’atto costitutivo è prevista la forma dell’atto pubblico, senza il richiamo – così, invece, come nella srl semplificata (art. 2463-bis, comma 2 c.c.) – al modello standard tipizzato con decreto del Ministro della Giustizia.
L’atto costitutivo deve indicare gli stessi “elementi” prescritti per la srl semplificata di cui all’art. 2463-bis, comma 2 c.c. (art. 44, comma 2, del DL Sviluppo), quindi, ad esempio l’ammontare del capitale sociale, che deve essere pari ad almeno 1 euro e comunque inferiore a 10.000 euro, sottoscritto e interamente versato alla data di costituzione. Il conferimento va fatto esclusivamente in denaro e deve essere versato all’organo amministrativo (art. 2463-bis, comma 2, n. 3 c.c.).
Per quanto riguarda l’amministrazione della società, viene specificato che può essere affidata ad una o più persone fisiche anche non soci. Diversamente, invece, nella srl semplificata il legislatore ha limitato la scelta dell’amministratore solo all’interno della compagine societaria (art. 2463-bis, comma 2, n. 6 c.c.).
Nell’atto costitutivo va indicata, poi, la denominazione sociale (art. 2463-bis, comma 2, n. 2 c.c.) contenente l’indicazione di “società a responsabilità limitata a capitale ridotto”.
Denominazione, ammontare del capitale sottoscritto e versato, sede della società e ufficio del Registro delle imprese di iscrizione vanno indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico (art. 44, comma 3, del DL Sviluppo).
Per la restante parte, il legislatore rinvia – così come per la srl semplificata – alla disciplina della srl ordinaria (art. 44, comma 4, del DL Sviluppo).
Non è prevista nessuna disposizione specifica in tema di agevolazioni
Nessuna disposizione specifica è prevista in tema di agevolazioni per la costituzione di tali società. Sembrerebbe, quindi, che la nuova srl a capitale ridotto sia esclusa dalle agevolazioni riguardanti gli oneri notarili e le imposte di bollo e le spese di segreteria. A tal proposito, si ricorda che ai sensi dell’art. 3, comma 3, del DL 1/2012, l’atto costitutivo e l’iscrizione nel Registro delle imprese della srl semplificata sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti gli onorari notarili.
 / Roberta VITALE

diritto fallimentare Ristrutturazione dei debiti, maggiori certezze per i creditori estranei

diritto fallimentare

Ristrutturazione dei debiti, maggiori certezze per i creditori estranei

L’integrale pagamento deve avvenire entro 120 giorni dall’omologazione, se già scaduti

