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venerdì 24 febbraio 2012

antiriciclaggio

Antiriciclaggio: per il professionista, approccio basato sul rischio

Il GAFI ha aggiornato le raccomandazioni, stabilendo che la corretta valutazione del rischio è determinante nell’adeguata verifica della clientela
/ Martedì 21 febbraio 2012
In materia di antiriciclaggio, cresce l’importanza dell’approccio basato sul rischio nell’ambito degli obblighi di adeguata verifica della clientela imposti al professionista dal DLgs. 231/2007. Lo conferma anche il GAFI, che lo scorso 16 febbraio ha pubblicato l’aggiornamento delle proprie raccomandazioni per fornire un efficace riferimento nel contrasto ai fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Le nuove raccomandazioni, a cura della Financial Action Task Force (FATF), rafforzano obblighi e adempimenti in situazioni ad alto rischio, imponendo agli Stati membri un innalzamento del livello generale di allerta: in caso di valutazione negativa da parte del GAFI, il Paese “richiamato” rischierebbe, infatti, l’eliminazione dall’elenco degli Stati collaborativi. Dunque, ai soggetti obbligati all’adozione delle misure antiriciclaggio è richiesta – tra le altre cose – una maggiore efficacia dell’azione preventiva.
Molteplici sono gli input forniti nell’ambito delle 40 raccomandazioni aggiornate:
- maggiore trasparenza nelle compagini societarie, al fine sia di agevolare l’identificazione del cosiddetto titolare effettivo, cioè del soggetto che di fatto esercita il controllo, sia di rendere più difficile ai criminali e ai terroristi nascondere la propria identità o mascherare i propri beni per mezzo di entità o persone giuridiche;
- adempimenti rafforzati e più stringenti per l’individuazione e il controllo delle persone esposte politicamente (PEP);
- ampliamento della sfera dei reati presupposto di riciclaggio di denaro, ivi compresi i reati fiscali;
- miglioramento della cooperazione internazionale, che comprende lo scambio di informazioni tra le autorità competenti, nonché le indagini congiunte anche per il tracciamento, il sequestro e la confisca dei proventi illeciti;
- maggiori poteri e strumenti operativi sia per le unità di informazione finanziaria sia per le forze dell’ordine, al fine di potenziare le indagini sul riciclaggio di denaro e sul finanziamento del terrorismo;
- miglioramento dell’approccio basato sul rischio, che consente ai Governi e al settore privato di agire in modo più efficiente concentrandosi sulle situazioni ad alto rischio.
Proprio in relazione all’approccio basato sul rischio, vale la pena di ricordare che della materia si è recentemente occupata anche la Banca d’Italia (provvedimento del 2 febbraio 2012), che ha posto in consultazione un documento, destinato alle banche e agli altri intermediari finanziari destinatari della normativa antiriciclaggio, recante disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della clientela (art. 7, comma 2 del DLgs. 231/2001). Sul tema era intervenuto fino ad oggi solo il CNDCEC, che, in assenza di disposizioni attuative degli obblighi imposti anche ai professionisti, nel 2008 aveva emanato le proprie Linee Guida (il cui ultimo aggiornamento risale al luglio 2011).
Le raccomandazioni GAFI e il documento di Bankitalia offrono lo spunto per formulare alcune riflessioni. In particolare, pare interessante rilevare come l’approccio basato sul rischio sia correttamente inquadrato come il “termometro” dell’adeguata verifica, dal momento che consente di valutare l’intensità e l’estensione dell’obbligo. In particolare, l’approccio basato sul rischio viene collocato da Bankitalia nell’ambito del principio di proporzionalità, ritenendo che la sua applicazione consenta di massimizzare l’efficacia dei presidi aziendali, di razionalizzare l’uso delle risorse e di ridurre gli oneri a carico dei destinatari.
Viene naturale chiedersi se ciò valga anche per i professionisti destinatari dell’obbligo: l’approccio basato sul rischio richiede la predisposizione di complesse misure la cui adozione, se ha indubbiamente senso all’interno di una banca, non ne ha altrettanto nell’ambito di uno studio professionale. Ad ogni modo, in entrambi i casi identici sono i fattori soggettivi (connessi al cliente) e oggettivi (connessi all’operazione) da considerare ai fini della valutazione del rischio di riciclaggio, in modo da consentire una profilatura della clientela all’esito della quale ciascun cliente è incluso in una specifica classe di rischio precedentemente definita.
A tale scopo, il metodo logico seguito nel provvedimento in esame è lo stesso posto alla base delle Linee Guida CNDCEC, con le dovute differenziazioni motivate dalle maggiori possibilità di utilizzo, da parte degli intermediari finanziari, di sistemi anche complessi di segmentazione della clientela in classi di rischio. Nel documento di Bankitalia si parla, infatti, di procedure strutturate di raccolta e di elaborazione dei dati e delle informazioni: la raccolta può avvenire mediante percorsi guidati o questionari, l’elaborazione mediante algoritmi predefiniti e procedure informatiche. In maniera analoga, seppure a titolo meramente esemplificativo, le Linee Guida CNDCEC propongono una procedura elementare per l’attribuzione di un punteggio espressivo del grado di rischio di riciclaggio da associare a ciascun cliente, nel tentativo di “standardizzare” in qualche modo un obbligo che ben poco si accorda con l’attività normalmente svolta dal professionista.

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