semplificazione amministrativa
L’Agenzia delle Entrate vuole un sistema VIES «nazionale»
È una delle idee avanzate ieri, in un’audizione parlamentare, dal Direttore Befera, che sul DL semplificazioni fiscali assicura: «Ridurrà i costi»
/ Venerdì 24 febbraio 2012
I contenuti definitivi del DL sulle semplificazioni fiscali – che approderà oggi pomeriggio al Consiglio dei Ministri – ancora non si conoscono, ma il Direttore dell’Agenzia delle Entrate avanzava già ieri una prima certezza: il Decreto, ha commentato, “è un buon passo avanti per diminuire i costi” degli adempimenti tributari. Attilio Befera è un testimone “autorevole”, visto che proprio all’Agenzia ha aiutato il Governo a predisporre il testo, “per l’eliminazione, o comunque la riduzione, degli adempimenti”.
Semplici anticipazioni di massima, il resto trapelerà nelle prossime ore. Intanto, sempre nella giornata di ieri, il numero uno delle Entrate ha presentato, nel corso di un’audizione alla Commissione parlamentare per l’Anagrafe tributaria, un resoconto sull’attività dell’Archivio Anagrafico e sulla cooperazione tra banche dati informatiche delle Amministrazioni Pubbliche. Se, da un lato, le nuove tecnologie hanno favorito l’incrocio delle informazioni disponibili (e l’individuazione di irregolarità), dall’altro il sistema dei codici fiscali e delle partite IVA meriterebbe un restyling. Negli quarant’anni di attività del sistema, sono stati creati circa 90 milioni di codici fiscali relativi a persone fisiche (di cui 17,5 milioni ormai risalenti a cittadini deceduti) e quasi 26 milioni di partite IVA (di queste, 17 milioni risultano cessate). Allo stato attuale, sono numerosi gli enti che alimentano l’Archivio anagrafico: oltre ad Uffici e servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, ulteriori dati provengono dai Comuni (cittadini residenti), dai Consolati (cittadini non residenti), dal Registro delle Imprese, dagli Sportelli unici per l’immigrazione e dalle Questure (cittadini stranieri).
Alcuni tra i maggiori problemi di coordinamento riguardano, appunto, la registrazione dei cittadini stranieri che entrano nel nostro Paese e ricevono, per il nulla osta all’ingresso e per il rilascio del permesso di soggiorno, un apposito codice fiscale. Le difficoltà possono derivare dalla trascrizione dei nomi (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2011) o dalla mancanza, sui documenti d’identità, dei dati anagrafici previsti dal nostro ordinamento (nome, cognome, luogo e data di nascita). Senza contare i (pochi, appena 28mila) casi di omocodia, ossia cittadini in possesso dello stesso codice fiscale. Per ovviare a questi problemi – costi e necessità permettendo – l’Agenzia sta studiando un nuovo sistema di codifica, compatibile con quello attuale.
Quanto alle partite IVA, le recenti novità tecnologiche e legislative hanno migliorato il monitoraggio, finalizzato alla chiusura delle partite IVA inattive o non operative. Grazie all’art. 23 del DL 98/2011, ad esempio, i soggetti che non abbiano presentato la comunicazione di cessata attività entro i 30 giorni previsti possono rimettersi in regola, entro il prossimo 31 marzo, versando tramite F24 una sanzione ridotta, pari a 129 euro. Inoltre, lo stesso articolo prevede la revoca della partita IVA qualora venga accertato il mancato svolgimento dell’attività o non siano state presentate le dichiarazioni annuali IVA per le ultime tre annualità.
Sul fronte del futuro accesso ai dati delle partite IVA, Befera pensa ad un sistema VIES “nazionale”: “È auspicabile – ha dichiarato – un intervento normativo che consenta all’Agenzia di rendere disponibile la verifica della partita IVA, fornendo riscontro sullo stato di attività e sui dati identificativi del soggetto titolare, con servizio a libero accesso, analogamente a quanto reso possibile per la verifica del codice fiscale dal decreto legge n. 78/2010”.
L’ultima nota dolente riguarda la cooperazione con gli enti locali, in particolare con i Comuni. Riferendosi alle contestazioni contro le cartelle pazze emesse da Equitalia, Befera ha spiegato che la società di riscossione “ha risentito delle inefficienze a monte, degli errori delle banche dati degli enti a monte. C’è la necessità – ha concluso – che questi enti dialoghino maggiormente con noi. Ne parleremo con l’ANCI: migliorare la qualità dei dati equivale a migliorare il rapporto con i cittadini”.