/ Lunedì 25 giugno 2012
L’art. 33, comma 1, lett. e), del Decreto Sviluppo ha apportato alcune modifiche alla disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti, tese a porre rimedio alle criticità emerse nel corso dei primi anni di applicazione dell’istituto previsto dall’art. 182-bis del RD n. 267/1942 (L. fall.), avente ad oggetto l’istanza di omologazione dell’accordo raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 60% delle proprie passività. La principale novità normativa riguarda l’attestazione da allegare all’istanza, che deve soddisfare diverse condizioni, attinenti la figura del professionista incaricato.
In particolare, la nomina compete esclusivamente al debitore, tra i soggetti iscritti nel Registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) L. fall. È, quindi, necessario che risulti verificato il presupposto dell’indipendenza – sia dal debitore che dai creditori e dagli altri interessati all’operazione di risanamento – e non ricorrano le cause di ineleggibilità e decadenza di cui all’art. 2399 c.c. stabilite per i sindaci: il professionista non deve, neppure per il tramite di propri associati, aver altresì prestato, negli ultimi cinque anni, attività di lavoro autonomo o subordinato in favore del debitore, né partecipato agli organi di amministrazione e controllo dello stesso.
L’attestazione, poi, non riguarda più esclusivamente l’attuabilità del piano di ristrutturazione dei debiti, ma anche la propedeutica veridicità dei dati aziendali, così come già previsto dal concordato preventivo, ed esteso – sempre dal Decreto Sviluppo – anche ai piani attestati di risanamento.
Per quanto concerne l’attuabilità dell’accordo, sono stabiliti vincoli maggiormente puntuali, con riferimento all’idoneità del progetto a soddisfare i creditori estranei all’intesa: il professionista deve attestare se il piano è in grado di garantire il pagamento al 100% entro 120 giorni, decorrenti dall’omologazione – nel caso dei crediti già scaduti alla data del decreto del tribunale – oppure dalla scadenza degli stessi.
Il novellato l’art. 182-bis, comma 1, L. fall. (così come i successivi commi 6 e 7) non fa, infatti, più riferimento al “regolare pagamento”, definizione che aveva suscitato – soprattutto con riferimento ai crediti già scaduti – diversi dubbi interpretativi, risolti in via estensiva, in quanto l’avvenuto decorso del termine rappresenta un’ipotesi particolarmente frequente nelle situazioni di difficoltà del debitore (cosiddetto scaduto fisiologico): rileva, invece, il concetto di “integrale pagamento”, maggiormente coerente con l’estinzione dell’obbligazione dell’imprenditore in stato di crisi. Tale terminologia dovrebbe, inoltre, indurre a ritenere che l’attestazione non verta soltanto sull’importo dovuto in linea capitale, bensì pure sugli accessori, come gli interessi.
Il Decreto Sviluppo ha, inoltre, stabilito – con l’introduzione dell’art. 182-quinquies, comma 5, L. fall. – un ulteriore caso in cui è necessaria la relazione del professionista designato dal debitore, in possesso dei requisiti per l’attestazione dei piani attestati di risanamento (art. 67, comma 3, lett. d), L. fall.), ovvero quando l’imprenditore in crisi richiede l’autorizzazione al pagamento di crediti anteriori all’istanza relativa all’accordo di ristrutturazione. Al ricorrere di tale ipotesi, il predetto professionista deve attestare che tali pagamenti “preferenziali” si riferiscono ad acquisti di beni e a prestazioni di servizi “essenziali per la prosecuzione dell’attività d’impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori”, salvo il caso in cui pervengano al debitore nuove risorse finanziarie sufficienti al pagamento, senza obbligo di restituzione, oppure il cui rimborso sia postergato rispetto alla soddisfazione dei creditori.
È, inoltre, integrato il comma 3 dell’art. 182-bis L. fall., per effetto del quale il divieto, posto a carico dei creditori, di iniziare o proseguire – dalla data di pubblicazione, presso il Registro delle imprese, dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, e per i 60 giorni successivi – azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore è esteso all’acquisizione di “titoli di prelazione se non concordati”. È stato, inoltre, previsto che, qualora il debitore – nel termine di cui all’art. 182-bis, comma 7, L. fall., concesso dal tribunale per il deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, in pendenza del divieto di azioni esecutive e cautelari, esteso al periodo delle trattative – depositi il ricorso per concordato preventivo, si conservano gli effetti prodotti del predetto divieto (art. 182-bis, comma 8, L. fall.).
Le suddette novità normative, analogamente a quelle riguardanti il concordato preventivo, saranno efficaci soltanto nei confronti dei procedimenti per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti a partire dal 30° giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione.
 / Michele BANA fonte:eutekne

Diritto societario Bilancio di srl nullo se è violato il diritto di informazione del socio

Diritto societario

Bilancio di srl nullo se è violato il diritto di informazione del socio

Il socio, però, deve dimostrare il nesso tra il mancato o ritardato accesso agli atti sociali ed il contenuto della delibera

