Stabile organizzazione
C’è stabile organizzazione anche in presenza di molteplici sedi
Secondo la Cassazione, l’accertamento dei requisiti va condotto soprattutto sul piano sostanziale e non solo su quello formale
L’organizzazione produttiva in Italia di una società estera articolata in molteplici sedi formalmente distinte, ma economicamente integrate in una struttura unitaria, strumentale al raggiungimento dello scopo commerciale in Italia della casa madre non residente, non è una condizione preclusiva della contestazione del fenomeno di stabile organizzazione. È quanto concluso nella sentenza della Cassazione n. 20597 di ieri, 7 ottobre 2011.Giova ricordare che, ai sensi dell’art. 162 del TUIR, l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia comporta il concorso di due elementi, l’esistenza di una sede fissa in senso tecnico (locali, materiali, attrezzature, ecc.) e l’esercizio dell’attività da parte dell’impresa per mezzo di tale installazione.
Con particolare riferimento, poi, al caso in cui la società estera agisca in Italia attraverso agenti mediatori, utili indicatori dell’esistenza di una stabile organizzazione possono essere desunti:
- dalla mancanza di pregnanti controlli sull’operato dell’agente e di istruzioni dettagliate da parte dell’impresa estera;
- dalla rilevanza specifica delle qualità tecniche e professionali dell’agente quali motivi che hanno determinato il mandante ad avvalersi delle sue prestazioni;
- dal numero complessivo di committenti o mandatari rappresentati dall’agente.
Nel caso analizzato nella sentenza, una società, con sede legale a San Marino, si avvaleva di molteplici società italiane per mettere a disposizione i propri servizi di didattica nel territorio italiano.
In particolare, se studenti universitari decidevano di avvalersi di un sistema di didattica breve per la preparazione di esami, potevano recarsi in una delle sedi italiane della società di San Marino per sottoscrivere un contratto di servizi, prestampato e uguale, per tutte le sedi, in cui non si rinveniva alcun obbligo, né distinto né solidale delle società italiane, che si limitavano ad impartire l’attività didattica. Controparte dello studente era la società estera cui erano anche intestati i pagamenti.
La società di San Marino si è difesa, ritenendo che la fattispecie di stabile organizzazione non fosse verificata, in quanto, con tale espressione, si designa una sede fissa di affari, per mezzo della quale l’impresa non residente esercita l’attività sul territorio dello Stato. Nel suo caso, invece, le imprese che operavano in Italia erano molteplici, dotate ciascuna di stabile organizzazione autonoma e gli introiti erano costituiti dai proventi delle provvigioni fatturate alla casa madre. Inoltre, non c’è stabile organizzazione quando la casa madre eserciti la propria attività attraverso un intermediario indipendente che agisca nell’ambito della propria attività.
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni di difesa della ricorrente, ricordando che l’accertamento dei requisiti di una stabile organizzazione deve essere condotto non solo sul piano formale, ma anche e soprattutto sul piano sostanziale, come già ribadito in numerose pronunce (cfr. Cass. n. 10925/2002 e Cass. n. 6799/2004).
Pertanto, nonostante l’articolazione formale dell’organizzazione in Italia della società estera, nella sostanza le diverse sedi costituivano una struttura economica unitaria e l’indipendenza delle società italiane rispetto alla casa madre non esisteva, dato che le società italiane altro non erano che organismi attraverso i quali la società estera metteva a disposizione i propri servizi in Italia.
La mancanza di una sede unitaria non è determinante per l’analisi
La circostanza, inoltre, della mancanza di una sede unitaria in Italia non è determinante ai fini dell’analisi ed è superabile ricorrendo all’applicazione dell’art. 58 del DPR 600/73: in mancanza di una sede legale o amministrativa, è stato scelto il Comune dove erano presenti più sedi che operavano quale stabile organizzazione e dove era sottoscritto il maggior numero di contratti intestati alla casa madre. La norma, infatti, fa riferimento al luogo in cui l’attività viene svolta in misura prevalente.
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