Reddito d’impresa, deducibilità IRAP ancora da chiarire
La nuova norma non stabilisce la base di calcolo della quota forfetaria riferita ai soli oneri finanziari netti
L’art. 2 del DL n. 201/2011, come noto, ha modificato il regime di deducibilità dell’IRAP dal reddito dell’impresa, originariamente contenuto nell’art. 6 del DL n. 185/2008: in particolare, è stata prevista, a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, la rilevanza analitica dell’IRAP versata durante l’esercizio, direttamente correlata ai costi per il personale dipendente ed assimilato, al netto delle deduzioni spettanti (art 1, comma 1, lett. a), 1-bis), 4-bis, 4-bis.1, del DLgs. n. 446/1997). In altri termini, a differenza degli anni dal 2008 al 2011, è attribuito al contribuente il diritto di effettuare una variazione in diminuzione per cassa (art. 99, comma 1, del TUIR) relativa a tali oneri, nella misura che è risultata indeducibile in sede di determinazione della base imponibile IRAP, operata in base agli artt. 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del predetto Decreto. Il riferimento ai costi del personale è stato, pertanto, stralciato dall’originaria versione dell’art. 6, comma 1, del DL n. 185/2008: conseguentemente, la deducibilità della quota forfetaria del 10% dell’IRAP versata nel periodo d’imposta rimane invocabile esclusivamente dai contribuenti IRAP che hanno sostenuto interessi passivi e oneri finanziari in genere eccedenti i proventi della medesima natura.
Nel corso del Telefisco 2012, è stata affrontata la novità normativa, soffermandosi, tuttavia, soltanto su un principio ormai già riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate (videoconferenza del 28 maggio 2009), ovvero l’inclusione – nell’ambito dei “costi del personale dipendente ed assimilato” – degli oneri sostenuti per i collaboratori coordinati e continuativi e, quindi, dei compensi degli amministratori, purché relativi a prestazioni che non rientrano nell’esercizio dell’arte o della professione eventualmente esercitata dal componente dell’organo di gestione.
Diversamente, non sono stati stati chiariti alcuni rilevanti dubbi applicativi, in primo luogo il coordinamento operativo tra le due norme di deducibilità, nel caso in cui il soggetto IRAP abbia sostenuto sia costi per il personale dipendente che oneri finanziari netti: la quota forfetaria del 10% della deduzione, riconosciuta in virtù della presenza di questi ultimi, deve essere effettuata sull’intero importo dei versamenti effettuati nel periodo d’imposta 2012 (o seguente) oppure su quanto residua dopo aver dedotto la parte riferibile al costo del personale dipendente e assimilato indeducibile, al netto delle relative deduzioni?
La prima tesi potrebbe trovare conferma nella formulazione letterale dell’art. 6, comma 1, del DL n. 185/2008, che è stato modificato dall’art. 2, comma 1-bis, del DL n. 201/2011, senza variare la base di calcolo della deduzione relativa agli oneri finanziari netti. L’orientamento alternativo, diretto ad escludere dal computo quanto già dedotto in relazione agli oneri per il lavoro, sembrerebbe tuttavia preferibile, in virtù dell’interpretazione sistematica delle predette norme: diversamente, si configurerebbe il rischio di continuare ad attribuire sostanziale rilevanza – ai fini della determinazione della quota forfetaria del 10% – ai costi del personale dipendente e assimilato, che finirebbero, quindi, per beneficiare della deducibilità sotto un duplice profilo, integrale (art. 2, comma 1, del DL n. 201/2011) e parziale ai sensi dell’art. 6, comma 1, del DL n. 185/2008.
Un’ulteriore problematica da chiarire è, infine, rappresentata dall’eventuale facoltà del contribuente di presentare un’istanza di rimborso per le annualità pregresse, sebbene non formalmente prevista dal Decreto “Salva Italia”, a differenza dell’art. 6, commi 2 e 3, del DL 185/2008: nella bozza iniziale dell’art. 2 del DL n. 201/2011 era, peraltro, prevista la facoltà di rimborso – poi stralciata in sede di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale – per i “periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali sia ancora pendente il termine di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973”. La soluzione affermativa potrebbe comunque trovare conforto in alcune passate pronunce della giurisprudenza di merito, in ordine all’incostituzionalità – non condivisa dalla Consulta (ordinanza n. 242/2010) – del regime di parziale indeducibilità dell’IRAP dal reddito d’impresa (C.T. Prov. Parma n. 63/2010 e C.T. Reg. Bologna n. 42/2009), prospettata anche dalla relazione tecnica all’art. 2 del DL n. 201/2011. Analogamente, la C.T. Reg. di Milano, con la sentenza n. 30/2011 dello scorso 21 dicembre, ha osservato che la disciplina previgente al Decreto “Salva Italia” ha penalizzato l’impresa che, a parità di reddito imponibile, sostiene maggiori costi per prestazioni di lavoro dipendente, senza “trovare una giustificazione plausibile, né nelle norme di legge, né nei principi dell’economia, né in finalità politiche incentivanti o disincentivanti”.
