Contenzioso
Chiusura delle liti: attenzione al valore della causa
La quantificazione del valore può essere poco agevole, hanno rilievo sia gli sgravi che i «giudicati interni»
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/ Lunedì 03 ottobre 2011
Il valore della lite, che nel 2002 era strumentale solo alla quantificazione delle somme da versare, è ora importante anche per verificare la possibilità di accedere al condono: quindi, se nel 2002 l’errore sul valore della lite poteva, eventualmente, essere “corretto” in virtù del c.d. “errore scusabile”, oggi non è così: infatti, se si sbaglia nel calcolo del valore, può accadere che l’Ufficio opponga, a settembre del 2012, il diniego al condono, il che potrebbe dare luogo all’ormai noto “contenzioso sul condono”.
Prima di tutto, il contribuente deve prendere come riferimento la maggiore imposta richiesta nell’atto da impugnare contestata nel ricorso introduttivo, escludendo sia gli interessi sia le sanzioni collegate al tributo (per le complicazioni relative alla presenza, nell’atto, di sanzioni non collegate al tributo, si veda “Valore della lite complicato dal cumulo giuridico delle sanzioni” di oggi).
Allora, la prima considerazione è la seguente: se l’accertamento chiede 25.000 euro di imposte, ma il contribuente lo impugna per 19.000, il condono opera (può essere l’ipotesi degli accertamenti analitici, ove il difensore abbia ritenuto di impugnare solo alcuni recuperi a tassazione). Si veda sul punto la circ. 12/2003 § 11.4.
Inoltre:
- se nello stesso atto l’Ufficio ha contestato più tributi, il valore della lite è dato dalla somma di questi (circ. 12/2003 § 11.4);
- se l’Ufficio ha notificato più atti impugnati con un unico ricorso, il valore non deve essere dato dalla somma dei tre atti, in quanto questi, nonostante l’unicità del ricorso, mantengono la loro autonomia (circ. 12/2003 § 11.3.7);
- se l’Ufficio ha notificato più atti e il contribuente ha notificato un ricorso per ciascun atto, il valore deve essere parametrato in merito a ciascun ricorso nonostante la Commissione abbia poi riunito i giudizi (circ. 12/2003 § 11.4);
- negli accertamenti su perdite fiscali, ove sia scaturita una minor perdita, occorre procedere a calcolare la c.d. “imposta virtuale” (circ. 12/2003 § 11.4.1).
La base è l’imposta contestata nel ricorso
Nonostante l’art. 16 della L. 289/2002, al comma 3 lett. c) parli espressamente di “importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado”, si ritiene, come del resto avvenuto nel 2002, che il valore debba essere sempre parametrato alla parte di atto sub iudice: quindi, hanno rilievo sia gli annullamenti parziali e gli sgravi dell’Ufficio intervenuti in corso di causa sia i “giudicati interni” (Cass. 11560/2006), sempre che siano avvenuti entro lo scorso 1° maggio (sugli sgravi/annullamenti d’ufficio, tuttavia, potrebbe esserci spazio per l’interpretazione contraria).Si pensi ad una spa che, nel 2008, ha ricevuto un accertamento con cui è stata richiesta una maggiore IRES di 100.000 euro, che abbia proposto ricorso con sentenza che ha ridotto l’imposta dovuta a 18.000 euro. Ipotizzando che la società abbia proposto appello principale chiedendo anche l’annullamento dei restanti 18.000 euro, e che l’Ufficio non abbia proposto appello incidentale, si ritiene la causa definibile, ove il “giudicato interno” si sia formato prima del 1° maggio (tale momento dovrebbe coincidere con lo spirare dei sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale, termine ultimo per la presentazione dell’appello incidentale).
Se l’appello incidentale fosse stato proposto, la causa, ai fini della sanatoria, rimarrebbe del valore di 100.000 euro, quindi non sarebbe definibile.
La questione si complicherebbe se si trattasse di determinare il valore della lite in sede di giudizio di rinvio, siccome occorrerebbe considerare tutti i “giudicati interni” pregressi.
Alfio CISSELLO
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