Obbligatorio il ricorso contro la cartella in caso di accertamento con notifica nulla
È sbagliato ricorrere tardivamente contro l’accertamento domandando la rimessione in termini poiché occorre sempre impugnare il ruolo
La sentenza n. 6721 della Corte di Cassazione, depositata ieri, afferma un principio molto importante, valevole nel frequente caso in cui il contribuente, magari a causa di un vizio di notifica dell’atto “presupposto”, viene reso edotto della pretesa solo con la notifica della cartella di pagamento.Il problema trae le sue radici nella corretta interpretazione dell’art. 19, comma 3, del DLgs. 546/92, secondo cui “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”.
A partire dalla storica sentenza delle Sezioni Unite n. 16412/2007, è chiaro che, secondo l’interpretazione datane dai giudici, l’omessa o irrituale notifica dell’atto “presupposto” comporta, di per sé, la nullità di quello “successivo”: a tal fine, il contribuente, per questo solo motivo, deve impugnare l’atto “successivo”, in quanto l’irrituale notifica dell’atto “presupposto” è un vizio della sequenza procedimentale proprio dell’atto “successivo”.
Talvolta, invece, il contribuente segue un’altra strada, ritenuta scorretta dalla Cassazione, che conduce al rigetto del ricorso e alla definitività della pretesa.
In tal caso il ruolo è di per sé nullo
Si supponga che un accertamento venga notificato presso un indirizzo errato e che, per questo motivo, il contribuente venga a sapere della pendenza tributaria solo con la notifica del ruolo, che invece viene eseguita correttamente.Egli si reca normalmente presso gli uffici dell’ente impositore e prende visione dell’accertamento. A questo punto, il ricorso viene proposto contro l’avviso di accertamento, magari domandando la rimessione in termini per impugnare e la nullità dell’atto per inesistenza della notifica.
La via corretta è invece quella di impugnare la cartella di pagamento, domandando la nullità del ruolo per irrituale notifica dell’accertamento.
Peraltro, l’istituto della rimessione in termini non riguarda il vizio di notifica dell’atto impositivo, che ben può causare, come illustrato, la tardività del ricorso, ma la presenza di situazioni eccezionali, come la forza maggiore, che hanno reso impossibile il rispetto del termine per l’impugnazione (si pensi a ricoveri della parte in lungodegenza).
Il menzionato principio non può valere per gli accertamenti “esecutivi”, posto che, successivamente all’accertamento, potrà esserci subito il pignoramento, a meno che il contribuente non riceva un fermo o un’ipoteca, nel qual caso il ricorso può essere presentato avverso questi ultimi provvedimenti.
Se si riceve, come detto, il pignoramento, si può tentare di impugnarlo di fronte al giudice tributario, ma su questo aspetto si veda quanto esposto in “Accertamenti «esecutivi» pericolosi, se la notifica è effettuata in modo irrituale” del 5 ottobre 2011.
Invero, negli accertamenti “esecutivi” potrebbe anche trovare applicazione, in certe ipotesi, il principio affermato da Cass. n. 2728/2011, secondo cui, in caso di vizio di notifica, il dies a quo per il ricorso si computa non dalla data di perfezionamento legale della notifica, ma dalla data in cui il contribuente ha preso visione dell’atto (la sentenza riguardava una cartella di pagamento, atto che, per ciò che riguarda la sequenza procedimentale, può essere parificato ad un accertamento esecutivo, poiché può essere seguito da un pignoramento).
Quest’ultimo punto meriterebbe ulteriori approfondimenti.
/ Alfio CISSELLO
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