/ Lunedì 25 giugno 2012
Il socio di srl che subisce la violazione del diritto all’informazione di cui all’art. 2476, comma 2 c.c. può richiedere che sia dichiarata l’invalidità della successiva delibera assembleare di approvazione del bilancio, ex art. 2479-ter c.c., ma deve dimostrare che la documentazione non fornita (o fornita solo tardivamente) dalla società avrebbe consentito una conoscenza piena della realtà economica e patrimoniale della stessa, necessaria per l’adozione della delibera impugnata. Il socio, in particolare, deve allegare e provare il nesso concreto ed effettivo tra il mancato (o ritardato) accesso agli atti ed il contenuto della delibera di approvazione del bilancio.
È questo il principio sancito dal Tribunale di Nola, nella sentenza 13 marzo 2012, relativamente al caso di un socio di srl che chiedeva la declaratoria di invalidità (nullità o annullabilità) del bilancio d’esercizio relativo al 2009, dal momento che, pur avendo fatto preventiva richiesta di accesso ai documenti sociali, ex art. 2476, comma 2 c.c., non aveva ottenuto positivo riscontro, tanto da dovere ricorrere, pochi giorni prima dell’assemblea, all’intervento del Tribunale, che emetteva un provvedimento cautelare rimasto ineseguito anche a seguito dell’introduzione del giudizio di merito. Occorreva, quindi, verificare se tale contestazione fosse riconducibile all’ipotesi di nullità di cui all’art. 2479-ter, comma 3 c.c., ai sensi del quale possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, entro tre anni dalla trascrizione nell’apposito libro, le decisioni assunte “in assenza assoluta di informazione”.
A giudizio del Tribunale di Nola, tenuto conto dei contrapposti interessi in gioco nell’art. 2476 c.c. (quello ad un regolare e spedito andamento della gestione e quello ad una piena informazione a vantaggio del socio), la dizione “mancanza assoluta di informazione” può ragionevolmente intendersi come fonte di invalidità della delibera assembleare nel caso in cui al socio sia stato negato l’accesso ai documenti della società.
Questo coordinamento, però, non può trasformarsi in un’automatica equazione, che renda il fatto stesso di non fornire i documenti richiesti al socio fonte di nullità della delibera assembleare inerente ai documenti richiesti. Il legislatore non ha sancito espressamente un simile automatismo come “sanzione”, rimettendo all’apprezzamento dell’autorità giudiziaria, sulla base delle circostanze del caso concreto, il compito di verificare quando l’inottemperanza dell’obbligo informativo gravante sulla società a vantaggio del singolo socio che ne faccia richiesta causi una totale assenza di informazione in grado di minare irrimediabilmente l’espressione del voto da parte del socio.
Nel caso in cui la società si sottragga all’obbligo di fornire i documenti sociali richiesti, infatti, il socio potrà ricorrere all’autorità giudiziaria e far eseguire coattivamente l’ordine emesso dal Tribunale. Una volta eseguito l’ordine giudiziale, il socio potrà attivare – sulla base della documentazione presa in esame ed in presenza dei presupposti – i rimedi previsti dall’art. 2476 c.c. (azione di responsabilità e richiesta di revoca dell’amministratore). Egli potrà anche richiedere che sia dichiarata l’invalidità della delibera, ma a tali fini dovrà dimostrare che la documentazione fornita (in tal caso) soltanto in ritardo dalla società avrebbe consentito, se ottenuta tempestivamente, una conoscenza piena della realtà economico-patrimoniale della stessa, ai fini della delibera impugnata, prima inesistente.
Possibili impugnativa del bilancio non veritiero e azione di responsabilità
Tuttavia, osserva il Tribunale di Nola, il corredo documentale che il legislatore reputa necessario mettere a disposizione dei soci ai fini della consapevole approvazione del bilancio è specificamente indicato dall’art. 2429 c.c. e, ove emerga il carattere non veritiero dello stesso, sarà possibile impugnare il bilancio e far valere la responsabilità risarcitoria in capo all’organo amministrativo.
Diversamente, considerare che il fatto stesso di non aver assicurato in modo pieno o tempestivo il diritto di informativa del socio sia necessariamente alla base dell’invalidità assoluta della deliberazione assembleare condurrebbe ad un formalismo paralizzante per la società, senza rispondere a concrete e fondate aspettative di giustizia.
In conclusione, nel caso di specie, il non avere circostanziatamente allegato e provato il nesso concreto ed effettivo tra il mancato (o ritardato) accesso agli atti sociali ed il contenuto della delibera di approvazione del bilancio di esercizio relativo al 2009 rendeva la richiesta di dichiararne l’invalidità priva di fondamento, con conseguente rigetto della stessa.
 / Maurizio MEOLI
fonte:eutekne

