accertamento
Studi di settore «omessi», rimedia l’integrativa
In caso di omissione della comunicazione dei dati rilevanti, l’applicazione delle sanzioni maggiorate è evitata presentando la dichiarazione integrativa
Come già esaminato sulle colonne di questo quotidiano, gli interventi apportati dalla manovra correttiva (DL 98/2011) alla disciplina degli studi di settore hanno incrementato le sanzioni applicabili nel caso di omessa presentazione del modello di comunicazione dei dati rilevanti. A decorrere dal 6 luglio 2011, infatti, a tale violazione sono applicabili:
- la sanzione fissa nella misura massima di 2.065 euro (art. 8 comma 1 del DLgs. 471/97);
- le sanzioni previste per l’infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette, IVA e IRAP maggiorate del 50%, qualora, a seguito di accertamento basato sugli studi di settore, l’Amministrazione proceda a rettifica delle relative dichiarazioni, a condizione che accerti un maggior reddito, una maggiore imposta o un maggior imponibile superiori al 10% di quanto dichiarato (considerando le imposte dirette, le sanzioni diventerebbero variabili dal 150 al 300% della maggiore imposta).
Tali sanzioni potrebbero trovare applicazione congiunta quando, oltre a constatare l’omessa presentazione del modello, l’Agenzia proceda a controllo e accerti i presupposti per l’infedele dichiarazione e il superamento del limite del 10% del dichiarato.
L’applicazione delle sanzioni è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni:
- la presentazione della comunicazione dei dati rilevanti deve essere dovuta;
- il contribuente non deve avervi provveduto anche a seguito di specifico invito rivoltogli dall’Agenzia delle Entrate.
Sembrerebbero assoggettati alle sanzioni maggiorate solo i contribuenti effettivamente soggetti agli studi di settore e non quelli esclusi con l’obbligo di presentazione del modello “a fini statistici”, come i contribuenti che hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare superiore a 5.164.569 euro e inferiore a 7.500.000 euro, oppure che rientrano in una delle cause di esclusione previste nelle ipotesi di cessazione dell’attività o non normale svolgimento dell’attività. Il punto, peraltro, necessiterebbe di un ulteriore chiarimento ufficiale poiché la circolare Agenzia delle Entrate n. 41/2011 si è occupata di tale aspetto solo con riferimento alla possibilità di procedere ad accertamento induttivo (si veda “«Giro di vite» per gli studi di settore” del 6 agosto 2011).
Come precisato nella circolare 41/2011, le sanzioni nelle predette misure presuppongono che la comunicazione dei dati rilevanti non sia stata presentata, neppure mediante dichiarazione integrativa, anche a seguito di specifico invito. Se ne dovrebbe dedurre, al contrario, che la presentazione dell’integrativa impedisca l’applicazione delle sanzioni “maggiorate”, restando comunque applicabili:
- la prima nella misura variabile da 258 a 2.065 euro;
- la seconda, di regola, dal 100 al 200% della maggior imposta accertata.
Con riferimento al termine entro cui può essere presentata la dichiarazione integrativa, si ritiene possibile far riferimento all’art. 2 comma 8 del DPR 322/98, che fissa il termine entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione originaria, nel caso in cui la correzione della violazione comporti una rettifica dei dati a favore del Fisco (come nell’ipotesi in cui, per effetto dell’applicazione dello studio in precedenza omessa, il contribuente risulti non congruo e ritenga di adeguarsi ai maggiori ricavi o compensi in sede di dichiarazione integrativa). Viceversa, può accadere che lo studio sia stato applicato con eventuale adeguamento, ma che il contribuente, per motivi vari, non abbia allegato il modello, oppure che lo studio non sia stato applicato prima (ad esempio, perché si riteneva operante una causa di esclusione o di inapplicabilità) e il contribuente risulti congruo, senza necessità di effettuare l’adeguamento. In questi ultimi casi, l’applicabilità del termine ex art. 2 comma 8 citato è dubbia, poiché la sanatoria dell’omissione risulta “neutra” rispetto all’imponibile e l’imposta a suo tempo dichiarati.
