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venerdì 4 maggio 2012

ilcasodelgiorno

Leasing tedesco alla prova del «super bollo»

Sempre più frequente l’offerta in leasing o noleggio a lungo termine da parte di società tedesche per risparmiare super bollo e IPT
/ Venerdì 04 maggio 2012
Nei giorni scorsi se n’è occupato anche un servizio de “Le Iene”: intorno al leasing “tedesco” di auto di lusso si sta concentrando l’attenzione non solo degli operatori, ma anche della pubblica opinione per via di una legittimità che viene percepita quantomeno dubbia anche dai non addetti ai lavori.
Lo schema è ormai noto: società di diritto tedesco offrono a soggetti residenti in Italia (privati o imprese) soluzioni di leasing oppure di noleggio a lungo termine per autovetture di lusso.
In genere, l’auto viene ceduta dal concessionario italiano alla società tedesca, che provvede all’immatricolazione e la restituisce al cliente italiano. Il veicolo circolerà, pertanto, con targa tedesca.
In via di prima approssimazione, tale schema contrattuale consente di risparmiare sull’IPT che è passata da fissa a proporzionale, sul super bollo e sui costi di assicurazione, essendo quelli tedeschi notoriamente più bassi rispetto a quelli italiani.
Se poi il committente non è un soggetto passivo IVA (quindi è un privato), occorre anche considerare che, per le prestazioni rese a privati consumatori, si ha la tassazione nel Paese del prestatore, vale a dire la Germania, con l’applicazione dell’aliquota IVA tedesca del 19% anziché del 21%.
Tale disciplina dovrebbe avere però rilevanza transitoria, posto che dal 2013 l’art. 3 della DLgs. 18/2010 prevede che le prestazioni di locazione, leasing e noleggio a lungo termine di mezzi di trasporto rese a un consumatore privato residente in Italia saranno territorialmente rilevanti in Italia se la prestazione è utilizzata nella Ue.
Quindi, dal 2013, l’IVA dovrebbe tornare al 21% o, verosimilmente, al 23%.
Nel caso in cui il soggetto committente sia un soggetto passivo IVA, la prestazione risulta territorialmente rilevante in Italia, per cui occorrerà integrare la fattura con l’IVA al 21%, che sarà detraibile nella percentuale ordinaria del 40% ai sensi dell’art. 19-bis1 del DPR 633/72.
Trattandosi di prestazione di servizi “generica”, il soggetto passivo deve compilare e presentare il modello Intrastat mensile o trimestrale, a seconda dell’ammontare delle prestazioni realizzate nei 4 trimestri precedenti.
Con riferimento alle imposte dirette, invece, si applicano le disposizioni di cui all’art. 164 del TUIR senza sostanziali differenze rispetto al noleggio/leasing da prestatore italiano.
Parlando, quindi, di professionisti e imprese, il principale risparmio fiscale risiede nel mancato versamento del super bollo e dell’IPT.
Meno plausibile appare invece la considerazione che, con il leasing “tedesco”, si sfuggirebbe ai controlli da redditometro, posto che l’Amministrazione finanziaria nelle verifiche stradali ben può intercettare i contribuenti italiani che dispongono delle auto di lusso, applicando agli stessi l’accertamento sintetico che è fondato comunque sulla disponibilità di determinati beni.
In definitiva, resta da chiedersi se lo schema contrattuale descritto possa essere in qualche modo disconosciuto dall’Amministrazione finanziaria in base al principio dell’abuso del diritto, posto che appare difficile ravvisare una causa economica del contratto diversa da quella del risparmio dei tributi erariali e non.
Occorre, peraltro, notare come la tassa in questione sia direttamente collegata al pubblico registro automobilistico (PRA), nel senso che il tributo è dovuto solo da coloro che risultano essere proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, dal pubblico registro automobilistico, per i veicoli in esso iscritti.
Da segnalare che in altre legislazioni europee l’imposta di immatricolazione può essere richiesta anche nello Stato in cui il veicolo viene di fatto utilizzato, a prescindere dal fatto che è stato immatricolato in un altro Stato membro (si veda la recente sentenza della Corte di Giustizia da C-578/10 a C-580/10 del 26 aprile 2012). Tale soluzione, peraltro, risulta legittima sul piano comunitario.
Da ultimo una considerazione sulle norme codice della strada.
Dovrebbe essere la considerazione dirimente a sfavore del leasing comunitario, se non fosse che il principio enunciato dal codice risulta di difficile applicazione pratica. Ai sensi dell’art. 132 del DLgs. 285/1992, infatti, gli autoveicoli immatricolati in uno Stato estero sono ammessi a circolare in Italia per la durata massima di un anno, in base al certificato di immatricolazione dello Stato di origine.
Chi non rispetta tale norma non può accedere con il veicolo sul territorio nazionale ed è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 78 a 311 euro.
Esiguità della sanzione a parte, è tutta da dimostrare la circostanza che il veicolo abbia circolato per più di un anno in Italia, soprattutto in quelle aree del Nord Italia dove il leasing tedesco riscuote tanto interesse.

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