Subito in vigore il Decreto Sviluppo

sviluppo economico

Subito in vigore il Decreto Sviluppo

Pubblicato nella G.U. ieri sera, il DL n. 83/2012 contiene le annunciate misure in tema di IVA, concordato preventivo e bonus del 36 e 55%

/ Mercoledì 27 giugno 2012
Decorrenza immediata per il Decreto Sviluppo: il DL n. 83/2012 (“Misure urgenti per la crescita del Paese”) è entrato infatti in vigore ieri, contestualmente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno.
Settanta gli articoli che compongono il testo, pubblicato con alcune modifiche rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi. Cominciando però dalle “conferme”, nulla cambia per quanto riguarda la detrazione del 36 e del 55% sulle spese sostenute – rispettivamente – per interventi di recupero edilizio e per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti (si veda “Bonus da 36% a 50% dall’entrata in vigore del Decreto Sviluppo” del 23 giugno 2012). Due, dunque, le novità più rilevanti, contenute nell’art. 11 del Decreto: l’agevolazione del 36% sarà incrementata al 50% per circa un anno, ossia per le spese sostenute a partire dalla data di entrata in vigore del DL (26 giugno 2012) e fino al 30 giugno 2013; quanto alla detrazione IRES/IRPEF del 55%, competerà per una quota pari al 50% delle spese sostenute tra il 1° gennaio 2013 e il 30 giugno dello stesso anno.
Nessuna modifica rispetto alle bozze anche per le novità in tema di concordato preventivo (si vedano “Efficacia potenziata per il nuovo concordato preventivo” del 20 giugno e “Nuove regole per il concordato preventivo con continuità aziendale” del 26 giugno). Il Decreto Sviluppo, all’art. 33, è intervenuto modificando l’art. 161 L. fall., con alcune integrazioni che dovrebbero migliorare l’efficacia del concordato preventivo nella composizione delle crisi d’impresa, quindi non soltanto come procedura liquidatoria alternativa al fallimento. In sintesi, la domanda di concordato deve ora essere accompagnata da un piano contenente la descrizione di modalità e tempistiche per l’adempimento della proposta concordataria, così da permettere ai creditori una valutazione adeguata. La nomina del professionista, inoltre, spetta al debitore. Rilevante, poi, la possibilità per l’imprenditore in stato di crisi di presentare la proposta, il piano concordatario e l’attestazione in un periodo successivo al deposito del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo (termine compreso tra i 60 e i 120 giorni dal deposito, con facoltà di proroga fino a un massimo di 60 giorni).
