imposta di registro
La cessione dell’azienda al figlio non sconta il registro
Per la C.T. Reg. di Roma, in tale ipotesi non avviene alcun trasferimento di ricchezza tassabile ai fini dell’imposta di registro
La cessione a titolo oneroso dell’azienda dal padre al figlio, avvenendo in ambito familiare, non determina alcuna base imponibile per l’applicazione dell’imposta di registro, a cui, quindi, non deve essere assoggettata. Lo ha stabilito la C.T. Reg. di Roma, con la sentenza n. 555/01/11 del 19 settembre 2011.
Un contribuente, titolare di una ditta individuale di commercio al minuto, aveva ceduto la sua azienda al figlio, mediante un atto di cessione a titolo oneroso. L’Ufficio aveva quindi rettificato il valore dell’azienda dichiarato in atto e liquidato l’imposta di registro dovuta ai sensi dell’articolo 51, comma 4, del DPR 131/1986, secondo il quale, per gli atti che hanno ad oggetto aziende o diritti reali su di esse, il valore dichiarato è controllato dall’Ufficio con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l’alienante si sia espressamente impegnato a estinguere; a tal fine, l’Ufficio può tener conto anche degli accertamenti compiuti ai fini di altre imposte e può procedere ad accessi, ispezioni e verifiche.
Il contribuente aveva impugnato l’avviso di liquidazione e la C.T. Prov. aveva accolto il suo ricorso, stabilendo che la cessione, invero, era avvenuta nell’ambito familiare e, quindi, ad essa non doveva applicarsi alcuna imposta. Avverso tale decisione opponeva gravame l’Agenzia delle Entrate, eccependo che erano stati gli stessi contraenti del negozio giuridico a qualificarlo come cessione a titolo oneroso e, conseguentemente, l’Ufficio aveva correttamente controllato e liquidato l’imposta di registro, come previsto dalla normativa poc’anzi menzionata.
I giudici del riesame, però, non hanno concordato con la tesi erariale. La C.T. Reg. ha ricordato innanzitutto che, ai sensi dell’articolo 58 comma 1, secondo periodo, del TUIR, il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa: l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. Secondo i giudici regionali, tale norma, pur essendo dettata per la determinazione delle plusvalenze e, quindi, del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, formula un principio di carattere generale sulla valutazione delle aziende cedute ai familiari, per le quali è negata l’esistenza di qualsiasi plusvalenza rispetto ai valori riconosciuti nei confronti del dante causa. L’atto di cessione dell’azienda nell’ambito familiare, infatti, è un mero strumento di regolarizzazione amministrativa della situazione contingente in cui versa il genitore che, ritirandosi dall’attività, lascia che il figlio vi subentri.
In conclusione, la C.T. Reg. ha stabilito che, in simili situazioni, non avviene alcun trasferimento di ricchezza tassabile con l’imposta di registro e, pertanto, il ricorso del Fisco è stato respinto.
/ Alessandro BORGOGLIO
Un contribuente, titolare di una ditta individuale di commercio al minuto, aveva ceduto la sua azienda al figlio, mediante un atto di cessione a titolo oneroso. L’Ufficio aveva quindi rettificato il valore dell’azienda dichiarato in atto e liquidato l’imposta di registro dovuta ai sensi dell’articolo 51, comma 4, del DPR 131/1986, secondo il quale, per gli atti che hanno ad oggetto aziende o diritti reali su di esse, il valore dichiarato è controllato dall’Ufficio con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l’alienante si sia espressamente impegnato a estinguere; a tal fine, l’Ufficio può tener conto anche degli accertamenti compiuti ai fini di altre imposte e può procedere ad accessi, ispezioni e verifiche.
Il contribuente aveva impugnato l’avviso di liquidazione e la C.T. Prov. aveva accolto il suo ricorso, stabilendo che la cessione, invero, era avvenuta nell’ambito familiare e, quindi, ad essa non doveva applicarsi alcuna imposta. Avverso tale decisione opponeva gravame l’Agenzia delle Entrate, eccependo che erano stati gli stessi contraenti del negozio giuridico a qualificarlo come cessione a titolo oneroso e, conseguentemente, l’Ufficio aveva correttamente controllato e liquidato l’imposta di registro, come previsto dalla normativa poc’anzi menzionata.
I giudici del riesame, però, non hanno concordato con la tesi erariale. La C.T. Reg. ha ricordato innanzitutto che, ai sensi dell’articolo 58 comma 1, secondo periodo, del TUIR, il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa: l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. Secondo i giudici regionali, tale norma, pur essendo dettata per la determinazione delle plusvalenze e, quindi, del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, formula un principio di carattere generale sulla valutazione delle aziende cedute ai familiari, per le quali è negata l’esistenza di qualsiasi plusvalenza rispetto ai valori riconosciuti nei confronti del dante causa. L’atto di cessione dell’azienda nell’ambito familiare, infatti, è un mero strumento di regolarizzazione amministrativa della situazione contingente in cui versa il genitore che, ritirandosi dall’attività, lascia che il figlio vi subentri.
In conclusione, la C.T. Reg. ha stabilito che, in simili situazioni, non avviene alcun trasferimento di ricchezza tassabile con l’imposta di registro e, pertanto, il ricorso del Fisco è stato respinto.
Parere opposto da Cassazione e giurisprudenza di merito
La Cassazione, però, già nel 1995, con la sentenza n. 10893, aveva stabilito che il valore dell’avviamento nella vendita di un’attività commerciale deve essere considerato nella determinazione della base imponibile dell’imposta di registro anche nel caso in cui la cessione avvenga tra parenti in linea retta. Peraltro, tale posizione è stata confermata anche dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale, in caso di cessione di azienda, si deve tener conto dell’avviamento, agli effetti dell’imposta di registro, nella determinazione del valore venale dell’azienda ceduta, senza che assumano rilievo circostanze contingenti che pure possono aver influito nella determinazione concreta del corrispettivo, quali, ad esempio, i legami familiari (C.T.C. decisione n. 4353 del 21 luglio 2000)./ Alessandro BORGOGLIO
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