reddito d'impresa
Anche con danno lieve, rimborso assicurativo tassato
Secondo la Suprema Corte, se il danno al bene strumentale può essere riparato, il rimborso assicurativo costituisce una sopravvenienza attiva
Con un’interessante sentenza depositata il 6 ottobre 2011, n. 20465, la Corte di Cassazione ha analizzato i profili fiscali del danneggiamento di un bene strumentale e del conseguente risarcimento assicurativo liquidato alla società.
L’intervento della Cassazione appare di un certo rilievo perché contribuisce a meglio delineare l’ipotesi di danneggiamento, così come prevista dall’art. 86 del TUIR.
Nell’ambito del reddito d’impresa occorre, infatti, ricordare che, ai sensi dell’art. 86 comma 1 lett. b) del TUIR, il risarcimento per la perdita o il danneggiamento dei beni strumentali o patrimoniali determina una plusvalenza.
In termini generali, la nozione di perdita di beni postula la radicale eliminazione fisica del cespite, in conseguenza di cause non imputabili alla volontà dell’imprenditore.
La perdita di un bene si distingue così dal suo danneggiamento, in quanto soltanto alla prima consegue l’integrale e irreversibile distruzione o irreperibilità del bene, con l’impossibilità di porre in essere operazioni di manutenzione o riparazione al fine di recuperarne la piena funzionalità.
Possono causare la perdita di un cespite, ad esempio, un furto, un incendio o un’alluvione.
Venendo invece al danneggiamento, in linea di principio ogni riduzione di funzionalità del bene, a prescindere dall’entità della medesima riduzione, potrebbe costituire un danneggiamento.
Confermando l’orientamento della dottrina prevalente, con la sentenza n. 20465/2011 la Suprema Corte afferma che, qualora il danno sia tale da poter essere riparato, il bene mantiene il valore espresso in bilancio prima dell’insorgenza del danno medesimo. Pertanto, le spese di riparazione sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa secondo i criteri stabiliti dall’art. 102 comma 6 del TUIR (5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili).
L’eventuale risarcimento assicurativo costituisce, per contro, una sopravvenienza attiva che concorre a formare il reddito d’impresa ai sensi dell’art. 88 del TUIR comma 3 lett. a). Tale norma considera, infatti, le indennità conseguite a titolo di risarcimento anche in forma assicurativa di danni diversi da quelli considerati dall’art. 86 comma 1 lett. b) del TUIR (perdita e danneggiamento rilevante).
Nel caso analizzato dalla Cassazione, il contribuente aveva controbilanciato i costi di riparazione con i crediti stimati nei confronti degli assicuratori, posto che, nell’anno di competenza delle spese, l’indennizzo non era stato liquidato.
Tale comportamento è stato giudicato parimenti corretto dalla Suprema Corte, non assumendo rilevanza lo sfasamento temporale tra sostenimento di costi e rimborso assicurativo, verosimilmente perché alla data di chiusura dell’esercizio vi era già la certezza del conseguimento del medesimo rimborso.
Il contribuente può alternativamente:
- dedurre i costi di riparazione ai sensi dell’art. 102 comma 6 del TUIR e tassare l’indennizzo assicurativo;
- compensare i costi di riparazione con il risarcimento assicurativo, tassando solo l’eventuale eccedenza del secondo rispetto ai primi.
Questa seconda opzione può tornare utile quando i costi cagionati dal danno superino il plafond del 5% e una parte di questi costi sia quindi deducibile nei cinque periodi d’imposta successivi.
In tale circostanza, il risarcimento assicurativo verrebbe tassato per intero quando conseguito, verosimilmente nello stesso periodo d’imposta del sostenimento dei costi o in quello immediatamente successivo, mentre i costi sarebbero “spalmati” su 6 periodi d’imposta.
/ Alessandro COTTO
L’intervento della Cassazione appare di un certo rilievo perché contribuisce a meglio delineare l’ipotesi di danneggiamento, così come prevista dall’art. 86 del TUIR.
Nell’ambito del reddito d’impresa occorre, infatti, ricordare che, ai sensi dell’art. 86 comma 1 lett. b) del TUIR, il risarcimento per la perdita o il danneggiamento dei beni strumentali o patrimoniali determina una plusvalenza.
In termini generali, la nozione di perdita di beni postula la radicale eliminazione fisica del cespite, in conseguenza di cause non imputabili alla volontà dell’imprenditore.
La perdita di un bene si distingue così dal suo danneggiamento, in quanto soltanto alla prima consegue l’integrale e irreversibile distruzione o irreperibilità del bene, con l’impossibilità di porre in essere operazioni di manutenzione o riparazione al fine di recuperarne la piena funzionalità.
Possono causare la perdita di un cespite, ad esempio, un furto, un incendio o un’alluvione.
Venendo invece al danneggiamento, in linea di principio ogni riduzione di funzionalità del bene, a prescindere dall’entità della medesima riduzione, potrebbe costituire un danneggiamento.
Confermando l’orientamento della dottrina prevalente, con la sentenza n. 20465/2011 la Suprema Corte afferma che, qualora il danno sia tale da poter essere riparato, il bene mantiene il valore espresso in bilancio prima dell’insorgenza del danno medesimo. Pertanto, le spese di riparazione sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa secondo i criteri stabiliti dall’art. 102 comma 6 del TUIR (5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili).
L’eventuale risarcimento assicurativo costituisce, per contro, una sopravvenienza attiva che concorre a formare il reddito d’impresa ai sensi dell’art. 88 del TUIR comma 3 lett. a). Tale norma considera, infatti, le indennità conseguite a titolo di risarcimento anche in forma assicurativa di danni diversi da quelli considerati dall’art. 86 comma 1 lett. b) del TUIR (perdita e danneggiamento rilevante).
Nel caso analizzato dalla Cassazione, il contribuente aveva controbilanciato i costi di riparazione con i crediti stimati nei confronti degli assicuratori, posto che, nell’anno di competenza delle spese, l’indennizzo non era stato liquidato.
Tale comportamento è stato giudicato parimenti corretto dalla Suprema Corte, non assumendo rilevanza lo sfasamento temporale tra sostenimento di costi e rimborso assicurativo, verosimilmente perché alla data di chiusura dell’esercizio vi era già la certezza del conseguimento del medesimo rimborso.
Possibile compensare costi e indennizzo, tassando solo l’eccedenza
In altri termini, dalla sentenza in commento sembra di capire che, se a fronte di un danno lieve di 1.000 euro il contribuente riceve un indennizzo di pari importo, sono possibili due scelte.Il contribuente può alternativamente:
- dedurre i costi di riparazione ai sensi dell’art. 102 comma 6 del TUIR e tassare l’indennizzo assicurativo;
- compensare i costi di riparazione con il risarcimento assicurativo, tassando solo l’eventuale eccedenza del secondo rispetto ai primi.
Questa seconda opzione può tornare utile quando i costi cagionati dal danno superino il plafond del 5% e una parte di questi costi sia quindi deducibile nei cinque periodi d’imposta successivi.
In tale circostanza, il risarcimento assicurativo verrebbe tassato per intero quando conseguito, verosimilmente nello stesso periodo d’imposta del sostenimento dei costi o in quello immediatamente successivo, mentre i costi sarebbero “spalmati” su 6 periodi d’imposta.
/ Alessandro COTTO
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