Restano confermate, inoltre, le misure per l’edilizia contenute al Capo III, art. 9 del Decreto, ossia quelle riguardanti il ripristino IVA per le cessioni e le locazioni di nuove costruzioni (si veda, tra gli altri, “Il DL Sviluppo porta l’immobiliare fuori dall’esenzione IVA” del 16 giugno 2012). In particolare, sono stati riformulati i numeri 8), 8-bis) e 8-ter) dell’art. 10 del DPR 633/1972, prevedendo: la possibilità di esercitare l’opzione per l’imponibilità IVA anche per le locazioni di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici o che abbiano ristrutturato gli immobili, con applicazione dell’IVA al 10% in caso di esercizio dell’opzione; rimangono esenti IVA le cessioni di fabbricati abitativi effettuate da imprese diverse da quelle costruttrici o ristrutturatrici. Infine – sempre in estrema sintesi – si applica il regime del reverse charge a tutte le cessioni di fabbricati abitativi e strumentali per i quali sia stata esercitata l’opzione in luogo del regime naturale.
Tutto invariato rispetto alle bozze, poi, per quanto concerne il credito d’imposta per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato (art. 24 del Decreto Sviluppo). L’agevolazione ammonta al 35% delle spese calcolate sul costo aziendale, con un limite massimo di 200mila euro annui ad impresa e il vincolo di trattenere il personale assunto per almeno 3 anni, oltre ad alcune specifiche ipotesi di decadenza dal beneficio (si veda “Agevolate le assunzioni di personale altamente qualificato” del 18 giugno 2012).
Niente esenzione IMU per gli immobili invenduti da tre anni
Passando, invece, alle norme modificate rispetto alle anticipazioni, l’art. 44 del Decreto Sviluppo affianca alla srl ordinaria e a quella semplificata ex art. 2634-bis c.c. – tipologia introdotta dal DL 1/2012 per gli “under 35” – la nuova srl a capitale ridotto, rivolta a coloro che, in punto costituzione, abbiano compiuto 35 anni (si veda “Il Decreto Sviluppo istituisce la srl a capitale ridotto” di oggi). Nulla di fatto, dunque, per la soppressione del vincolo anagrafico ai fini della costituzione della srl semplificata, come era stato suggerito dai testi provvisori.
Gli stessi testi suggerivano che gli immobili delle imprese di costruzione rimasti invenduti per tre anni potessero beneficiare dell’esenzione dall’IMU, purché destinati dalle stesse imprese alla vendita. La norma è stata però stralciata e non compare più nella versione definitiva del Decreto.
 / Rossella QUARANTA fonte :eutekne

