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mercoledì 9 maggio 2012

accertamento

Iscrizione nei ruoli straordinari: l’Ufficio deve provare il «fondato pericolo»

Lo ha stabilito la C.T. Prov. di Roma, precisando che altrimenti l’iscrizione a ruolo è legittima soltanto nella misura ordinaria
/ Mercoledì 09 maggio 2012
L’Ufficio ha l’obbligo di motivare l’iscrizione a ruolo straordinario di tributi dovuti a seguito di accertamento. In caso contrario, detta iscrizione risulta illegittima. In pratica, l’Ufficio deve fornire le prove circa il fondato pericolo per la riscossione, altrimenti l’iscrizione a ruolo appare legittima solo nella misura ordinaria, vale a dire per la metà (oggi un terzo) delle somme corrispondenti ai maggiori imponibili accertati. Lo stabilisce la sentenza n. 212/12/2012, sezione n. 12, della C.T. Prov. di Roma, depositata il 16 aprile scorso.
La decisione merita attenzione, poiché l’Ufficio, spesso, fonda l’iscrizione nei ruoli straordinari della pretesa tributaria limitandosi a generici richiami alle norme, ma senza fornire ulteriori elementi di prova. Va subito segnalato che, per effetto dell’articolo 11 del DPR n. 602/1973, le imposte, le sanzioni e gli interessi sono iscritti nei ruoli straordinari quando vi è fondato pericolo per la riscossione. Inoltre, ai sensi dell’articolo 15-bis, sempre dello stesso Decreto, è iscritto nei ruoli straordinari l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo.
La controversia oggetto del giudizio riguarda l’impugnazione di una cartella di pagamento, mediante la quale è stato iscritto a ruolo il complessivo carico tributario dovuto a seguito di accertamento. La società ricorrente ritiene la cartella illegittima, poiché i tributi non possono essere iscritti a ruolo, essendo pendente ancora il ricorso contro l’avviso di accertamento. Inoltre, la società chiede l’annullamento della cartella, poiché non si evincono i motivi per i quali è stata operata l’iscrizione dell’intero carico tributario, non sussistendo alcun pericolo tale da pregiudicare la realizzazione concreta del (presunto) credito vantato dall’Amministrazione finanziaria. Per di più, la società dimostra che è ancora operativa, con lavoratori dipendenti che risultano assunti agli effetti di legge. L’Ufficio, nel costituirsi in giudizio, insiste per la correttezza del proprio operato e deposita il bilancio della società, dal quale si deduce un livello di indebitamento che non garantisce il credito erariale.
Con una puntuale decisione, i giudici di primo grado ritengono legittima l’iscrizione effettuata ai sensi del citato articolo 15-bis, ma sostengono che il creditore (nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate) debba fornire prove del tutto convincenti circa lo stato di forte indebitamento del contribuente. A parere dei giudici, questa prova non è stata fornita dall’Ufficio, il quale si è limitato a un generico riferimento al bilancio della società, dal quale non emerge la denunciata situazione di crisi economica. Inoltre, l’Agenzia non ha fatto riferimento ad eventuali comportamenti della società diretti a sottrarre o dirottare altrove i beni societari, minando così la garanzia del creditore. La Provinciale conclude ritenendo illegittima l’iscrizione nei ruoli straordinari del carico tributario originato dall’avviso di accertamento. Tuttavia, a parere dei giudici di prime cure, l’Ufficio può iscrivere a ruolo, a titolo provvisorio, solo le imposte corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati, ai sensi dell’articolo 15 (e non 15-bis) del DPR n. 602/1973, che, nel caso esaminato, sono pari al 50%.
In questo momento di crisi economica, la decisione deve essere tenuta presente dai contribuenti. Nella controversia posta all’attenzione della Commissione, la cartella di pagamento contiene, come motivazione, il solo richiamo del numero dell’avviso di accertamento, ma, in realtà, la società/contribuente non ha conosciuto le prove attraverso le quali l’Agenzia delle Entrate manifestava il fondato pericolo, tale da applicare le norme concernenti l’iscrizione nei ruoli straordinari. Sul punto, la circolare n. 4 del 15 febbraio 2010 ha chiarito che il pericolo per la riscossione deve essere attuale e non solo potenziale e può essere desunto “sia da dati oggettivi come la consistenza quantitativa e le caratteristiche qualitative del patrimonio, sia da dati soggettivi quale la condotta del debitore”. Il comportamento del debitore, dunque, è importante e deve essere valutato dall’Amministrazione finanziaria in base a fatti non equivoci quali, ad esempio, pregressi comportamenti negoziali e processuali e/o effettuazione di atti di dismissioni del patrimonio. Il citato documento di prassi precisa che, se il bilancio d’esercizio del contribuente/debitore presenta un patrimonio non capiente rispetto al debito erariale, l’Ufficio deve ricercare altri elementi volti a giustificare il pericolo per la riscossione. In particolare, un sintomo di “pericolo” è la volontà del debitore di depauperare il proprio patrimonio. Nel caso di specie, tuttavia, questo ulteriore elemento non si è concretizzato, tant’è vero che la società risultava in piena attività con a carico lavoratori dipendenti. È condivisibile, quindi, l’assunto cui è pervenuta la Provinciale, che, correttamente, non ha riscontrato il requisito del periculum in mora richiesto dalla legge.

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