reddito d'impresa
Cessione della licenza taxi senza plusvalenza
La «cessione d’azienda» che avviene tra padre e figlio si presume gratuita
La cessione da padre a figlio della licenza del servizio taxi si presume a titolo gratuito, non generando quindi alcuna plusvalenza imponibile.
Ciò è quanto affermato dalla C.T. Reg. Roma, con la sentenza 2 febbraio 2011 n. 24/6/11, la quale ha annullato l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio delle Entrate per il recupero a tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione della licenza.
Nel caso di specie, un tassista ha trasferito al proprio figlio la licenza amministrativa per l’esercizio del servizio di taxi all’interno del Comune, avvalendosi di una norma del regolamento comunale che consentiva il trasferimento per atto tra vivi della licenza medesima, qualora sia stato effettuato “su richiesta dell’interessato a persona da quest’ultimo designata”.
I giudici di primo grado, qualificando l’operazione come un trasferimento a titolo gratuito dell’azienda, hanno affermato l’irrilevanza ai fini fiscali del trasferimento d’azienda.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la cessione d’azienda, essendo a titolo gratuito, richiedeva la forma scritta ad substatiam; in assenza di tale forma, la cessione deve considerarsi, secondo l’Agenzia, a titolo oneroso, con il conseguente assoggettamento ad imposizione diretta.
Secondo il contribuente, invece, si è in presenza di un mero trasferimento di azienda per atto gratuito, e come tale escluso da imposizione.
La norma di riferimento, nel caso in esame, è l’art. 58, comma 1 del TUIR, il quale disciplina il trasferimento gratuito per causa di morte o per atto gratuito, stabilendo che lo stesso non costituisce realizzo di plusvalenze, a condizione che l’azienda sia assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.
Come chiarito dalle ris. Agenzia delle Entrate 18 luglio 2002 n. 237 e 23 novembre 2007 n. 341, il trasferimento d’azienda mortis causa o per atto gratuito rappresenta una fattispecie di trasferimento in regime di neutralità fiscale, realizzato da parte dell’imprenditore individuale a favore di soggetti terzi persone fisiche, indipendentemente dal grado di parentela che intercorre con il beneficiario del trasferimento dell’azienda o del ramo d’azienda.
Con riferimento ai profili strettamente fiscali, in linea generale, la cessione d’azienda implica la realizzazione di una plusvalenza da assoggettare a imposizione; nella fattispecie in esame, tuttavia, il trasferimento dell’azienda è avvenuto tra padre e figlio. Ad avviso della C.T. Reg. Roma, il rapporto di parentela tra padre e figlio costituisce una presunzione di gratuità dell’atto; la sentenza afferma che “è presumibile, infatti, che il trasferimento tra due soggetti legati da un così stretto vincolo di parentela sia avvenuto senza corrispettivo”.
Si ricorda, altresì, che il principio in base al quale la cessione d’azienda all’interno del medesimo nucleo familiare deve presumersi gratuita è stato affermato in passato anche dalla Corte di Cassazione (cfr. sentenza 6837/2001).
Nella fattispecie in esame, viene quindi confermata la sentenza pronunciata dalla prima Commissione tributaria, respingendo l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio recuperava a tassazione la plusvalenza derivante dalla cessione della licenza.
Ciò è quanto affermato dalla C.T. Reg. Roma, con la sentenza 2 febbraio 2011 n. 24/6/11, la quale ha annullato l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio delle Entrate per il recupero a tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione della licenza.
Nel caso di specie, un tassista ha trasferito al proprio figlio la licenza amministrativa per l’esercizio del servizio di taxi all’interno del Comune, avvalendosi di una norma del regolamento comunale che consentiva il trasferimento per atto tra vivi della licenza medesima, qualora sia stato effettuato “su richiesta dell’interessato a persona da quest’ultimo designata”.
I giudici di primo grado, qualificando l’operazione come un trasferimento a titolo gratuito dell’azienda, hanno affermato l’irrilevanza ai fini fiscali del trasferimento d’azienda.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la cessione d’azienda, essendo a titolo gratuito, richiedeva la forma scritta ad substatiam; in assenza di tale forma, la cessione deve considerarsi, secondo l’Agenzia, a titolo oneroso, con il conseguente assoggettamento ad imposizione diretta.
Secondo il contribuente, invece, si è in presenza di un mero trasferimento di azienda per atto gratuito, e come tale escluso da imposizione.
La norma di riferimento, nel caso in esame, è l’art. 58, comma 1 del TUIR, il quale disciplina il trasferimento gratuito per causa di morte o per atto gratuito, stabilendo che lo stesso non costituisce realizzo di plusvalenze, a condizione che l’azienda sia assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa.
Come chiarito dalle ris. Agenzia delle Entrate 18 luglio 2002 n. 237 e 23 novembre 2007 n. 341, il trasferimento d’azienda mortis causa o per atto gratuito rappresenta una fattispecie di trasferimento in regime di neutralità fiscale, realizzato da parte dell’imprenditore individuale a favore di soggetti terzi persone fisiche, indipendentemente dal grado di parentela che intercorre con il beneficiario del trasferimento dell’azienda o del ramo d’azienda.
Grado di parentela come presunzione di gratuità
Secondo la Commissione tributaria regionale, il trasferimento di licenza del servizio taxi configura una cessione di azienda che non richiede la forma scritta ad substantiam, essendo avvenuta nel rispetto delle condizioni richieste dal regolamento comunale.Con riferimento ai profili strettamente fiscali, in linea generale, la cessione d’azienda implica la realizzazione di una plusvalenza da assoggettare a imposizione; nella fattispecie in esame, tuttavia, il trasferimento dell’azienda è avvenuto tra padre e figlio. Ad avviso della C.T. Reg. Roma, il rapporto di parentela tra padre e figlio costituisce una presunzione di gratuità dell’atto; la sentenza afferma che “è presumibile, infatti, che il trasferimento tra due soggetti legati da un così stretto vincolo di parentela sia avvenuto senza corrispettivo”.
Si ricorda, altresì, che il principio in base al quale la cessione d’azienda all’interno del medesimo nucleo familiare deve presumersi gratuita è stato affermato in passato anche dalla Corte di Cassazione (cfr. sentenza 6837/2001).
Nella fattispecie in esame, viene quindi confermata la sentenza pronunciata dalla prima Commissione tributaria, respingendo l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio recuperava a tassazione la plusvalenza derivante dalla cessione della licenza.
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