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Ricorsi Tributari

lunedì 28 maggio 2012

Riscossione Va disapplicato il condono per gli omessi versamenti IVA

Riscossione

Va disapplicato il condono per gli omessi versamenti IVA

L’art. 9-bis della L. 289/2002 contrasta con il diritto comunitario, in quanto comporta una rinuncia alla riscossione del tributo
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/ Venerdì 25 maggio 2012
Mediante la sentenza 8110 depositata in data 23 maggio, la Suprema Corte è tornata ad occuparsi dei condoni IVA, nello specifico della loro compatibilità con l’ordinamento comunitario.
Il caso in oggetto riguardava l’art. 9-bis della L. 289/2002, ovvero la definizione degli omessi versamenti, più precisamente il diniego di condono opposto dall’Ufficio. Il ricorso avverso quest’ultimo atto è stato rigettato, proprio in ragione del fatto che le sanatorie della L. 289/2002, se relative all’IVA, devono essere disapplicate.
Tutto, come oramai noto, trae origine dalla sentenza Corte di Giustizia UE 17 luglio 2008 causa C-132/06, resa a seguito di procedura di infrazione, che aveva sancito che gli artt. 8 e 9 della L. 289/2002 contrastano con gli artt. 2 e 22 della VI direttiva comunitaria in materia di IVA, nonché con l’art. 10 del Trattato della Comunità europea.
Secondo la Corte, inoltre, le norme citate hanno superato i confini del margine di discrezionalità amministrativa concesso agli Stati membri dal legislatore comunitario, in quanto, con la L. 289/2002, il legislatore italiano ha offerto ad ogni soggetto passivo IVA la possibilità di escludere, relativamente ad una serie di periodi d’imposta, l’eventualità di un qualsiasi controllo fiscale.
Ciò ha però una valenza generale: non a caso, nella sentenza in commento, i giudici rammentano che l’art. 9-bis, “consentendo di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento del tributo, comporta una rinuncia definitiva alle sanzioni che, per il loro carattere dissuasivo, oltre che repressivo, incidono sul corretto adempimento dell’obbligo di pagamento del tributo principale”.
Inoltre, la Corte di Cassazione afferma espressamente che la disapplicazione di una norma interna per contrasto con il diritto comunitario ben può avvenire d’ufficio, senza quindi necessità che la questione sia stata eccepita nei motivi di ricorso.
Principio con valenza generale
Occorre peraltro rammentare che se, nel caso in oggetto, la disapplicazione ha avuto un effetto negativo nella sfera giuridica del contribuente (in quanto ha comportato il rigetto del ricorso introduttivo contro il diniego di condono), non sempre è così.
Infatti, è possibile sostenere che, da un lato, non sono irrogabili le sanzioni amministrative in caso di omesso/tardivo versamento delle rate da condono, dall’altro, che è nulla la cartella di pagamento emessa al fine di riscuotere le somme derivanti dalle dichiarazioni da condono non versate (per quest’ultima ipotesi, C.T. Reg. Torino 16 novembre 2010 n. 78).
Per contro, senza motivazioni soddisfacenti, la Corte ha di recente affermato che la disapplicazione delle sanatorie del 2002 non può riguardare l’art. 10, che aveva contemplato la proroga biennale dei termini di decadenza dal potere di accertamento per i contribuenti che avevano scelto di non aderire ai condoni (si veda “Proroga biennale da mancato condono ad ampio raggio per l’IVA” del 19 maggio 2012).
  Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE

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