Immobili Per gli immobili abitativi imponibilità IVA estesa

Immobili

Per gli immobili abitativi imponibilità IVA estesa

Determinante, per l’applicazione del regime di imponibilità IVA, lo status di impresa di costruzione o di ristrutturazione

/ Mercoledì 27 giugno 2012
L’art. 9 del DL 22 giugno 2012, n. 83 (pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 129 della Gazzetta Ufficiale n. 147), in vigore da ieri, contiene rilevanti novità sul fronte del trattamento IVA delle locazioni e delle cessioni di immobili, soprattutto per quanto riguarda le imprese immobiliari che detengono immobili abitativi.
Tale settore, soprattutto alla luce delle modifiche introdotte nel 2006 ad opera del DL n. 223/2006, ha subito infatti importanti penalizzazioni in merito alla detrazione dell’IVA, atteso che l’effettuazione di operazioni esenti (cessioni e locazioni) comporta l’applicazione sia del pro-rata di detrazione, limitando in tal modo la detrazione dell’IVA assolta nell’anno stesso, sia della rettifica della detrazione per i beni ammortizzabili, in funzione dei decimi mancanti al compimento del decennio.
Tali effetti sono stati in parte mitigati (limitatamente al pro-rata di detrazione) a seguito dell’entrata in vigore del DL n. 1/2012, che ha consentito di separare le attività in ambito IVA anche per le imprese immobiliari che procedono alla cessione di immobili sia abitativi che strumentali, e non solo per le imprese che locano i predetti immobili. Tuttavia, le penalizzazioni descritte sono rimaste “pesanti”, ed hanno contribuito a penalizzare un settore già colpito profondamente dalla crisi.
In tale contesto, l’art. 9 del DL n. 83/2012, di fatto, prevede un’applicazione generalizzata dell’IVA sulle locazioni e cessioni di immobili abitativi, sia pure spesso condizionata dall’esercizio di un’opzione.
Tuttavia, ciò che si intende focalizzare in questa sede, ed escludendo le fattispecie degli alloggi “sociali”, è che i benefici previsti (imponibilità ad IVA) sono una prerogativa solo per le imprese di “costruzione”, le quali possono optare per l’imponibilità ad IVA delle locazioni, ovvero per le cessioni di tali immobili oltre il termine di cinque anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione o ristrutturazione degli stessi.
Resta ferma l’applicazione dell’IVA naturalmente (senza alcuna opzione) per le cessioni di immobili costruiti o ristrutturati dalle stesse entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori. Diventa quindi determinante, ai fini dell’applicazione del regime di imponibilità IVA, lo “status” di impresa di costruzione o ristrutturazione.
Conta anche la costruzione occasionale
In tal senso, la C.M. 11 luglio 1996, n. 182, ha fornito un’esaustiva definizione di impresa costruttrice, che comprende le seguenti fattispecie:
- impresa di costruzioni: è l’impresa che anche occasionalmente svolge attività di costruzione di immobili per la successiva rivendita. Relativamente a tale impresa, è bene ricordare che risulta ininfluente la modalità di esecuzione dei lavori, nel senso che gli stessi possono essere affidati, in tutto o in parte, anche ad altre imprese (C.M. 2 agosto 1973 n. 45 e circolare 4 agosto 2006, n. 27). Tale ultima circostanza è altresì confermata anche dal testo dell’art. 10, n. 8 e 8-bis, del DPR 633/72;
- impresa che esegue interventi di recupero: è l’impresa che, anche tramite appalto, esegue gli interventi di recupero, che verranno definiti successivamente, di cui alle lett. c), d) ed f), dell’art. 3 del DPR 380/2001 (anche in relazione a tali interventi, il testo dell’art. 10, n. 8 e 8-bis del DPR 633/72, conferma lo status di impresa di ristrutturazione anche in presenza di contratto di appalto);
- impresa che ha fatto costruire l’immobile, ma normalmente svolge altra attività. Secondo la R.M. 21 marzo 1990 n. 430065, e la successiva risoluzione 23 aprile 2003 n. 93, l’impresa di costruzione è tale anche qualora il soggetto svolga abitualmente un’altra attività, ma occasionalmente realizzi un edificio, direttamente o tramite appalto ad imprese terze;
- società cooperative edilizie: in tal caso, la costruzione avviene sia direttamente, sia tramite imprese terze, e gli alloggi sono successivamente assegnati ai soci.
 / Sandro CERATO FONTE:EUTEKNE

accertamento Prorogata al 29 ottobre la comunicazione dei contratti di leasing e noleggio

accertamento

Prorogata al 29 ottobre la comunicazione dei contratti di leasing e noleggio

Con un provvedimento direttoriale di ieri, l’Agenzia ha disposto, per il 2012, il differimento del termine, originariamente previsto per il 30 giugno