/ Michele BANA
Nel corso del Telefisco 2012, è stata affrontata la novità normativa, soffermandosi, tuttavia, soltanto su un principio ormai già riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate (videoconferenza del 28 maggio 2009), ovvero l’inclusione – nell’ambito dei “costi del personale dipendente ed assimilato” – degli oneri sostenuti per i collaboratori coordinati e continuativi e, quindi, dei compensi degli amministratori, purché relativi a prestazioni che non rientrano nell’esercizio dell’arte o della professione eventualmente esercitata dal componente dell’organo di gestione.
Diversamente, non sono stati stati chiariti alcuni rilevanti dubbi applicativi, in primo luogo il coordinamento operativo tra le due norme di deducibilità, nel caso in cui il soggetto IRAP abbia sostenuto sia costi per il personale dipendente che oneri finanziari netti: la quota forfetaria del 10% della deduzione, riconosciuta in virtù della presenza di questi ultimi, deve essere effettuata sull’intero importo dei versamenti effettuati nel periodo d’imposta 2012 (o seguente) oppure su quanto residua dopo aver dedotto la parte riferibile al costo del personale dipendente e assimilato indeducibile, al netto delle relative deduzioni?
La prima tesi potrebbe trovare conferma nella formulazione letterale dell’art. 6, comma 1, del DL n. 185/2008, che è stato modificato dall’art. 2, comma 1-bis, del DL n. 201/2011, senza variare la base di calcolo della deduzione relativa agli oneri finanziari netti. L’orientamento alternativo, diretto ad escludere dal computo quanto già dedotto in relazione agli oneri per il lavoro, sembrerebbe tuttavia preferibile, in virtù dell’interpretazione sistematica delle predette norme: diversamente, si configurerebbe il rischio di continuare ad attribuire sostanziale rilevanza – ai fini della determinazione della quota forfetaria del 10% – ai costi del personale dipendente e assimilato, che finirebbero, quindi, per beneficiare della deducibilità sotto un duplice profilo, integrale (art. 2, comma 1, del DL n. 201/2011) e parziale ai sensi dell’art. 6, comma 1, del DL n. 185/2008.
Un’ulteriore problematica da chiarire è, infine, rappresentata dall’eventuale facoltà del contribuente di presentare un’istanza di rimborso per le annualità pregresse, sebbene non formalmente prevista dal Decreto “Salva Italia”, a differenza dell’art. 6, commi 2 e 3, del DL 185/2008: nella bozza iniziale dell’art. 2 del DL n. 201/2011 era, peraltro, prevista la facoltà di rimborso – poi stralciata in sede di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale – per i “periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali sia ancora pendente il termine di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973”. La soluzione affermativa potrebbe comunque trovare conforto in alcune passate pronunce della giurisprudenza di merito, in ordine all’incostituzionalità – non condivisa dalla Consulta (ordinanza n. 242/2010) – del regime di parziale indeducibilità dell’IRAP dal reddito d’impresa (C.T. Prov. Parma n. 63/2010 e C.T. Reg. Bologna n. 42/2009), prospettata anche dalla relazione tecnica all’art. 2 del DL n. 201/2011. Analogamente, la C.T. Reg. di Milano, con la sentenza n. 30/2011 dello scorso 21 dicembre, ha osservato che la disciplina previgente al Decreto “Salva Italia” ha penalizzato l’impresa che, a parità di reddito imponibile, sostiene maggiori costi per prestazioni di lavoro dipendente, senza “trovare una giustificazione plausibile, né nelle norme di legge, né nei principi dell’economia, né in finalità politiche incentivanti o disincentivanti”.
/ Michele BANA
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