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lunedì 24 ottobre 2011

Il redditometro è una presunzione semplice

Accertamento

Il redditometro è una presunzione semplice

Secondo la C.T. Prov. di Torino, i contribuenti possono dimostrare che le spese per il mantenimento dei beni sono inferiori ai decreti ministeriali
/ Giovedì 20 ottobre 2011
Nei mesi scorsi, avevamo commentato una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13289 del 2011 (si veda “La Cassazione amplia la difesa nel «redditometro»” del 18 giugno 2011), ove la Suprema Corte aveva affermato che i coefficienti ministeriali di cui al DM del 1992 che quantificano il reddito in applicazione del cosiddetto “redditometro”, non hanno valore di presunzione legale relativa, ma di presunzione semplice.
Gli effetti di tale orientamento appaiono rivoluzionari.
Se il “redditometro” è una presunzione legale relativa, il contribuente, come peraltro affermato molte volte dalla Cassazione (si veda “Le tabelle ACI non invalidano il redditometro” del 3 marzo 2011), non può impugnare il coefficiente ministeriale oggettivamente considerato, in altri termini non può dire all’Agenzia delle Entrate: “Per il mantenimento dell’auto, non spendo circa 30.000 euro, visto che mi limito a fare benzina due volte al mese, a fare il tagliando e a pochi interventi di manutenzione ordinaria”, nemmeno se ciò fosse documentato, proprio perché la presunzione è legale.
Dato per buono il reddito così come determinato dai decreti (che, come nel caso delle auto, è talvolta eccessivo e del tutto sproporzionato rispetto alle spese che una comune persona sostiene per il suo mantenimento), il contribuente può solo dimostrare che il reddito in tal modo quantificato trova “copertura” con redditi esenti, o comunque, con mezzi di sostenimento irrilevanti ai fini fiscali (ad esempio, documentate donazioni dei genitori).
La cosa cambia totalmente se si opta per la tesi della presunzione semplice, tesi che, sino alla sentenza 13289, era assolutamente minoritaria.
In merito a tale problematica, la C.T. Prov. di Torino, sezione II, sentenza n. 136 del 1° luglio 2011, si è espressa nel senso del carattere di presunzione semplice dei decreti ministeriali, con un ragionamento lineare e ben esposto.
Come premessa iniziale, si afferma che è ragionevole e condivisibile la ratio sottesa agli accertamenti sintetici, secondo cui la proprietà/possesso/disponibilità di determinati beni  può costituire un indice di reddito, posto che “detti beni hanno sicuramente un costo tanto di acquisizione, quanto di mantenimento, costi che devono, prima, «entrare» nel reddito del soggetto per poter, poi, «uscire» per l’acquisizione o il mantenimento dei beni stessi”.
Principio consono alla capacità contributiva
La presunzione di cui sopra pare venga definita, in un certo senso, “semplice ma comunque legale”, nel senso che il contribuente non può contestare il metodo di calcolo dei decreti ministeriali, ovvero la formula matematica “scelta” dal Ministero.
Tanto premesso, la natura di certo semplice della presunzione consente di dimostrare che, “nello specifico caso, le spese di mantenimento di quel bene per quell’annualità siano state inferiori a quelle legislativamente presunte e che, quindi, in quell’anno il mantenimento del bene abbia inciso sul reddito del contribuente in modo inferiore a quello preventivato dal legislatore”.
Se così non fosse, la norma sarebbe incostituzionale, posto che si trasformerebbe l’imposta sul reddito in una patrimoniale, slegata dal concetto di capacità contributiva, “ma legata unicamente alla semplice proprietà/possesso di determinati beni, piuttosto che di altri”.
A nostro avviso, le considerazioni effettuate valgono sia per il “vecchio” redditometro che per il “nuovo”, che verrà presentato alle associazioni professionali la prossima settimana (si veda “Redditometro, martedì prossimo la presentazione” del 19 ottobre 2011).
Alfio CISSELLO

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