diritto civile
La mancata pluralità dei soci non genera plusvalenza imponibile
In caso di scioglimento della società per mancata ricostituzione della compagine sociale, il socio superstite deve però continuare l’attività
Si avvicina il tempo di redigere le dichiarazioni dei redditi ed iniziano i problemi e i dubbi che assillano i pensieri degli addetti ai lavori. Il caso riguarda lo scioglimento di una società di persone a seguito della mancata ricostituzione della pluralità dei soci, con conseguente proseguimento dell’attività da parte del socio superstite.
Si premette che l’art. 2272 c.c. annovera, tra le cause di scioglimento della società, la mancata pluralità dei soci, qualora, nel termine di sei mesi, questa non sia ricostituita. In sostanza, decorso tale termine, si compie la liquidazione della società con assegnazione al socio superstite del patrimonio aziendale, che permette, al socio stesso, la continuazione dell’attività sotto forma di impresa individuale, mentre la società si estingue, con cancellazione dal Registro delle imprese. Per il caso, quindi, i problemi che devono essere affrontati riguardano:
- se l’operazione configura emersione di una plusvalenza tassabile in capo alla società che cessa di esistere;
- se si configura reddito di partecipazione in capo al socio superstite e quale sia la qualificazione del reddito per le somme percepite dai soci uscenti;
- gli adempimenti dichiarativi da porre in essere da parte della società e del socio superstite.
Le istruzioni concernenti i modelli della dichiarazione dei redditi nulla dispongono in proposito, ma l’Agenzia delle Entrate ha già avuto modo di chiarire quanto suddetto con la circolare n. 54 del 19 giugno 2002, risposta n. 5. In merito al primo problema citato, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che lo scioglimento della società di persone per mancata ricostituzione della compagine sociale non genera plusvalenza imponibile in capo alla società, a condizione che il socio superstite continui l’attività sotto forma di ditta individuale e mantenga inalterati i valori dei beni ricevuti. Sul punto, vale la pena osservare che si crea una specie di “neutralità fiscale” dell’operazione, nel senso che il socio superstite che continua l’attività della società, una volta che cede i beni provenienti dall’ente sciolto, determinerà la plus/minusvalenza tenendo conto del valore fiscalmente riconosciuto del bene ricevuto “in eredità” dalla società stessa.
Circa il secondo punto, la circolare chiarisce che l’eventuale somma percepita dai soci uscenti rappresenti reddito di capitale per la parte che eccede il costo di acquisto delle quote. Occorre tenere presente, tuttavia, che l’evoluzione della normativa ha modificato tale indirizzo rispetto alla data (2002) e al chiarimento contenuto nella circolare. Ne consegue che, ai sensi dell’art. 20-bis del TUIR, in vigore dal 2 dicembre 2005, i redditi dei soci delle società personali in caso di recesso, esclusione, riduzione del capitale e liquidazione della società, si indicano tra i redditi di partecipazione.
Pertanto, sono imponibili per la parte che eccede il costo fiscalmente riconosciuto delle quote, determinando il reddito secondo le modalità previste dall’art. 47, comma 7 del TUIR. Si applica, se ricorrono le condizioni, il regime di tassazione separata, di cui all’art. 17, comma 1, lett. l) del TUIR.
In merito agli obblighi dichiarativi segnalati nell’ultimo punto, l’Agenzia puntualizza, nella citata circolare, che la società è tenuta a presentare la propria dichiarazione dei redditi relativa all’ultimo periodo d’imposta chiuso allo scadere del sesto mese utile per la ricostituzione della pluralità dei soci, utilizzando il modello UNICO SP.
Si ritiene, anche alla luce del contenuto disposto dall’art. 5 del DPR n. 322/1998, che la società debba presentare la dichiarazione dei redditi e IRAP entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello in cui si manifesta l’evento della mancata ricostituzione della compagine sociale. Data la particolarità dell’argomento, sembra opportuno un intervento dell’Amministrazione finanziaria volto a chiarire la materia.
Quanto agli adempimenti dichiarativi del socio superstite che prosegue l’attività, il reddito d’impresa prodotto nel residuo periodo deve esser indicato nel modello UNICO PF, nel quadro RF o RG, in relazione al tipo di contabilità adottata.
Infine, si segnala che la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 47 del 3 aprile 2006, in merito all’imposizione indiretta, ha sottolineato che l’assegnazione del patrimonio aziendale della società al socio superstite è soggetta all’imposta di registro di cui all’art. 4, lett. d) della Tariffa, Parte Prima, del DPR n. 131/1986.
