reddito d'impresa
Minusvalenze superiori ai 50mila euro, obbligo di comunicazione
L’adempimento, strumentale al riconoscimento della relativa deducibilità, deve essere assolto entro il 14 novembre
I soggetti titolari di reddito d’impresa (contribuenti IRES, snc, sas e imprenditori individuali) che, nel periodo d’imposta 2010, hanno realizzato minusvalenze oppure altre differenze negative di importo superiore a 50mila euro, derivanti da una o più operazioni su azioni o titoli negoziati in mercati regolamentati (italiani o esteri), sono tenuti ad osservare l’incombente prescritto dall’art. 5-quinquies, comma 3, del DL n. 203/2005. La disposizione in parola subordina la rilevanza fiscale di tali componenti negative – individuate dall’art. 109, comma 3-bis, del TUIR (provvedimento direttoriale del 29 marzo 2007) – a un’apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria, entro 45 giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione annuale, ovvero non oltre il 14 novembre 2011, nel caso dei contribuenti aventi il periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.
In particolare, il soggetto obbligato è tenuto a riferire all’Agenzia delle Entrate i propri dati anagrafici (sede dell’amministrazione, domicilio e codice fiscale) e del legale rappresentante, nonché ogni notizia riguardante l’atto realizzativo da cui è derivato il conseguimento dei predetti minusvalori:
- la data dell’operazione;
- le partecipazioni e gli strumenti finanziari oggetto dell’alienazione e la relativa rappresentazione nello Stato patrimoniale, tra le immobilizzazioni o nell’attivo circolante, precisando altresì la data di iscrizione in bilancio, costituente il momento identificativo dell’originario acquisto;
- la tipologia dell’atto realizzativo (vendita onerosa, permuta, scambio, conferimento, ecc.) e il quantitativo alienato;
- il corrispettivo di cessione e l’ammontare della minusvalenza;
- i dati identificativi della controparte, se conosciuta.
L’obiettivo della norma è, quindi, quello di consentire all’Amministrazione finanziaria di accertare la conformità delle fattispecie minusvalenti alle disposizioni antielusive di cui all’art. 37-bis del DPR n. 600/1973: sul punto, si rammenta che tale norma attribuisce agli organi di controllo la facoltà di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti dal contribuente, mediante atti, fatti e negozi – anche collegati tra loro – privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, ed ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti.
L’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate non riguarda esclusivamente le differenze negative realizzate per effetto di cessioni a titolo oneroso e operazioni equiparabili alle stesse (permuta, scambio e conferimento di partecipazioni), ma anche quelle derivanti dal fallimento o dalla liquidazione volontaria delle società partecipate (circ. Agenzia delle Entrate n. 7/2003). A questo proposito, è stato altresì osservato che la medesima qualificazione dovrebbe essere riservata alle assegnazioni di beni ai soci, nonché agli atti di destinazione degli stessi a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (circolare Assonime n. 38/2005).
Le modalità di presentazione della comunicazione non sono, invece, soggette a particolari formalità, essendo sufficiente la redazione in carta libera e la conseguente trasmissione, mediante consegna diretta o spedizione di plico raccomandato con avviso di ricevimento, alla Direzione Regionale delle Entrate territorialmente competente in relazione al domicilio fiscale del soggetto che ha realizzato la minusvalenza o la perdita.
L’eventuale inosservanza dell’adempimento comporta l’applicazione di una sanzione c.d. impropria, differente da quella meramente amministrativa, in quanto consiste nell’assoggettamento del contribuente a una situazione di svantaggio, rappresentata dall’indeducibilità della relativa componente reddituale negativa: in altri termini, non risulta decisiva la circostanza che la minusvalenza risponda comunque ai principi generali del reddito d’impresa, quali l’effettività, l’inerenza e la certezza, nonché la regolarità della dichiarazione dei redditi nella quale è stata correttamente esposta. Si consideri, inoltre, che – anche nel caso di inadempimento dovuto a un mero errore materiale (dimenticanza, irregolarità formale, ecc.) – non è espressamente contemplata la possibilità di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del DLgs. n. 472/1997.
