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venerdì 24 febbraio 2012

Accertamento Auto dipendenti/soci al nodo comunicazione


Auto dipendenti/soci al nodo comunicazione

L’obbligo di comunicazione dei beni in uso ai soci non dovrebbe valere per i dipendenti che hanno in uso promiscuo l’auto aziendale

/ Lunedì 20 febbraio 2012
In occasione del Videoforum 2012 dello scorso 18 gennaio, l’Agenzia delle Entrate è stata interpellata sull’applicazione della disciplina della comunicazione dei beni ai soci nel caso in cui la società conceda l’autovettura in uso ad un dipendente che sia anche socio.
Nello specifico, la domanda verteva sull’applicabilità dell’art. 67 comma 1 lett. h-ter del TUIR, in base al quale la differenza tra valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento dei beni della società costituisce un reddito diverso.
Quest’ultima disposizione è stata introdotta in sede di conversione del DL n. 138/2011 ed intende ricondurre a tassazione come reddito diverso l’utilizzo personale, da parte del socio o familiare dell’imprenditore, dei beni aziendali.
In modo condivisibile, l’Agenzia delle Entrate ha rilevato che la nuova disciplina trova applicazione solo nel caso in cui il TUIR non contempli specifiche norme che limitino la deducibilità dei costi relativi ai beni concessi in godimento in capo al concedente e che tassino il relativo reddito in capo al soggetto utilizzatore.
Nel caso di specie, l’art. 164 comma 1 lett. b-bis) del TUIR prevede un limite di deducibilità del 90% per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta e l’art. 51 comma 4 lett. a) considera fringe benefit tassato il 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km, calcolato sulle tariffe ACI.
Per queste ragioni, la concessione in uso dell’autovettura ad amministratore/socio che sia anche dipendente della società, non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 67 comma 1 lett. h-ter del TUIR. D’altra parte, come rileva l’IRDCEC, si tratta di conclusione coerente con la disciplina dei redditi diversi che qualifica tali solo quelli che non rientrano in altre fattispecie reddituali (circ. CNDCEC n. 27/IR).
Ciò che, invece, l’intervento dell’Agenzia delle Entrate non sembra chiarire in modo diretto è se per i predetti rapporti debba essere effettuata la comunicazione all’Anagrafe Tributaria, come prevista dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 novembre 2011.
Anche se il testo della domanda formulata all’Agenzia delle Entrate ha proprio ad oggetto la “Comunicazione dei beni concessi in godimento ai soci”, ci si chiede se il ragionamento sviluppato dall’Agenzia sia idoneo ad escludere dalla comunicazione le autovetture assegnate ai soci che siano anche dipendenti.
Appare infatti sempre più evidente che, nella prospettiva dell’Amministrazione finanziaria, l’intervento del legislatore in sede di conversione del DL n. 138/2011 ha introdotto due disposizioni quasi indipendenti, la prima diretta a tassare in capo al socio/familiare l’uso personale dei beni aziendali, la seconda diretta a far emergere questi beni al Fisco, soprattutto nell’ottica della ricostruzione sintetica del reddito. Particolarmente significativa al riguardo è l’estensione della comunicazione anche alle ipotesi di finanziamento e capitalizzazione, estensione che non sembra discendere dalla norma primaria.
Verosimilmente non è possibile escludere la comunicazione per tutte le autovetture in quanto vi è una norma del TUIR che già ne prevede la deducibilità parziale; in tale circostanza non avrebbe senso la previsione di un campo appositamente dedicato a tali beni nelle specifiche tecniche del provvedimento del 16 novembre.
Piuttosto, in termini di ratio dell’adempimento, avrebbe poco senso prevedere una comunicazione che non serve a riportare l’intestazione dei beni all’effettivo utilizzatore (il socio dipendente), posto che il Fisco può risalire a tale informazione abbastanza agevolmente.
Al riguardo, da tempo l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato come per, evitare comportamenti “elusivi”, l’uso promiscuo da parte del dipendente debba essere provato in base ad idonea documentazione che ne attesti con certezza l’utilizzo (circolare n. 48/1998). Ad esempio, la clausola del contratto di lavoro del dipendente ovvero una scrittura privata con data certa.
Laddove, poi, si ritenesse obbligatoria la comunicazione, non sembra esservi la possibilità di applicare la sanzione per l’omesso o irregolare invio, in quanto l’Agenzia ha già affermato che nel caso di specie non operano le regole per la tassazione come redditi diversi, richiamate ai fini dell’applicazione delle sanzioni. In altri termini, dovrebbe valere quanto già affermato dall’IRDCEC con riferimento alla violazione dell’obbligo di comunicazione dei finanziamenti o delle capitalizzazioni, essendo anche in tale ipotesi irrilevante la differenza tra corrispettivo e valore di mercato.
Alla luce di tali considerazioni, dovrebbe essere oggetto di comunicazione solo l’uso personale da parte dei soci e non anche quello da parte dei soci dipendenti.
Si tratterebbe di una soluzione di buon senso, soprattutto per quei soggetti ad ampia base proprietaria o per le società quotate che, diversamente, dovrebbero verificare presso tutti i dipendenti assegnatari di autovetture l’eventuale possesso di azioni idoneo a far scattare l’obbligo.
 / Alessandro COTTO

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