iva
Plafond IVA, trasferimento subordinato alla sottoscrizione contrattuale
Secondo la Suprema Corte, la comunicazione all’Agenzia delle Entrate non sana la mancata firma della clausola negoziale
La legittimità del subentro dell’affittuario dell’azienda, nello status di esportatore abituale del concedente, è subordinata all’effettiva osservanza di tutte le condizioni prescritte dall’art. 8, comma 4, del DPR n. 633/1972: la preventiva previsione nel contratto di locazione dell’azienda, ovvero in un atto integrativo dello stesso, debitamente firmato dalle parti e non soltanto dal concedente; la successiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate, entro 30 giorni dalla sottoscrizione del predetto documento.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21772/2011, depositata ieri, rigettando il ricorso del contribuente che aveva, invece, sostenuto l’irrilevanza della mancata sottoscrizione, da parte dell’affittuario, della scrittura modificativa dell’originario contratto di affitto d’azienda, per una serie di motivazioni:
- la trasmissione all’Amministrazione finanziaria della “comunicazione di utilizzo del plafond”. Sul punto, si rammenta che tale adempimento, a dispetto della formulazione letterale della norma, deve ritenersi assolto con la compilazione della dichiarazione di variazione dei dati IVA: sezione 3 del quadro E del modello AA9, nel caso di persone fisiche (quadro D del modello AA7 negli altri casi), oltre al quadro iniziale A;
- la particolare natura della scrittura integrativa, consistente in un contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, idonea a far ritenere l’atto perfezionato con la sola sottoscrizione del concedente, qualificandosi come proposta irrevocabile appena giunta a conoscenza dell’affittuario (art. 1333 c.c.).
Le tesi del contribuente non sono state, tuttavia, accolte dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la clausola negoziale integrativa – avente ad oggetto il trasferimento della facoltà di acquisto di beni e servizi per cessione all’esportazione senza pagamento dell’IVA – deve considerarsi perfezionata soltanto al momento della sottoscrizione a cura del concedente e dell’affittuario: è, infatti, in tale istante che deve ritenersi intervenuto, in assenza di prova contraria, l’accordo tra le parti, ovvero il reciproco consenso in ordine alla costituzione di tale particolare rapporto giuridico. In altri termini, l’ulteriore adempimento stabilito dall’art. 8, comma 4, del DPR n. 633/1972 – vale a dire la comunicazione all’Agenzia delle Entrate del trasferimento, a beneficio dell’affittuario, dello status di esportatore abituale maturato dal concedente – non costituisce un atto idoneo a sanare la mancata sottoscrizione del contratto ai fini del suo perfezionamento: l’effetto sostitutivo, quale inequivoca manifestazione della volontà di avvalersi degli effetti del negozio incompleto, può, infatti, verificarsi soltanto qualora il destinatario del comportamento sia la controparte e non, come nel caso di specie, un terzo, quale è appunto – rispetto al contratto di affitto d’azienda – l’Amministrazione finanziaria.
La Cassazione non ha, inoltre, ritenuto condivisibile l’invocata, da parte dell’affittuario, applicazione della disciplina di cui all’art. 1333 c.c., riguardante i contratti con obbligazioni per il solo proponente: il mancato accoglimento di tale tesi ha trovato fondamento, in primo luogo, nella natura della clausola pattizia di trasferimento del plafond, poiché risulta integrativa e accessoria ad un negozio a prestazioni corrispettive, e non di un contratto autonomo. A ciò si aggiunga che non è stato possibile desumere, tramite la riproduzione del proprio contenuto integrale, che la scrittura integrativa in commento prevedesse effettivamente obbligazioni a carico del solo concedente.
/ Sandro CERATO e Michele BANA
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21772/2011, depositata ieri, rigettando il ricorso del contribuente che aveva, invece, sostenuto l’irrilevanza della mancata sottoscrizione, da parte dell’affittuario, della scrittura modificativa dell’originario contratto di affitto d’azienda, per una serie di motivazioni:
- la trasmissione all’Amministrazione finanziaria della “comunicazione di utilizzo del plafond”. Sul punto, si rammenta che tale adempimento, a dispetto della formulazione letterale della norma, deve ritenersi assolto con la compilazione della dichiarazione di variazione dei dati IVA: sezione 3 del quadro E del modello AA9, nel caso di persone fisiche (quadro D del modello AA7 negli altri casi), oltre al quadro iniziale A;
- la particolare natura della scrittura integrativa, consistente in un contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, idonea a far ritenere l’atto perfezionato con la sola sottoscrizione del concedente, qualificandosi come proposta irrevocabile appena giunta a conoscenza dell’affittuario (art. 1333 c.c.).
Le tesi del contribuente non sono state, tuttavia, accolte dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la clausola negoziale integrativa – avente ad oggetto il trasferimento della facoltà di acquisto di beni e servizi per cessione all’esportazione senza pagamento dell’IVA – deve considerarsi perfezionata soltanto al momento della sottoscrizione a cura del concedente e dell’affittuario: è, infatti, in tale istante che deve ritenersi intervenuto, in assenza di prova contraria, l’accordo tra le parti, ovvero il reciproco consenso in ordine alla costituzione di tale particolare rapporto giuridico. In altri termini, l’ulteriore adempimento stabilito dall’art. 8, comma 4, del DPR n. 633/1972 – vale a dire la comunicazione all’Agenzia delle Entrate del trasferimento, a beneficio dell’affittuario, dello status di esportatore abituale maturato dal concedente – non costituisce un atto idoneo a sanare la mancata sottoscrizione del contratto ai fini del suo perfezionamento: l’effetto sostitutivo, quale inequivoca manifestazione della volontà di avvalersi degli effetti del negozio incompleto, può, infatti, verificarsi soltanto qualora il destinatario del comportamento sia la controparte e non, come nel caso di specie, un terzo, quale è appunto – rispetto al contratto di affitto d’azienda – l’Amministrazione finanziaria.
La Cassazione non ha, inoltre, ritenuto condivisibile l’invocata, da parte dell’affittuario, applicazione della disciplina di cui all’art. 1333 c.c., riguardante i contratti con obbligazioni per il solo proponente: il mancato accoglimento di tale tesi ha trovato fondamento, in primo luogo, nella natura della clausola pattizia di trasferimento del plafond, poiché risulta integrativa e accessoria ad un negozio a prestazioni corrispettive, e non di un contratto autonomo. A ciò si aggiunga che non è stato possibile desumere, tramite la riproduzione del proprio contenuto integrale, che la scrittura integrativa in commento prevedesse effettivamente obbligazioni a carico del solo concedente.
Non è necessario trasferire tutti i rapporti con la clientela
Si rammenta, infine, che l’Amministrazione finanziaria, in passato, ha ritenuto altresì indispensabili – ai fini della corretta successione nel diritto all’utilizzo del plafond dell’esportatore abituale, oltre ai due requisiti individuati dall’art. 8, comma 4, del DPR n. 633/1972 – il trasferimento in capo all’affittuario dei rapporti con la clientela (RM n. 450173/92). Tale orientamento è stato, poi, rivisto nel corso degli anni, anche in tempi recenti: in particolare, il 27 gennaio 2010 – in occasione della risposta ad alcune interrogazioni parlamentari – è stato sostenuto che il subentro dell’affittuario deve considerarsi correttamente perfezionato con la mera osservanza della predetta disposizione normativa: in altri termini, non è necessario trasferire tutti i rapporti con la clientela, fermo restando, tuttavia, il potere dell’Amministrazione finanziaria di eccepire eventuali profili elusivi connessi a tale circostanza./ Sandro CERATO e Michele BANA
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