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mercoledì 5 ottobre 2011

bilancio Perdite durevoli di valore, la crisi impone una nozione «più elastica»

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Perdite durevoli di valore, la crisi impone una nozione «più elastica»

Nell’attuale contesto di ribassi della Borsa, potrebbe servire una diversa interpretazione della nozione prevista dai Principi contabili

/ Martedì 04 ottobre 2011
Secondo il codice civile, nello Stato patrimoniale le partecipazioni, i titoli e le azioni proprie devono essere classificati tra le immobilizzazioni finanziarie o tra l’attivo circolante, rispettivamente se destinati ad investimento durevole o ad investimento temporaneo.
Per i principi contabili nazionali, la classificazione dei titoli e delle partecipazioni deve essere basata su un criterio di destinazione “funzionale”, con la conseguenza che la connessa destinazione dipende strettamente dalla scelta dell’organo amministrativo.
Dalla classificazione in bilancio consegue, naturalmente, un diverso criterio di valutazione, in quanto:
- per le immobilizzazioni finanziarie, il costo deve essere svalutato in presenza di perdite durevoli di valore;
- per le attività del circolante, la valutazione avviene al minore tra il costo e il valore di mercato.
All’atto dell’eventuale cambiamento della destinazione economica in precedenza attribuita al bene, è necessario procedere al trasferimento di dette entità da una categoria all’altra, con conseguente adozione di un differente criterio valutativo. In particolare, se i titoli e le partecipazioni passano dall’attivo circolante alle immobilizzazioni, il criterio da utilizzare è quello del costo (procedendo, come osservato, alla svalutazione in presenza di perdita durevole di valore); se i titoli e le partecipazioni passano dalle immobilizzazioni al circolante, il criterio è quello del minore tra il costo e il mercato.
In questo panorama il Legislatore, con il DL 185/2008 (conv. L. 2/2009), ha previsto, per i soggetti “non IAS” per l’esercizio 2008 (con effetti poi prorogati) la possibilità di valutare i titoli del circolante “al loro valore di iscrizione così come risultante dall’ultimo bilancio (...) anziché al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole”.
La motivazione della deroga è contenuta nello stesso testo normativo (art. 15, comma 13, del decreto), che così recita: “Considerata l’eccezionale situazione di turbolenza dei mercati finanziari...”.
Il principio contabile OIC 20, quanto al concetto di perdita durevole di valore, precisa che, per i titoli quotati, essa può desumersi da “un significativo ribasso nel listino con carattere di persistenza temporale e dall’assenza di elementi che lascino fondatamente ritenere probabile un’inversione di tendenza”.
Nell’attuale contesto dell’andamento dei mercati finanziari (in particolare, dal 2008 ad oggi), il criterio di perdita durevole di valore difficilmente consentirà, in sede di redazione del bilancio 2011, di ricorrere a deroghe, salvo estenderne i contenuti o auspicare diversi e più attuali interventi normativi o regolamentari.
Molte imprese avevano investito, negli anni pregressi, la loro liquidità in titoli con ottimi rating e, probabilmente, nei bilanci 2008-2009-2010 hanno considerato durevole l’eventuale perdita di valore, nel caso di titoli e partecipazioni immobilizzati, e applicato la deroga prevista dal DL 185/2008, nel caso di titoli e partecipazioni del circolante.
Durevoli le perdite caratterizzate da persistenza temporale
Approssimandosi la chiusura dell’esercizio 2011, stante la persistenza (anzi l’incremento) della turbolenza dei mercati finanziari mondiali, il tema delle perdite durevoli assume caratteri di particolare gravità, in particolare se si considera che la maggioranza dei titoli quotati hanno subito dal 2008 ad oggi svalutazioni che spesso non riflettono il reale valore dell’impresa sottostante (che, anzi, in molti casi hanno continuato ad esprimere risultati economici positivi).
In tale contesto, sembrerebbe necessario sviluppare una diversa e più coerente interpretazione sia del concetto base di “perdita durevole di valore”, sia del concetto di “deroga” secondo l’accezione prevista dall’art. 15, comma 13, del DL 185/2008.
Potrebbe a tal fine soccorrere la circostanza per cui, se la partecipazione o il titolo, penalizzato dal mercato a seguito della persistente turbolenza finanziaria globale, è riferito a società che negli esercizi post 2007 abbiano mantenuto un andamento reddituale positivo, la nozione di perdita durevole potrebbe essere ricondotta a condizioni con caratteristiche di permanenza temporale “certe e definite”, lasciando in tal modo spazio a una lettura più elastica del citato concetto.
/ Giuliano BUFFELLI

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