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mercoledì 5 ottobre 2011

Fallimento, compensazione IVA con visto di conformità

Fallimento, compensazione IVA con visto di conformità

Utilizzo dei crediti superiori a 15mila euro secondo le regole ordinarie

/ Mercoledì 05 ottobre 2011
La procedura concorsuale principe può essere caratterizzata da due tipologie di credito IVA, la prima delle quali maturata nella frazione di periodo d’imposta antecedente la sentenza di fallimento, e formalmente emersa nella dichiarazione che il curatore è tenuto a presentare entro quattro mesi dalla propria nomina (art. 74-bis, comma 1, del DPR n. 633/1972).
L’eccedenza in parola non può essere utilizzata in compensazione con debiti maturati nel corso del fallimento, in quanto si tratta di importi relativi a soggetti differenti – il debitore insolvente e la massa concorsuale – sorti in momenti diversi, salvo il caso del trascinamento dell’attività del fallito nella procedura (circ. Agenzia delle Entrate n. 13/2011 e ris. n. 279/2002). Analogamente, il credito IVA sorto dopo la declaratoria di fallimento – per effetto, ad esempio, delle fatture emesse dal curatore e dai professionisti nominati dalla procedura (legali, periti, consulenti, società di recupero crediti, ecc.), a fronte delle prestazioni di servizi fornite – è compensabile con le seguenti passività endoconcorsuali:
- IVA della medesima natura (c.d. compensazione verticale), come quella addebitata agli acquirenti delle cessioni dei beni ricompresi nell’attivo fallimentare;
- tributarie diverse (c.d. compensazione orizzontale), quali le ritenute operate all’atto del pagamento dei compensi dei predetti collaboratori del fallimento, nonché delle ripartizioni effettuate a beneficio dei creditori di lavoro dipendente e subordinato.
L’adozione di quest’ultima forma di compensazione, ovvero “IVA su altre imposte”, è, tuttavia, subordinata all’osservanza delle specifiche disposizioni introdotte dall’art. 10 del DL n. 78/2009, con riferimento alla generalità dei contribuenti: non sono, infatti, previste apposite cause di esonero o semplificazione in pendenza del fallimento (circ. n. 12/2010). Conseguentemente, il curatore può liberamente utilizzare il credito IVA destinato alla compensazione, se di importo pari o inferiore a 10.000 euro. Diversamente, è richiesto il preventivo invio della dichiarazione annuale o dell’istanza trimestrale (modello TR), al fine di poter già utilizzare l’eccedenza a partire dal 16 del mese successivo a quello di trasmissione della stessa. Nel caso di ammontare superiore a 15.000 euro, è altresì richiesto che alla dichiarazione annuale sia apposto il visto di conformità di cui all’art. 35 del DLgs. n. 241/1997, rilasciato da un professionista abilitato (dottore commercialista, esperto contabile, consulente del lavoro, ecc.) oppure la sottoscrizione dell’incaricato del controllo legale dei conti.
L’intervento di uno di tali soggetti, in possesso dei necessari requisiti di competenza e indipendenza, è stato, quindi, previsto dal Legislatore al fine di contrastare l’utilizzo in compensazione di crediti IVA inesistenti: nella particolare ipotesi del fallimento, si deve ritenere che il predetto incombente possa essere assolto direttamente dal curatore – quale soggetto che ha predisposto e tenuto le scritture contabili (art. 23 del DM n. 164/1999), salvo il caso in cui non rientri tra i professionisti espressamente autorizzati dalla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate: si pensi, ad esempio, all’avvocato eleggibile a curatore (art. 28, comma 1, lett. a), del RD n. 267/1942), ma escluso dal novero dei soggetti che possono rilasciare il visto di conformità sui crediti IVA da utilizzare in compensazione.
Si prospetta la necessità di nominare un professionista abilitato
Al ricorrere di quest’ultima eventualità, si prospetterebbe, invece, la necessità di nominare appositamente un professionista abilitato, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 32 della L. fall.: trattandosi di un’attività formalmente preclusa al curatore, non sembrerebbe configurabile la designazione del delegato di cui al comma 1 della norma, bensì quella del coadiutore prevista dal successivo comma 2, la cui nomina deve essere autorizzata dal comitato dei creditori, non necessariamente in via preventiva, essendo possibile una mera ratifica successiva, da parte del medesimo organo di controllo.
Sul punto, si segnala che il Tribunale di Milano, già con la circolare del 18 dicembre 2006, si era espresso a favore della nomina del coadiutore, sotto la responsabilità del curatore, in tutti i casi in cui quest’ultimo non fosse in grado di compiere personalmente gli atti o le operazioni, in quanto non rientranti nella propria peculiare preparazione professionale, ovvero vietati dalla legge. In tale sede era stato, inoltre, raccomandato al curatore di richiedere al nominando coadiutore di indicare preventivamente i criteri di determinazione del proprio compenso, comunque da liquidarsi ad opera del giudice delegato, al termine dell’incarico: in particolare, nel caso di un dottore commercialista, rileva quanto previsto dalla tariffa professionale di riferimento, in relazione alle certificazioni tributarie, e precisamente dall’art. 47, comma 3, lett. e), del DM n. 169/2010.

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