Accertamento
Responsabilità del liquidatore «limitata» con la cancellazione dal Registro imprese
L’art. 36 del DPR 602/73 è una responsabilità propria del liquidatore, di natura civilistica
/ Lunedì 14 maggio 2012
La sentenza 7327/2012 depositata il 12 maggio fa il punto della situazione in merito alla responsabilità del liquidatore di società in caso di avvenuta cancellazione della società stessa dal Registro delle imprese.
Per prima cosa, confermando il precedente orientamento (in ambito fiscale, si veda “Senza effetto la cartella di pagamento notificata alla società estinta” del 4 novembre 2011), la Cassazione ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione passiva, il ricorso per Cassazione notificato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società ormai cancellata dal Registro delle imprese: infatti, si tratta di un atto processuale notificato nei confronti di un soggetto che non esiste più.
Il liquidatore può sì essere ritenuto responsabile per il mancato pagamento dei debiti fiscali, ma ciò non può di certo avvenire ipotizzando una sorta di successione nel debito della società a danno del liquidatore, per varie ragioni.
La responsabilità del liquidatore è dettata dall’art. 36 del DPR 602/73, norma ad hoc per i liquidatori, gli ex soci e gli amministratori che, al ricorrere delle tassative condizioni richieste dalla disposizione, possono essere chiamati dal Fisco per rispondere delle obbligazioni sociali.
Si tratta di un’azione di responsabilità che trae origine da una norma fiscale ma che ha natura civilistica, tanto è vero che può essere esercitata, precisa la Cassazione, non entro gli ordinari termini decadenziali ma entro il termine di prescrizione decennale, mediante apposito atto che, ai sensi dell’art. 36 del DPR 602/73, deve essere impugnato in Commissione tributaria.
Detta responsabilità, però, è circoscritta ai debiti IRES, quindi non vale per i liquidatori di società di persone e per quelli di società di capitali ad esempio per IVA e IRAP.
Nella sentenza si richiamano le condizioni di operatività della responsabilità: il liquidatore deve aver omesso di accantonare le somme utili per pagare i debiti fiscali, privilegiando il pagamento di debiti che, secondo la gradazione del codice civile (gradazione che, come noto, si applica nella fase espropriativa e non nella liquidazione), non dovevano essere preferiti al Fisco, oppure se hanno indebitamento assegnato beni ai soci. E’ inoltre una responsabilità oggettiva, che sussiste, pertanto, sebbene non vi sia nè dolo nè colpa.
Richiamando alcuni precedenti, si precisa che, perchè sussista la responsabilità, è necessario almeno che i ruoli relativi alle imposte accertate in capo alla società siamo posti in riscossione anche provvisoria, e che vi sia stata la certezza circa il mancato pagamento del debito erariale.
Quest’ultimo punto necessita di alcune precisazioni: significa che, al termine della fase di liquidazione, i ruoli devono già essere stati formati? Oppure dopo la liquidazione il Fisco può accertare annualità ante liquidazione e, ricorrendo i presupposti dell’art. 36, azionare la menzionata responsabilità provvedendo alla formazione dei ruoli?
Ad ogni modo, è ora chiaro che, una volta disposta la cancellazione della società, se il processo era pendente, deve essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere, visto che è una situazione simile al decesso di una persona fisica senza eredi.
Poi, se sussistono i presupposti dell’art. 36, il Fisco si può rivolgere, nel solo caso dei debiti IRES, nei confronti di soci, liquidatori e amministratori.
La Cassazione, in sostanza, afferma che, dal punto di vista dogmatico, nulla muta, in punto procedura, se non sussistono i presupposti dell’art. 36: in tal caso, ai sensi dell’art. 2495 c.c., gli ex soci sono responsabili solo se c’è stata la distribuzione dell’attivo, nel limite di quanto hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, e, nel caso dei liquidatori, se il mancato pagamento è dovuto a loro colpa.
In tal caso, nonostante ciò non sia stato considerato, occorre la notifica di apposito atto di accertamento entro i consueti termini decadenziali con riscossione frazionata, con una motivazione, però, “rinforzata”, siccome occorre la dimostrazione o della colpa del liquidatore o del quantum ricevuto dagli ex soci sulla base del bilancio finale di liquidazione.
Concludendo, il seguente passo della sentenza in commento è quindi molto importante: “Il fisco, il quale voglia agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo, e cioè che, in concreto, vi sia stata la distribuzione dell’attivo e che una quota di tale attivo sia stata riscossa (C. 19732/2005), ovvero che vi siano state le assegnazioni sanzionate dalla norma fiscale”.
