Iva
Contribuente libero sulle modalità di recupero dell’IVA
Per la Cassazione, la mancata attivazione della procedura di variazione dell’IVA non preclude il diritto al rimborso
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7330/2012, avalla definitivamente il principio secondo cui la mancata attivazione della (speciale) procedura di variazione dell’IVA non vìola il diritto al rimborso da parte del contribuente, il quale gode dell’assoluta libertà di scelta circa l’azione da effettuare.
I giudici, aderendo a una consolidata giurisprudenza in materia, hanno ribadito il principio in forza del quale, in tema di IVA, nelle ipotesi in cui l’imposta sia stata calcolata, per ignoranza o falsa conoscenza delle disposizioni applicabili, sulla base di un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta, l’art. 26 del DPR 633/1972 deve essere interpretato nel senso che la mancata attivazione della procedura speciale di variazione dell’imposta e dell’imponibile, prevista dalla norma citata, da un lato fa venir meno il diritto a recuperare l’imposta mediante il meccanismo della detrazione ma, dall’altro, non preclude la chance di ottenere il rimborso della maggiore imposta versata (indebitamente), poiché tale procedura si configura quale strumento a disposizione del contribuente, “che potrebbe pertanto optare, del tutto legittimamente, per l’azione generale di rimborso prevista dalle norme sul contenzioso”.
Tanto premesso, secondo i Giudici, non “coglie nel segno” neppure il richiamo alla giurisprudenza comunitaria più recente operato dalla controparte (Corte di giustizia 18 giugno 2009, causa C-566/07, Stadeco). Con puntuale e argomentata ricostruzione, la Cassazione ha “sezionato” punto per punto l’incongruenza della citata giurisprudenza concludendo, anzi, che “la sentenza [...] si limita a stabilire che è, in linea di principio, incompatibile con la normativa comunitaria una legislazione nazionale [...] che subordini il diritto al rimborso dell’IVA alla suddetta condizione; non può, invece, essere intesa nel senso che il diritto comunitario imponga esso stesso tale onere”.
Riportando tale principio al caso in esame, il contribuente che, pur avendo computato le detrazioni per i mesi di competenza, abbia omesso di computarle nella dichiarazione annuale, perde il diritto a dette detrazioni, ai sensi dell’articolo 28, comma 4, del DPR 633/1972, fermo restando il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza, in applicazione dell’articolo 30, comma 2, dello stesso DPR.
Al riguardo, come altra giurisprudenza comunitaria evidenzia (sentenza 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca Antoniana popolare Veneta spa), in assenza di specifica disciplina comunitaria in tema di domande di rimborso di imposte indebitamente prelevate, “spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate” ma, come i giudici della Suprema Corte sottolineano, è in ogni caso presupposto indefettibile che i citati requisiti rispettino i principi di equivalenza ed effettività. In altri termini, è necessario che tali requisiti non siano meno favorevoli di “quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario”.
Riassumendo, quindi, la neutralità è resa effettiva dalla detrazione e, quando questa non è tecnicamente possibile, dal rimborso. “Tecnicamente” nel senso che la detrazione può essere operata se vi è un’imposta a debito: altrimenti, come indica l’art. 30, comma 1, del DPR n. 633/1972, si deve riconoscere il rimborso.
/ Vincenzo CRISTIANO
I giudici, aderendo a una consolidata giurisprudenza in materia, hanno ribadito il principio in forza del quale, in tema di IVA, nelle ipotesi in cui l’imposta sia stata calcolata, per ignoranza o falsa conoscenza delle disposizioni applicabili, sulla base di un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta, l’art. 26 del DPR 633/1972 deve essere interpretato nel senso che la mancata attivazione della procedura speciale di variazione dell’imposta e dell’imponibile, prevista dalla norma citata, da un lato fa venir meno il diritto a recuperare l’imposta mediante il meccanismo della detrazione ma, dall’altro, non preclude la chance di ottenere il rimborso della maggiore imposta versata (indebitamente), poiché tale procedura si configura quale strumento a disposizione del contribuente, “che potrebbe pertanto optare, del tutto legittimamente, per l’azione generale di rimborso prevista dalle norme sul contenzioso”.
Tanto premesso, secondo i Giudici, non “coglie nel segno” neppure il richiamo alla giurisprudenza comunitaria più recente operato dalla controparte (Corte di giustizia 18 giugno 2009, causa C-566/07, Stadeco). Con puntuale e argomentata ricostruzione, la Cassazione ha “sezionato” punto per punto l’incongruenza della citata giurisprudenza concludendo, anzi, che “la sentenza [...] si limita a stabilire che è, in linea di principio, incompatibile con la normativa comunitaria una legislazione nazionale [...] che subordini il diritto al rimborso dell’IVA alla suddetta condizione; non può, invece, essere intesa nel senso che il diritto comunitario imponga esso stesso tale onere”.
Riportando tale principio al caso in esame, il contribuente che, pur avendo computato le detrazioni per i mesi di competenza, abbia omesso di computarle nella dichiarazione annuale, perde il diritto a dette detrazioni, ai sensi dell’articolo 28, comma 4, del DPR 633/1972, fermo restando il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza, in applicazione dell’articolo 30, comma 2, dello stesso DPR.
Al riguardo, come altra giurisprudenza comunitaria evidenzia (sentenza 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca Antoniana popolare Veneta spa), in assenza di specifica disciplina comunitaria in tema di domande di rimborso di imposte indebitamente prelevate, “spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate” ma, come i giudici della Suprema Corte sottolineano, è in ogni caso presupposto indefettibile che i citati requisiti rispettino i principi di equivalenza ed effettività. In altri termini, è necessario che tali requisiti non siano meno favorevoli di “quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario”.
La neutralità è uno dei principi portanti del sistema IVA
Con la sentenza in commento, la Cassazione ci permette di ricordare, fra l’altro, quello che è uno dei principi “portanti” del sistema IVA: la neutralità (cfr. Corte di giustizia CE, 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman; 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal Terminal; 19 settembre 2000, causa C-454/98), in forza della quale il sistema comune dell’IVA garantisce la corretta applicazione dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (Corte di giustizia Ue, 8 febbraio 2007, causa C-435/05, Investrand; 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National).Riassumendo, quindi, la neutralità è resa effettiva dalla detrazione e, quando questa non è tecnicamente possibile, dal rimborso. “Tecnicamente” nel senso che la detrazione può essere operata se vi è un’imposta a debito: altrimenti, come indica l’art. 30, comma 1, del DPR n. 633/1972, si deve riconoscere il rimborso.
/ Vincenzo CRISTIANO
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