/ Paola RIVETTI
- la sanzione fissa nella misura massima di 2.065 euro (art. 8 comma 1 del DLgs. 471/97);
- le sanzioni previste per l’infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette, IVA e IRAP maggiorate del 50%, qualora, a seguito di accertamento basato sugli studi di settore, l’Amministrazione proceda a rettifica delle relative dichiarazioni, a condizione che accerti un maggior reddito, una maggiore imposta o un maggior imponibile superiori al 10% di quanto dichiarato (considerando le imposte dirette, le sanzioni diventerebbero variabili dal 150 al 300% della maggiore imposta).
Tali sanzioni potrebbero trovare applicazione congiunta quando, oltre a constatare l’omessa presentazione del modello, l’Agenzia proceda a controllo e accerti i presupposti per l’infedele dichiarazione e il superamento del limite del 10% del dichiarato.
L’applicazione delle sanzioni è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni:
- la presentazione della comunicazione dei dati rilevanti deve essere dovuta;
- il contribuente non deve avervi provveduto anche a seguito di specifico invito rivoltogli dall’Agenzia delle Entrate.
Sembrerebbero assoggettati alle sanzioni maggiorate solo i contribuenti effettivamente soggetti agli studi di settore e non quelli esclusi con l’obbligo di presentazione del modello “a fini statistici”, come i contribuenti che hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare superiore a 5.164.569 euro e inferiore a 7.500.000 euro, oppure che rientrano in una delle cause di esclusione previste nelle ipotesi di cessazione dell’attività o non normale svolgimento dell’attività. Il punto, peraltro, necessiterebbe di un ulteriore chiarimento ufficiale poiché la circolare Agenzia delle Entrate n. 41/2011 si è occupata di tale aspetto solo con riferimento alla possibilità di procedere ad accertamento induttivo (si veda “«Giro di vite» per gli studi di settore” del 6 agosto 2011).
Come precisato nella circolare 41/2011, le sanzioni nelle predette misure presuppongono che la comunicazione dei dati rilevanti non sia stata presentata, neppure mediante dichiarazione integrativa, anche a seguito di specifico invito. Se ne dovrebbe dedurre, al contrario, che la presentazione dell’integrativa impedisca l’applicazione delle sanzioni “maggiorate”, restando comunque applicabili:
- la prima nella misura variabile da 258 a 2.065 euro;
- la seconda, di regola, dal 100 al 200% della maggior imposta accertata.
Ravvedimento operoso applicabile entro l’anno
Si ricorda poi che, se il contribuente presenta la dichiarazione integrativa entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale l’omissione si è verificata, lo stesso può versare la sanzione per irregolare dichiarazione avvalendosi del ravvedimento operoso e, quindi, versando un ottavo del minimo di 258 euro (pari a 32,25 euro). Qualora detto termine sia decorso, il contribuente, pur non potendo più beneficiare del ravvedimento operoso, mantiene comunque interesse a presentare l’integrativa, in quanto ciò gli consente, nell’eventualità in cui venga sottoposto ad accertamento, di evitare l’applicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione maggiorate del 50%.Con riferimento al termine entro cui può essere presentata la dichiarazione integrativa, si ritiene possibile far riferimento all’art. 2 comma 8 del DPR 322/98, che fissa il termine entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione originaria, nel caso in cui la correzione della violazione comporti una rettifica dei dati a favore del Fisco (come nell’ipotesi in cui, per effetto dell’applicazione dello studio in precedenza omessa, il contribuente risulti non congruo e ritenga di adeguarsi ai maggiori ricavi o compensi in sede di dichiarazione integrativa). Viceversa, può accadere che lo studio sia stato applicato con eventuale adeguamento, ma che il contribuente, per motivi vari, non abbia allegato il modello, oppure che lo studio non sia stato applicato prima (ad esempio, perché si riteneva operante una causa di esclusione o di inapplicabilità) e il contribuente risulti congruo, senza necessità di effettuare l’adeguamento. In questi ultimi casi, l’applicabilità del termine ex art. 2 comma 8 citato è dubbia, poiché la sanatoria dell’omissione risulta “neutra” rispetto all’imponibile e l’imposta a suo tempo dichiarati.
/ Paola RIVETTI
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