Contenzioso
Niente definizione per le cartelle di pagamento IRAP su omessi versamenti
L’Agenzia conferma che la definizione delle liti opera per tutti gli atti, esclusi quelli semplicemente liquidatori
La circ. 48/2011 dell’Agenzia delle Entrate, datata 24 ottobre, conferma che, nella definizione delle liti pendenti, rientrano tutte le cause instaurate avverso atti “impositivi” nel senso proprio del termine, con esclusione dei provvedimenti aventi una semplice funzione liquidatoria.Così, nessun problema per definire le cause contro accertamenti, avvisi di liquidazione contenenti richieste, a qualsiasi titolo, di maggiori imposte, e cartelle di pagamento, a meno che, in quest’ultimo caso, non si verta in fattispecie di imposte regolarmente dichiarate ma poi non versate o simili, posto che non si rientrerebbe nel concetto di “atto di imposizione” (per approfondimenti si veda “Chiusura liti pendenti aperta anche alle cartelle” del 7 ottobre 2011).
Viene affermato che rientrano nel condono anche i processi instaurati avverso avvisi di recupero dei crediti d’imposta, in quanto atti impositivi, mentre restano escluse le impugnazioni avverso atti non indicati nell’elenco di cui all’art. 19 del DLgs. 546/92, come “avvisi bonari”, risposte date a seguito di interpelli, dinieghi di autotutela e così via.
Sulla cartella di pagamento, si rammenta che la lite è definibile ove il contribuente abbia, con il ricorso, inteso far valere la mancata notifica dell’accertamento, o l’irritualità della notifica di quest’ultimo provvedimento.
Nella circolare, però, ci sono a nostro avviso affermazioni che non possono essere accettate, in merito all’ipotesi degli omessi versamenti.
La non definibilità dei ricorsi avverso cartelle di pagamento scaturenti da omessi versamenti viene a nostro avviso meno nelle peculiari ipotesi in cui, per le più varie ragioni, il contribuente possa contestare la debenza del tributo.
Un caso lampante, e molto sentito dagli operatori, è quello del ricorso contro la cartella emessa a seguito di IRAP dichiarata e non versata, ove tale comportamento sia stato imposto dagli uffici mediante l’installazione del c.d. “errore bloccante”, che, sino all’invio del Modello UNICO 2006, costringeva i contribuenti alla compilazione del quadro IQ pena il mancato inoltro telematico della dichiarazione dei redditi, a prescindere dalla sussistenza del presupposto impositivo.
Inaccettabili le affermazioni in tema di IRAP
Nella circolare 48/2011, al § 4.2 (che, comunque, non fa alcuna menzione del problema sul “blocco”), si legge testualmente che trattasi di un’ipotesi non definibile, siccome si rientra nel caso degli omessi versamenti. Come evidenziato, sino all’invio del Modello UNICO 2006, l’Agenzia delle Entrate, capziosamente, obbligava tutti i lavoratori autonomi alla compilazione del suddetto quadro, pena il mancato invio della dichiarazione dei redditi, da qui la palese definibilità della causa, posto che, in ossequio all’attuale sistema impositivo, gli uffici finanziari, anziché installare il c.d. “blocco informatico”, avrebbero dovuto consentire senza problemi l’omessa compilazione del quadro IQ, per poi procedere ad accertamento anche induttivo extracontabile ove essi avessero riscontrato l’omessa dichiarazione IRAP.Desta enorme perplessità il fatto che l’Agenzia delle Entrate, dopo l’inaccettabile comportamento tenuto negli anni addietro, continui imperterrita a fare finta che l’errore bloccante non sia mai esistito, e a sostenere che i contribuenti, per scelta, abbiano dichiarato e non versato.
Del resto, anche la Cassazione ha esplicitamente affermato (si badi bene, in termini generali, non facendo riferimento alla questione del “blocco” del sistema) che il contribuente può difendersi nel merito anche nel ricorso contro il ruolo derivante da IRAP dichiarata e non versata (Cass. 2 luglio 2010 n. 15744).
/ Alfio CISSELLO
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