Semplici anticipazioni di massima, il resto trapelerà nelle prossime ore. Intanto, sempre nella giornata di ieri, il numero uno delle Entrate ha presentato, nel corso di un’audizione alla Commissione parlamentare per l’Anagrafe tributaria, un resoconto sull’attività dell’Archivio Anagrafico e sulla cooperazione tra banche dati informatiche delle Amministrazioni Pubbliche. Se, da un lato, le nuove tecnologie hanno favorito l’incrocio delle informazioni disponibili (e l’individuazione di irregolarità), dall’altro il sistema dei codici fiscali e delle partite IVA meriterebbe un restyling. Negli quarant’anni di attività del sistema, sono stati creati circa 90 milioni di codici fiscali relativi a persone fisiche (di cui 17,5 milioni ormai risalenti a cittadini deceduti) e quasi 26 milioni di partite IVA (di queste, 17 milioni risultano cessate). Allo stato attuale, sono numerosi gli enti che alimentano l’Archivio anagrafico: oltre ad Uffici e servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, ulteriori dati provengono dai Comuni (cittadini residenti), dai Consolati (cittadini non residenti), dal Registro delle Imprese, dagli Sportelli unici per l’immigrazione e dalle Questure (cittadini stranieri).
Alcuni tra i maggiori problemi di coordinamento riguardano, appunto, la registrazione dei cittadini stranieri che entrano nel nostro Paese e ricevono, per il nulla osta all’ingresso e per il rilascio del permesso di soggiorno, un apposito codice fiscale. Le difficoltà possono derivare dalla trascrizione dei nomi (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 34/2011) o dalla mancanza, sui documenti d’identità, dei dati anagrafici previsti dal nostro ordinamento (nome, cognome, luogo e data di nascita). Senza contare i (pochi, appena 28mila) casi di omocodia, ossia cittadini in possesso dello stesso codice fiscale. Per ovviare a questi problemi – costi e necessità permettendo – l’Agenzia sta studiando un nuovo sistema di codifica, compatibile con quello attuale.
Quanto alle partite IVA, le recenti novità tecnologiche e legislative hanno migliorato il monitoraggio, finalizzato alla chiusura delle partite IVA inattive o non operative. Grazie all’art. 23 del DL 98/2011, ad esempio, i soggetti che non abbiano presentato la comunicazione di cessata attività entro i 30 giorni previsti possono rimettersi in regola, entro il prossimo 31 marzo, versando tramite F24 una sanzione ridotta, pari a 129 euro. Inoltre, lo stesso articolo prevede la revoca della partita IVA qualora venga accertato il mancato svolgimento dell’attività o non siano state presentate le dichiarazioni annuali IVA per le ultime tre annualità.
Sul fronte del futuro accesso ai dati delle partite IVA, Befera pensa ad un sistema VIES “nazionale”: “È auspicabile – ha dichiarato – un intervento normativo che consenta all’Agenzia di rendere disponibile la verifica della partita IVA, fornendo riscontro sullo stato di attività e sui dati identificativi del soggetto titolare, con servizio a libero accesso, analogamente a quanto reso possibile per la verifica del codice fiscale dal decreto legge n. 78/2010”.
Migliorie necessarie contro frodi e cartelle pazze
Intanto, prosegue l’opera di bonifica dei dati, con la cancellazione di doppioni e la disattivazione di codici di cittadini il cui decesso non sia stato comunicato all’Amministrazione finanziaria. Nel mirino ci sono soprattutto gli episodi di frode, connessi a richieste di codice fiscale avanzate con documenti falsi. Il fenomeno, ha spiegato Befera, è in aumento e comporta danni per il Fisco, le banche e le società finanziarie. La soluzione ci sarebbe – ha poi aggiunto – e consiste nella creazione di un database che consenta alle Amministrazioni di verificare in tempo reale la veridicità dei documenti d’identità presentati.L’ultima nota dolente riguarda la cooperazione con gli enti locali, in particolare con i Comuni. Riferendosi alle contestazioni contro le cartelle pazze emesse da Equitalia, Befera ha spiegato che la società di riscossione “ha risentito delle inefficienze a monte, degli errori delle banche dati degli enti a monte. C’è la necessità – ha concluso – che questi enti dialoghino maggiormente con noi. Ne parleremo con l’ANCI: migliorare la qualità dei dati equivale a migliorare il rapporto con i cittadini”.
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