Per prima cosa, confermando il precedente orientamento (in ambito fiscale, si veda “Senza effetto la cartella di pagamento notificata alla società estinta” del 4 novembre 2011), la Cassazione ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione passiva, il ricorso per Cassazione notificato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società ormai cancellata dal Registro delle imprese: infatti, si tratta di un atto processuale notificato nei confronti di un soggetto che non esiste più.
Il liquidatore può sì essere ritenuto responsabile per il mancato pagamento dei debiti fiscali, ma ciò non può di certo avvenire ipotizzando una sorta di successione nel debito della società a danno del liquidatore, per varie ragioni.
La responsabilità del liquidatore è dettata dall’art. 36 del DPR 602/73, norma ad hoc per i liquidatori, gli ex soci e gli amministratori che, al ricorrere delle tassative condizioni richieste dalla disposizione, possono essere chiamati dal Fisco per rispondere delle obbligazioni sociali.
Si tratta di un’azione di responsabilità che trae origine da una norma fiscale ma che ha natura civilistica, tanto è vero che può essere esercitata, precisa la Cassazione, non entro gli ordinari termini decadenziali ma entro il termine di prescrizione decennale, mediante apposito atto che, ai sensi dell’art. 36 del DPR 602/73, deve essere impugnato in Commissione tributaria.
Detta responsabilità, però, è circoscritta ai debiti IRES, quindi non vale per i liquidatori di società di persone e per quelli di società di capitali ad esempio per IVA e IRAP.
Nella sentenza si richiamano le condizioni di operatività della responsabilità: il liquidatore deve aver omesso di accantonare le somme utili per pagare i debiti fiscali, privilegiando il pagamento di debiti che, secondo la gradazione del codice civile (gradazione che, come noto, si applica nella fase espropriativa e non nella liquidazione), non dovevano essere preferiti al Fisco, oppure se hanno indebitamento assegnato beni ai soci. E’ inoltre una responsabilità oggettiva, che sussiste, pertanto, sebbene non vi sia nè dolo nè colpa.
Richiamando alcuni precedenti, si precisa che, perchè sussista la responsabilità, è necessario almeno che i ruoli relativi alle imposte accertate in capo alla società siamo posti in riscossione anche provvisoria, e che vi sia stata la certezza circa il mancato pagamento del debito erariale.
Quest’ultimo punto necessita di alcune precisazioni: significa che, al termine della fase di liquidazione, i ruoli devono già essere stati formati? Oppure dopo la liquidazione il Fisco può accertare annualità ante liquidazione e, ricorrendo i presupposti dell’art. 36, azionare la menzionata responsabilità provvedendo alla formazione dei ruoli?
Nessuna successione nel debito tra società e soci/liquidatori
Inoltre, le somme richieste nell’atto ex art. 36 beneficiano della riscossione frazionata?Ad ogni modo, è ora chiaro che, una volta disposta la cancellazione della società, se il processo era pendente, deve essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere, visto che è una situazione simile al decesso di una persona fisica senza eredi.
Poi, se sussistono i presupposti dell’art. 36, il Fisco si può rivolgere, nel solo caso dei debiti IRES, nei confronti di soci, liquidatori e amministratori.
La Cassazione, in sostanza, afferma che, dal punto di vista dogmatico, nulla muta, in punto procedura, se non sussistono i presupposti dell’art. 36: in tal caso, ai sensi dell’art. 2495 c.c., gli ex soci sono responsabili solo se c’è stata la distribuzione dell’attivo, nel limite di quanto hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, e, nel caso dei liquidatori, se il mancato pagamento è dovuto a loro colpa.
In tal caso, nonostante ciò non sia stato considerato, occorre la notifica di apposito atto di accertamento entro i consueti termini decadenziali con riscossione frazionata, con una motivazione, però, “rinforzata”, siccome occorre la dimostrazione o della colpa del liquidatore o del quantum ricevuto dagli ex soci sulla base del bilancio finale di liquidazione.
Concludendo, il seguente passo della sentenza in commento è quindi molto importante: “Il fisco, il quale voglia agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo, e cioè che, in concreto, vi sia stata la distribuzione dell’attivo e che una quota di tale attivo sia stata riscossa (C. 19732/2005), ovvero che vi siano state le assegnazioni sanzionate dalla norma fiscale”.
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