diritto societario
I soci di srl possono revocare gli amministratori
Inoltre, l’assemblea è regolare se l’avviso, spedito almeno 8 giorni prima, viene ricevuto 5 giorni prima
Il Tribunale di Napoli, nell’ordinanza del 14 settembre 2011, fornisce chiarimenti in relazione a diversi aspetti della disciplina della srl. La vicenda vede i due soci di una srl – le cui quote, oggetto di pignoramento nell’ambito di una procedura esecutiva, erano state affidate a un custode – chiedere la nullità e/o l’annullamento della deliberazione assembleare con la quale il custode aveva provveduto alla sostituzione del precedente amministratore/socio nominato a tempo indeterminato. Tale operazione non sarebbe consentita dall’art. 2476 c.c. e sarebbe avvenuta con un’assemblea non regolarmente convocata (l’avviso era pervenuto ai soci solo 5 giorni prima) e senza dar conto della preventiva accettazione da parte del nuovo amministratore. Si richiedeva, in via cautelare, la sospensione della deliberazione. Il custode eccepiva il difetto di legittimazione ad agire dei soci in presenza della peculiare situazione riguardante le loro quote.
In ordine a quest’ultimo punto, il giudice designato, dopo aver ricordato come l’art. 2352 ultimo comma c.c. attribuisca sia al socio che al creditore pignoratizio i diritti amministrativi diversi da quelli ivi previsti, sottolinea come, per quanto la dottrina non sia univoca sull’applicabilità della disposizione in questione al diritto di impugnare le delibere assembleari “annullabili”, non sembri al contempo dubitare che essa competa ad entrambe le parti in caso di azione di “nullità”. Sussiste, quindi, la legittimazione dei ricorrenti, dal momento che essi avevano alternativamente chiesto l’annullamento e/o la nullità della delibera.
Quanto invece alla sussistenza del fumus boni iuris, ai fini della sospensione della delibera, si evidenzia come l’art. 2476 comma 3 c.c., nel riconoscere a ciascun socio il diritto di chiedere che sia adottato, in caso di gravi irregolarità, il provvedimento cautelare di revoca degli amministratori, contrariamente a quanto sostenuto in passato dal medesimo Tribunale (cfr. Trib. Napoli 20 ottobre 2005), non possa ritenersi sostitutivo della potestà di revoca della collettività dei soci (nonostante l’assenza di una disposizione analoga all’art. 2383 comma 3 c.c. in materia di spa). Il sistema societario, infatti, conosce almeno altre due ipotesi in cui coesistono revoca giudiziale e revoca assembleare: nelle società di persone la revoca giudiziale ex art. 2259 comma 3 c.c. coesiste con la facoltà di revoca da parte della collettività dei soci ai sensi dell’art. 2259 commi 1 e 2 c.c.; la revocabilità giudiziale dei liquidatori di società di capitali coesiste, ex art. 2487 comma 4 c.c., con la revocabilità da parte dell’assemblea. E, quindi, gli amministratori nominati con decisione dei soci possono dagli stessi essere revocati con le medesime modalità e maggioranze; ciò non tanto in forza del principio di libera revocabilità contenuto nell’art. 2383 comma 3 c.c., ma, soprattutto, in applicazione delle norme sul mandato, a cui il rapporto di amministrazione può, per certi versi, essere ricondotto (cfr. in particolare l’art. 1725 comma 2 c.c., che, per la revoca del mandato a tempo indeterminato, obbliga il mandante al risarcimento dei danni solo in assenza di congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa).
In ordine all’irregolare convocazione dell’assemblea, il cui avviso (inviato tramite raccomandata) era pervenuto al socio/amministratore 5 giorni prima dell’adunanza, il giudice napoletano evidenzia come l’art. 2479-bis comma 1 c.c. disponga che la raccomandata debba essere “spedita” almeno otto giorni prima dell’adunanza e non anche che essa debba essere “ricevuta” otto giorni prima. Considerando che il tempo normalmente occorrente per il recapito di una raccomandata non dovrebbe superare i due/tre giorni, è reputato ampiamente sufficiente il termine minimo di ricevimento di cinque giorni (8-3=5) prima della riunione per consentire al socio la materiale partecipazione e una diligente attività di documentazione e preparazione per la partecipazione al dibattito (cfr. Trib. Mantova 14 febbraio 2005).
Relativamente all’ultimo rilievo (mancata indicazione della preventiva accettazione da parte del nuovo amministratore), si sottolinea come, essendo l’atto unilaterale di nomina in potere esclusivo dell’assemblea, per la valida instaurazione del rapporto organico di amministrazione tra società e amministratore neo-nominato non sia sufficiente la sola deliberazione di nomina, ma occorra anche la relativa accettazione, quale ulteriore atto unilaterale.
