agevolazioni
ACE per i soggetti IRPEF con regole specifiche
Il decreto attuativo del DL 201/2011 del 14 marzo scorso ha introdotto alcune disposizioni che disciplinano l’agevolazione per tali soggetti
/ Giovedì 03 maggio 2012
L’art. 1 del DL 201/2011 ha introdotto, come noto, un’agevolazione fiscale, denominata ACE (Aiuto alla Crescita Economica), che intende premiare le imprese che procedono ad operazioni di ricapitalizzazione o reinvestono gli utili prodotti nel corso degli esercizi. L’agevolazione, introdotta quale norma a regime, si applica già a decorrere dal periodo d’imposta 2011 (con conseguente impatto nel modello Unico 2012), non solo ai soggetti IRES, ma anche alle imprese individuali e collettive soggette ad IRPEF, purchè adottino, per obbligo o per opzione, il regime di contabilità ordinaria. La richiesta di tale ultima condizione trova il suo fondamento nella necessaria esistenza del patrimonio netto contabile, quale variabile per verificare l’esistenza di incrementi patrimoniali agevolabili.
L’art. 1 del citato DL 201/2011, tuttavia, non conteneva particolari regole applicative per i soggetti IRPEF, demandando il compito al decreto attuativo (previsto dal comma 8 dello stesso art. 1 del DL 201), emanato solamente il 14 marzo scorso da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
L’art. 8 di tale decreto si occupa di disciplinare il funzionamento dell’agevolazione per i soggetti IRPEF e contiene regole del tutto peculiari rispetto a quelle applicabili alle società soggette ad IRES. In primo luogo, per le imprese IRPEF (individuali e collettive), la base di calcolo dell’agevolazione non è costituita dagli incrementi patrimoniali avvenuti nel corso di ciascun esercizio rispetto al patrimonio netto iniziale al 31 dicembre 2010, bensì il rendimento nozionale del 3% si applica al patrimonio netto esistente alla chiusura di ciascun esercizio (per l’anno 2011 quello esistente al 31 dicembre 2011), al netto di eventuali crediti per prelievi utili operati dai soci o dal titolare nel corso dell’esercizio. Il risultato che deriva dal predetto calcolo (3% del patrimonio netto contabile “depurato” dai crediti per anticipi di utili) costituisce l’importo agevolabile, deducibile dal reddito d’impresa della società o dell’impresa individuale (per il conteggio dell’agevolazione, è necessario compilare l’apposito prospetto inserito nel quadro RS del modello Unico SP e PF, rispettivamente RS45 e RS37).
Per quanto riguarda le società di persone, non si pongono particolari questioni critiche, atteso che l’importo agevolabile determina un minor reddito d’impresa attribuito ai soci per trasparenza (ai fini IRAP, infatti, l’agevolazione non rileva), così come l’eventuale eccedenza ACE, rispetto al reddito della società stessa, è imputato anch’esso ai soci in proporzione alle quote di partecipazione alla società (la medesima regola, tra l’altro, si applica anche per le società a responsabilità limitata che hanno optato per la trasparenza ex art. 116 del TUIR). Tale eccedenza, tuttavia, rischia di essere persa in capo al socio, in quanto lo stesso può utilizzarla solo ad abbattimento di un reddito d’impresa, sia collettivo (partecipazione in altra società), sia individuale. Non dovrebbe rilevare, al tal fine, l’eventuale regime contabile semplificato adottato in relazione all’attività d’impresa diversa da quella che ha generato l’agevolazione ACE, atteso che tale requisito è richiesto solamente in capo a quest’ultimo soggetto.
Per le imprese individuali, invece, il decreto del 14 marzo precisa che l’eventuale eccedenza ACE rispetto al reddito d’impresa (al netto delle perdite) può essere riportato nei successivi esercizi ad abbattimento del reddito d’impresa di tali futuri periodi, il che starebbe a significare che tale eccedenza è spendibile per abbattere altri redditi d’impresa dell’imprenditore individuale (si pensi, ad esempio, ad un reddito derivante dalla partecipazione in una società di persone), ma non anche per decurtare eventuali altri redditi non d’impresa (ad esempio, dividendi, redditi di lavoro e così via).
L’art. 1 del citato DL 201/2011, tuttavia, non conteneva particolari regole applicative per i soggetti IRPEF, demandando il compito al decreto attuativo (previsto dal comma 8 dello stesso art. 1 del DL 201), emanato solamente il 14 marzo scorso da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Cambia la base di calcolo
L’art. 8 di tale decreto si occupa di disciplinare il funzionamento dell’agevolazione per i soggetti IRPEF e contiene regole del tutto peculiari rispetto a quelle applicabili alle società soggette ad IRES. In primo luogo, per le imprese IRPEF (individuali e collettive), la base di calcolo dell’agevolazione non è costituita dagli incrementi patrimoniali avvenuti nel corso di ciascun esercizio rispetto al patrimonio netto iniziale al 31 dicembre 2010, bensì il rendimento nozionale del 3% si applica al patrimonio netto esistente alla chiusura di ciascun esercizio (per l’anno 2011 quello esistente al 31 dicembre 2011), al netto di eventuali crediti per prelievi utili operati dai soci o dal titolare nel corso dell’esercizio. Il risultato che deriva dal predetto calcolo (3% del patrimonio netto contabile “depurato” dai crediti per anticipi di utili) costituisce l’importo agevolabile, deducibile dal reddito d’impresa della società o dell’impresa individuale (per il conteggio dell’agevolazione, è necessario compilare l’apposito prospetto inserito nel quadro RS del modello Unico SP e PF, rispettivamente RS45 e RS37).
Per quanto riguarda le società di persone, non si pongono particolari questioni critiche, atteso che l’importo agevolabile determina un minor reddito d’impresa attribuito ai soci per trasparenza (ai fini IRAP, infatti, l’agevolazione non rileva), così come l’eventuale eccedenza ACE, rispetto al reddito della società stessa, è imputato anch’esso ai soci in proporzione alle quote di partecipazione alla società (la medesima regola, tra l’altro, si applica anche per le società a responsabilità limitata che hanno optato per la trasparenza ex art. 116 del TUIR). Tale eccedenza, tuttavia, rischia di essere persa in capo al socio, in quanto lo stesso può utilizzarla solo ad abbattimento di un reddito d’impresa, sia collettivo (partecipazione in altra società), sia individuale. Non dovrebbe rilevare, al tal fine, l’eventuale regime contabile semplificato adottato in relazione all’attività d’impresa diversa da quella che ha generato l’agevolazione ACE, atteso che tale requisito è richiesto solamente in capo a quest’ultimo soggetto.
Per le imprese individuali, invece, il decreto del 14 marzo precisa che l’eventuale eccedenza ACE rispetto al reddito d’impresa (al netto delle perdite) può essere riportato nei successivi esercizi ad abbattimento del reddito d’impresa di tali futuri periodi, il che starebbe a significare che tale eccedenza è spendibile per abbattere altri redditi d’impresa dell’imprenditore individuale (si pensi, ad esempio, ad un reddito derivante dalla partecipazione in una società di persone), ma non anche per decurtare eventuali altri redditi non d’impresa (ad esempio, dividendi, redditi di lavoro e così via).
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