/ Francesco BARONE
Si premette che l’art. 2272 c.c. annovera, tra le cause di scioglimento della società, la mancata pluralità dei soci, qualora, nel termine di sei mesi, questa non sia ricostituita. In sostanza, decorso tale termine, si compie la liquidazione della società con assegnazione al socio superstite del patrimonio aziendale, che permette, al socio stesso, la continuazione dell’attività sotto forma di impresa individuale, mentre la società si estingue, con cancellazione dal Registro delle imprese. Per il caso, quindi, i problemi che devono essere affrontati riguardano:
- se l’operazione configura emersione di una plusvalenza tassabile in capo alla società che cessa di esistere;
- se si configura reddito di partecipazione in capo al socio superstite e quale sia la qualificazione del reddito per le somme percepite dai soci uscenti;
- gli adempimenti dichiarativi da porre in essere da parte della società e del socio superstite.
Le istruzioni concernenti i modelli della dichiarazione dei redditi nulla dispongono in proposito, ma l’Agenzia delle Entrate ha già avuto modo di chiarire quanto suddetto con la circolare n. 54 del 19 giugno 2002, risposta n. 5. In merito al primo problema citato, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che lo scioglimento della società di persone per mancata ricostituzione della compagine sociale non genera plusvalenza imponibile in capo alla società, a condizione che il socio superstite continui l’attività sotto forma di ditta individuale e mantenga inalterati i valori dei beni ricevuti. Sul punto, vale la pena osservare che si crea una specie di “neutralità fiscale” dell’operazione, nel senso che il socio superstite che continua l’attività della società, una volta che cede i beni provenienti dall’ente sciolto, determinerà la plus/minusvalenza tenendo conto del valore fiscalmente riconosciuto del bene ricevuto “in eredità” dalla società stessa.
Circa il secondo punto, la circolare chiarisce che l’eventuale somma percepita dai soci uscenti rappresenti reddito di capitale per la parte che eccede il costo di acquisto delle quote. Occorre tenere presente, tuttavia, che l’evoluzione della normativa ha modificato tale indirizzo rispetto alla data (2002) e al chiarimento contenuto nella circolare. Ne consegue che, ai sensi dell’art. 20-bis del TUIR, in vigore dal 2 dicembre 2005, i redditi dei soci delle società personali in caso di recesso, esclusione, riduzione del capitale e liquidazione della società, si indicano tra i redditi di partecipazione.
Pertanto, sono imponibili per la parte che eccede il costo fiscalmente riconosciuto delle quote, determinando il reddito secondo le modalità previste dall’art. 47, comma 7 del TUIR. Si applica, se ricorrono le condizioni, il regime di tassazione separata, di cui all’art. 17, comma 1, lett. l) del TUIR.
Il reddito prodotto dal socio superstite è reddito d’impresa
Il reddito prodotto dal socio superstite, che prosegue l’attività come imprenditore individuale, è annoverato, invece, tra i redditi d’impresa.In merito agli obblighi dichiarativi segnalati nell’ultimo punto, l’Agenzia puntualizza, nella citata circolare, che la società è tenuta a presentare la propria dichiarazione dei redditi relativa all’ultimo periodo d’imposta chiuso allo scadere del sesto mese utile per la ricostituzione della pluralità dei soci, utilizzando il modello UNICO SP.
Si ritiene, anche alla luce del contenuto disposto dall’art. 5 del DPR n. 322/1998, che la società debba presentare la dichiarazione dei redditi e IRAP entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello in cui si manifesta l’evento della mancata ricostituzione della compagine sociale. Data la particolarità dell’argomento, sembra opportuno un intervento dell’Amministrazione finanziaria volto a chiarire la materia.
Quanto agli adempimenti dichiarativi del socio superstite che prosegue l’attività, il reddito d’impresa prodotto nel residuo periodo deve esser indicato nel modello UNICO PF, nel quadro RF o RG, in relazione al tipo di contabilità adottata.
Infine, si segnala che la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 47 del 3 aprile 2006, in merito all’imposizione indiretta, ha sottolineato che l’assegnazione del patrimonio aziendale della società al socio superstite è soggetta all’imposta di registro di cui all’art. 4, lett. d) della Tariffa, Parte Prima, del DPR n. 131/1986.
/ Francesco BARONE
Nessun commento:
Posta un commento