/ Mercoledì 27 giugno 2012
L’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento direttoriale n. 94713/2012 di ieri, ha disposto la proroga, dal 30 giugno al 29 ottobre 2012, dell’obbligo di comunicazione dei dati relativi ai contratti – in essere nell’anno precedente – stipulati dalle società di leasing, nonché dagli operatori commerciali che svolgono attività di locazione o noleggio, ai sensi dell’art. 7, comma 12 del DPR n. 605/1973.
La disposizione stabilisce, infatti, che l’Amministrazione finanziaria possa richiedere ad enti pubblici, organismi ed imprese, anche limitatamente ad alcune categorie, di comunicare all’Anagrafe tributaria dati e notizie in proprio possesso.
Nel caso di specie, le modalità operative dell’incombente erano state, successivamente, definite dal provvedimento direttoriale n. 119563/2011, mediante il quale erano stati individuati, in primo luogo, i soggetti obbligati all’adempimento: le società che esercitano attività di leasing finanziario ed operativo, gli operatori commerciali che concedono in locazione o noleggio alcuni specifici beni mobili, quali autovetture, caravan, altri veicoli, unità da diporto ed aeromobili.
In tale sede, era stato, inoltre, delineato il contenuto della comunicazione, rappresentato dai dati anagrafici dei clienti, compreso il codice fiscale, con i quali hanno stipulato contratti in essere, con riguardo al bene ed ai corrispettivi percepiti nell’anno di riferimento.
Nel caso delle imprese in contabilità semplificata, non tenute alla rilevazione contabile dei movimenti finanziari, la comunicazione deve essere effettuata considerando, in luogo degli incassi, i canoni fatturati.
In assenza di dati da trasmettere per l’anno, i predetti soggetti devono comunque fare una comunicazione, cosiddetta negativa.
L’adempimento, la cui scadenza, per il 2012, è prorogata al 29 ottobre, fermo restando il termine del 30 giugno per le annualità successive, deve essere assolto in via telematica, mediante il servizio telematico Entratel e Fisconline, oppure tramite uno degli intermediari abilitati individuati dall’art. 3, comma 3 del DPR n. 322/1998.
I dati inviati saranno raccolti dall’Amministrazione finanziaria, con l’intento di potenziare gli accertamenti sintetici e da redditometro di cui all’art. 38, commi 4 e ss. del DPR n. 600/1973: in particolare, è prevista la possibilità di verificare il reddito della persona fisica sulla base dell’importo delle spese sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è stato onorato con le risorse derivanti da redditi diversi da quelli posseduti nel corso del periodo d’imposta, oppure esenti, soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla base imponibile.
La comunicazione effettuata può anche essere annullata, entro 30 giorni dalla data indicata nella ricevuta telematica: la trasmissione di un file in sostituzione di un altro precedentemente inviato, per il medesimo periodo d’imposta, è possibile soltanto dopo il decorso di 30 giorni dalla ricezione del file da rimpiazzare.
Si rammenta, infine, che l’assolvimento di tale adempimento comporta – così come ribadito anche dal provvedimento direttoriale n. 119563/2011 – l’esonero dalla presentazione della comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA di cui all’art. 21 del DL n. 78/2010 convertito.
Operatori commerciali “occasionali” soggetti anche allo spesometro
Nel caso degli operatori commerciali che svolgono soltanto occasionalmente attività di locazione e noleggio di beni mobili, è, tuttavia, previsto un duplice adempimento: la comunicazione all’Anagrafe tributaria per i contratti di locazione e lo spesometro per tutte le altre fattispecie, qualora rientranti del corrispondente ambito di operatività, osservando le relative scadenze.
Al contrario, i soggetti finanziari sono tenuti a trasmettere all’Anagrafe tributaria non soltanto i dati dei contratti di leasing relativi al periodo d’imposta precedente, ma anche quelli riguardanti operazioni differenti (attive e passive), qualora di importo non inferiore a 3.000 euro.
 / Michele BANA FONTE:EUTEKNE
riscossione

