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venerdì 4 maggio 2012

iva

Per l’accertamento IVA, anche «internet» è una prova idonea

Secondo la Cassazione, la pubblicità in rete può rappresentare un elemento di prova per qualificare il tipo di attività svolta
/ Giovedì 03 maggio 2012
Con la sentenza n. 5822 del 13 aprile 2012, la Cassazione legittima l’utilizzo di “internet” per sconfessare la richiesta di rimborsi o agevolazioni IVA non dovute. Il caso di specie riguarda un ricorso avanzato da una srl nei confronti dell’Amministrazione finanziaria per il mancato riconoscimento di rimborso IVA. In particolare, la società lamentava la presenza della soggettività passiva d’imposta legittimante, a suo dire, il conseguente beneficio del rimborso, trattandosi di una vera e propria “casa per ferie” per anziani e svolgendo, pertanto, attività imprenditoriale.
La contraria affermazione della Corte di Cassazione è, per certi versi, innovativa. A ben vedere, i giudici non si limitano a una ricostruzione formale della fattispecie, quanto a una precisa “mappatura” dell’attività svolta secondo criteri ben determinati. Invero, dalla propaganda della struttura su internet, dal progetto di ristrutturazione presentato al Comune, dal codice attività denunciato nonché dalle indicazioni contenute nelle fatture relative ai lavori effettuati nell’immobile, era evidente la configurazione di un ricovero per anziani, come tale esente da IVA ai sensi dell’art. 10 del DPR 633/1972. Logica conseguenza del ragionamento dei giudici è il riconoscimento (e la conseguente ammissione) della “rete” quale mezzo di prova idoneo a supportare il procedimento accertativo e valutativo seguito (cfr. Cass. n. 15099/2003, n. 11462/2004 e anche n. 12446/2006). In tal senso, proprio la presenza di elementi univoci ha condotto i giudici a giustificare la reale veste della società.
Sull’argomento, per una completa trattazione della materia, occorre ricordare che l’Agenzia delle Entrate è più volte intervenuta sul limite soggettivo dell’esenzione prevista dall’art. 10, comma 1, n. 18 del DPR 633/1972. L’estensione del regime di esenzione alle prestazioni mediche da chiunque effettuate è già presente nella C.M. n. 25/1979, parte 3, ove si precisa che “fruiscono dell’esenzione anche le prestazioni rese da laboratori radiologici e da laboratori di analisi mediche e di ricerche cliniche, in qualsiasi forma organizzati (ad esempio società di persone o di capitali, enti, ecc.) e indipendentemente dal fatto che siano diretti da medici, chimici o biologi. Ciò nella considerazione che le cennate prestazioni, in quanto rese a scopo di accertamento diagnostico, hanno diretto rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie”.
L’Ufficio è poi intervenuto considerando le prestazioni sanitarie rese da un soggetto giuridico alla stregua di qualunque altra prestazione svolta nell’esercizio delle arti e professioni sanitarie di cui all’art. 99 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie. In particolare, con la risoluzione n. 119/2003, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che, secondo il Decreto interministeriale del 17 maggio 2002, entrato in vigore il 13 agosto 2002, il regime di esenzione dall’IVA delle “prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona, oltre che dagli esercenti una professione sanitaria o un’arte delle professioni sanitarie” indicate dall’art. 99 del TULS, viene riconosciuto anche per le prestazioni rese dagli “operatori abilitati all’esercizio delle professioni elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001 che eseguono una prestazione sanitaria prevista dai decreti ministeriali di individuazione dei rispettivi profili”. Successivamente, con la ris. n. 167/2003, l’Agenzia, richiamando la disciplina prevista dal D.I. 17 maggio 2002 e dal DM 29 marzo 2001, nonché la sentenza della Corte di giustizia 10 settembre 2002, causa C-141/00, distingue, nell’ambito della situazione oggetto dell’interpello, due ipotesi tra loro ben diverse: prestazione resa dai medici dell’ASL ai pazienti dell’ospedale, nell’ambito dell’attività Intramoenia (in tal caso, trattasi di prestazione a carattere sanitario che può, quindi, beneficiare dell’esenzione, essendo svolta da medici che esercitano attività odontoiatrica); prestazione resa dalla società istante, che mette a disposizione dei medici le proprie strutture, i propri macchinari, le proprie attrezzature e i propri materiali per consentire l’esercizio dell’attività da parte dei medici (in tal caso, la prestazione di servizi, resa nei confronti dell’azienda sanitaria, risulta imponibile a tutti gli effetti).
Ai fini del riconoscimento del beneficio dell’esenzione, come evidenziato dalla ris. n. 219/2007, devono poi verificarsi congiuntamente tre presupposti:
- la prestazione deve avere un contenuto socio-sanitario o di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili (presupposto oggettivo);
- la prestazione deve essere effettuata nei confronti di specifici soggetti destinatari (presupposto soggettivo);
- i soggetti che pongono in essere le prestazioni devono essere enti e istituzioni di natura particolare (presupposto soggettivo).
Dal tenore letterale della norma nazionale di cui all’art. 10, comma 1, n. 27-ter più volte richiamata, nonché da quello della norma comunitaria (art. 132, n. 1, lett. g), della Direttiva n. 2006/112/CE), la Corte di Cassazione ravvisa nel caso esaminato la qualificazione esentativa dell’attività esercitata, così disconoscendo il rimborso IVA.

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