L’accettazione è, dunque, un atto negoziale non formale che perfeziona l’efficacia della nomina permettendole di divenire operativa (cfr. Cass. n. 6928/2001). È indubbio inoltre che, mentre la delibera di nomina, in quanto espressione della volontà assembleare, è sicuramente atto della società, non altrettanto può dirsi per la dichiarazione di accettazione, resa da chi non è amministratore, che, per tal via, rassicura i terzi circa il fatto che la volontà sociale di nominarlo si è incontrata con quella propria di accettare. Ne consegue che la dichiarazione di accettazione resta valida indipendentemente da una preventiva esplicitazione in sede assembleare da parte del nominato (pure ammessa in dottrina).
/ Maurizio MEOLI
In ordine a quest’ultimo punto, il giudice designato, dopo aver ricordato come l’art. 2352 ultimo comma c.c. attribuisca sia al socio che al creditore pignoratizio i diritti amministrativi diversi da quelli ivi previsti, sottolinea come, per quanto la dottrina non sia univoca sull’applicabilità della disposizione in questione al diritto di impugnare le delibere assembleari “annullabili”, non sembri al contempo dubitare che essa competa ad entrambe le parti in caso di azione di “nullità”. Sussiste, quindi, la legittimazione dei ricorrenti, dal momento che essi avevano alternativamente chiesto l’annullamento e/o la nullità della delibera.
Quanto invece alla sussistenza del fumus boni iuris, ai fini della sospensione della delibera, si evidenzia come l’art. 2476 comma 3 c.c., nel riconoscere a ciascun socio il diritto di chiedere che sia adottato, in caso di gravi irregolarità, il provvedimento cautelare di revoca degli amministratori, contrariamente a quanto sostenuto in passato dal medesimo Tribunale (cfr. Trib. Napoli 20 ottobre 2005), non possa ritenersi sostitutivo della potestà di revoca della collettività dei soci (nonostante l’assenza di una disposizione analoga all’art. 2383 comma 3 c.c. in materia di spa). Il sistema societario, infatti, conosce almeno altre due ipotesi in cui coesistono revoca giudiziale e revoca assembleare: nelle società di persone la revoca giudiziale ex art. 2259 comma 3 c.c. coesiste con la facoltà di revoca da parte della collettività dei soci ai sensi dell’art. 2259 commi 1 e 2 c.c.; la revocabilità giudiziale dei liquidatori di società di capitali coesiste, ex art. 2487 comma 4 c.c., con la revocabilità da parte dell’assemblea. E, quindi, gli amministratori nominati con decisione dei soci possono dagli stessi essere revocati con le medesime modalità e maggioranze; ciò non tanto in forza del principio di libera revocabilità contenuto nell’art. 2383 comma 3 c.c., ma, soprattutto, in applicazione delle norme sul mandato, a cui il rapporto di amministrazione può, per certi versi, essere ricondotto (cfr. in particolare l’art. 1725 comma 2 c.c., che, per la revoca del mandato a tempo indeterminato, obbliga il mandante al risarcimento dei danni solo in assenza di congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa).
In ordine all’irregolare convocazione dell’assemblea, il cui avviso (inviato tramite raccomandata) era pervenuto al socio/amministratore 5 giorni prima dell’adunanza, il giudice napoletano evidenzia come l’art. 2479-bis comma 1 c.c. disponga che la raccomandata debba essere “spedita” almeno otto giorni prima dell’adunanza e non anche che essa debba essere “ricevuta” otto giorni prima. Considerando che il tempo normalmente occorrente per il recapito di una raccomandata non dovrebbe superare i due/tre giorni, è reputato ampiamente sufficiente il termine minimo di ricevimento di cinque giorni (8-3=5) prima della riunione per consentire al socio la materiale partecipazione e una diligente attività di documentazione e preparazione per la partecipazione al dibattito (cfr. Trib. Mantova 14 febbraio 2005).
Relativamente all’ultimo rilievo (mancata indicazione della preventiva accettazione da parte del nuovo amministratore), si sottolinea come, essendo l’atto unilaterale di nomina in potere esclusivo dell’assemblea, per la valida instaurazione del rapporto organico di amministrazione tra società e amministratore neo-nominato non sia sufficiente la sola deliberazione di nomina, ma occorra anche la relativa accettazione, quale ulteriore atto unilaterale.
L’accettazione è, dunque, un atto negoziale non formale che perfeziona l’efficacia della nomina permettendole di divenire operativa (cfr. Cass. n. 6928/2001). È indubbio inoltre che, mentre la delibera di nomina, in quanto espressione della volontà assembleare, è sicuramente atto della società, non altrettanto può dirsi per la dichiarazione di accettazione, resa da chi non è amministratore, che, per tal via, rassicura i terzi circa il fatto che la volontà sociale di nominarlo si è incontrata con quella propria di accettare. Ne consegue che la dichiarazione di accettazione resta valida indipendentemente da una preventiva esplicitazione in sede assembleare da parte del nominato (pure ammessa in dottrina).
/ Maurizio MEOLI
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