Sulla proroga dei versamenti, l’Agenzia aggiusta il tiro

Pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate una nuova versione della risoluzione 69 che supera le incertezze del documento originario
/ Martedì 26 giugno 2012
La ris. Agenzia delle Entrate n. 69 pubblicata sul sito dell’Agenzia il 21 giugno 2012, contenente chiarimenti in relazione al DPCM 6 giugno 2012 di proroga dei versamenti per l’anno 2012 (si veda “Versamento del saldo IVA al 9 luglio con maggiorazione dell’1,2%” del 22 giugno), aveva sollevato alcune perplessità in relazione a due aspetti:
- la possibilità o meno di usufruire della proroga da parte dei soggetti (diversi dalle persone fisiche) per i quali ricorrano cause di esclusione dall’applicazione degli studi di settore, diverse dalla dichiarazione di ricavi o compensi superiori al limite di 5.164.569 euro;
- l’applicabilità della proroga al versamento dell’imposta sostitutiva per la rivalutazione dei terreni, ai sensi dell’art. 2 del DL 282/2002.
La nuova versione del documento di prassi, attualmente disponibile sul sito dell’Agenzia, supera i dubbi appena citati eliminando dalla risoluzione le imperfezioni lessicali fonte di perplessità.
Con riferimento al primo aspetto, la ris. 69/2012 affermava che la proroga ex DPCM 6 giugno 2012, in relazione ai soggetti diversi dalle persone fisiche, interessava “i soggetti tenuti ai versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, da quelle in materia d’imposta regionale sulle attività produttive, dalla dichiarazione unificata annuale entro il 18 giugno 2012, che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore e dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze ai quali gli stessi siano applicabili”.
Rispetto al testo del DPCM 6 giugno 2012, la ris. 69/2012 inseriva la locuzione “ai quali gli stessi siano applicabili”, il cui significato non appariva chiaro.
Infatti, fermo restando che i contribuenti che superano il limite di 5.164.569 euro di ricavi o compensi dichiarati sono da sempre stati esclusi dalle proroghe dei versamenti, poiché i vari DPCM hanno sempre condizionato l’applicazione della proroga al fatto di non superare tale limite, si poneva il problema dei contribuenti per i quali ricorrano altre cause di inapplicabilità degli studi di settore (es. inizio o cessazione attività, non normale svolgimento dell’attività, determinazione forfettaria del reddito, ecc.).
La circolare dell’Agenzia delle Entrate del 6 luglio 2007 n. 41 (§ 4), in relazione all’analogo differimento dei termini di versamento previsto dal DPCM 14 giugno 2007, aveva affermato che “considerato che la proroga riguarda soggetti che esercitano attività per la quale è stato approvato il relativo studio di settore, tra i soggetti che fruiscono della proroga rientrano anche quelli interessati da una causa di esclusione o di inapplicabilità dello studio di settore”, diversa da quella espressamente prevista della dichiarazione di ricavi o compensi superiori al limite di 5.164.569 euro.
Tale chiarimento è stato ritenuto applicabile anche negli anni successivi, stante l’analogia del dato letterale dei vari DPCM di proroga che sono stati emanati.
Al riguardo, non appariva quindi chiaro se la ris. 69/2012, inserendo la suddetta locuzione, avesse voluto porsi in una posizione di discontinuità rispetto al precedente orientamento, con l’intenzione di limitare l’applicazione delle proroghe ai soli contribuenti per i quali fossero effettivamente applicabili gli studi di settore, quindi per i quali non ricorresse alcuna causa di esclusione o di inapplicabilità degli stessi.
La nuova versione della risoluzione n. 69 elimina la citata locuzione “ai quali gli stessi siano applicabili”, confermando la validità della circolare n. 41/2007.
In relazione al secondo aspetto, nella ris. 69/2012 si affermava che “risultano oggetto di proroga”, tra gli altri, il versamento relativo “all’imposta sulla rivalutazione del valore dei terreni ai sensi dell’art. 2, D.L. n. 282 del 2002 e succ. modificazioni”. Si tratta del versamento del totale o della prima rata dell’imposta sostitutiva del 4% per la rideterminazione del costo o valore di acquisto dei terreni, posseduti al 1° luglio 2011 al di fuori dell’ambito d’impresa, per effetto della riapertura disposta dall’art. 7, comma 2 del DL 70/2011.
Le perplessità derivavano dal fatto che il termine per il versamento dell’imposta sostitutiva in esame non è stabilito al 18 giugno 2012 (presupposto che giustifica la proroga ex DPCM 6 giugno 2012, come affermato anche dalla ris. 69/2012), ma al 30 giugno 2012 (che, cadendo di sabato, slitta a lunedì 2 luglio 2012). Analoghe considerazioni riguardano il versamento del totale o della prima rata dell’imposta sostitutiva del 2-4% per la rivalutazione delle partecipazioni non quotate.
Anche su tale aspetto è intervenuta l’Agenzia, modificando il testo della risoluzione n. 69 che nella versione attuale non cita più il versamento relativo all’imposta sulle rivalutazioni dei terreni.
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