Sul punto, sarebbe dunque auspicabile un intervento normativo, già sollecitato con l’interrogazione parlamentare n. 5-03814/2010: in tale sede, il Ministero dell’Economia è stato, infatti, invitato a prevedere – così come stabilito per l’analogo adempimento delle differenze negative di cui al DL n. 209/2002 – l’applicazione della sanzione proporzionale del 10%, contemplata dall’art. 8, comma 3-bis, del DLgs. n. 471/1997 (da 500 a 50.000 euro), sostitutiva dell’integrale indeducibilità delle minusvalenze non comunicate.
/ Greta POPOLIZIO
In particolare, il soggetto obbligato è tenuto a riferire all’Agenzia delle Entrate i propri dati anagrafici (sede dell’amministrazione, domicilio e codice fiscale) e del legale rappresentante, nonché ogni notizia riguardante l’atto realizzativo da cui è derivato il conseguimento dei predetti minusvalori:
- la data dell’operazione;
- le partecipazioni e gli strumenti finanziari oggetto dell’alienazione e la relativa rappresentazione nello Stato patrimoniale, tra le immobilizzazioni o nell’attivo circolante, precisando altresì la data di iscrizione in bilancio, costituente il momento identificativo dell’originario acquisto;
- la tipologia dell’atto realizzativo (vendita onerosa, permuta, scambio, conferimento, ecc.) e il quantitativo alienato;
- il corrispettivo di cessione e l’ammontare della minusvalenza;
- i dati identificativi della controparte, se conosciuta.
L’obiettivo della norma è, quindi, quello di consentire all’Amministrazione finanziaria di accertare la conformità delle fattispecie minusvalenti alle disposizioni antielusive di cui all’art. 37-bis del DPR n. 600/1973: sul punto, si rammenta che tale norma attribuisce agli organi di controllo la facoltà di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti dal contribuente, mediante atti, fatti e negozi – anche collegati tra loro – privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, ed ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti.
L’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate non riguarda esclusivamente le differenze negative realizzate per effetto di cessioni a titolo oneroso e operazioni equiparabili alle stesse (permuta, scambio e conferimento di partecipazioni), ma anche quelle derivanti dal fallimento o dalla liquidazione volontaria delle società partecipate (circ. Agenzia delle Entrate n. 7/2003). A questo proposito, è stato altresì osservato che la medesima qualificazione dovrebbe essere riservata alle assegnazioni di beni ai soci, nonché agli atti di destinazione degli stessi a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (circolare Assonime n. 38/2005).
Le modalità di presentazione della comunicazione non sono, invece, soggette a particolari formalità, essendo sufficiente la redazione in carta libera e la conseguente trasmissione, mediante consegna diretta o spedizione di plico raccomandato con avviso di ricevimento, alla Direzione Regionale delle Entrate territorialmente competente in relazione al domicilio fiscale del soggetto che ha realizzato la minusvalenza o la perdita.
L’eventuale inosservanza dell’adempimento comporta l’applicazione di una sanzione c.d. impropria, differente da quella meramente amministrativa, in quanto consiste nell’assoggettamento del contribuente a una situazione di svantaggio, rappresentata dall’indeducibilità della relativa componente reddituale negativa: in altri termini, non risulta decisiva la circostanza che la minusvalenza risponda comunque ai principi generali del reddito d’impresa, quali l’effettività, l’inerenza e la certezza, nonché la regolarità della dichiarazione dei redditi nella quale è stata correttamente esposta. Si consideri, inoltre, che – anche nel caso di inadempimento dovuto a un mero errore materiale (dimenticanza, irregolarità formale, ecc.) – non è espressamente contemplata la possibilità di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del DLgs. n. 472/1997.
Sul punto, sarebbe dunque auspicabile un intervento normativo, già sollecitato con l’interrogazione parlamentare n. 5-03814/2010: in tale sede, il Ministero dell’Economia è stato, infatti, invitato a prevedere – così come stabilito per l’analogo adempimento delle differenze negative di cui al DL n. 209/2002 – l’applicazione della sanzione proporzionale del 10%, contemplata dall’art. 8, comma 3-bis, del DLgs. n. 471/1997 (da 500 a 50.000 euro), sostitutiva dell’integrale indeducibilità delle minusvalenze non comunicate.
/ Greta POPOLIZIO
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