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mercoledì 1 febbraio 2012

redditi prodotti all’estero

 
 

Ampia possibilità di prova per le imposte assolte all’estero

Ad avviso di Assonime, la certificazione prodotta dall’Amministrazione estera può essere sempre sostituita da idonea documentazione

/ Mercoledì 01 febbraio 2012
L’art. 165 del TUIR rappresenta una misura unilaterale che, in concorso con le Convenzioni contro le doppie imposizioni, ove esistenti, ed in posizione a loro subordinata, consente ai soggetti fiscalmente residenti in Italia di eliminare o, al più, ridurre la duplice imposizione sui redditi prodotti oltre confine.
Il meccanismo si sostanzia nella possibilità di scomputare dalle imposte nostrane, entro precisi limiti quantitativi e sotto specifiche condizioni temporali, la tassazione subita all’estero sui redditi che concorrono a formare la base imponibile IRPEF o IRES.
Uno dei problemi con i quali gli operatori si confrontano periodicamente concerne le modalità di certificazione delle imposte assolte all’estero e, quindi, la tipologia di documentazione da raccogliere e conservare al fine di dimostrare la legittimità del credito d’imposta vantato in dichiarazione. Nel dettaglio, rimane dubbia in molti casi la bontà di documenti diversi dalla specifica attestazione resa dalla competente autorità fiscale estera, quali ad esempio, contratti firmati, fatture emesse, contabili di accreditamenti bancari e simili, per attestare il gravame fiscale subito nello stato estero di produzione del reddito.
Assonime, con l’approfondimento n. 1/2012, ha dato ampia risposta alle imprese interessate da procedure d’infrazione promosse dagli Uffici per avere detratto imposte non documentate dall’autorità competente (nel caso specifico, ritenute relative a canoni d’uso), assumendo una posizione, per così dire, “garantista”.
L’Associazione, innanzitutto, ha ritenuto equipollenti la certificazione dell’Amministrazione straniera e quella rilasciata dal sostituto d’imposta o dall’intermediario autorizzato estero, in applicazione di precise disposizioni normative interne.
L’affermazione ha generalizzato i principi fissati dalla risoluzione n. 104/2001, con la quale l’Agenzia delle Entrate aveva già ravvisato nella certificazione rilasciata dall’intermediario autorizzato una valida documentazione atta a comprovare le imposte assolte oltre confine sugli utili di fonte estera. In particolare, l’Amministrazione aveva ritenuto sufficiente l’attestazione in commento, purché la stessa riportasse non solo l’imposta effettivamente subita in via definitiva, ma anche l’aliquota di tassazione convenzionale.
In via ulteriore, ha osservato Assonime, una diversa posizione risulterebbe incoerente e idonea a violare criteri di reciprocità: la certificazione rilasciata ai sensi dell’art. 4, commi 6-ter e 6-quater del DPR n. 322/98, dagli enti emittenti o dagli intermediari, infatti, è considerata adeguata, nelle Istruzioni delle dichiarazioni annuali, per documentare le imposte assolte in Italia sui redditi ivi prodotti da soggetti non residenti (nel caso specifico, utili o proventi ad essi assimilati).
L’Associazione ha quindi evidenziato, in termini più generali, come quello che si pone è un mero problema di qualità e verificabilità della prova, requisiti che dovrebbero sussistere ogniqualvolta il contribuente sia in grado, documenti e contabili bancarie alla mano, di dimostrare l’ammontare lordo del reddito prodotto all’estero e di collegare tale importo con gli specifici compensi netti percepiti. Il valore probatorio di quanto così reso, doverosamente rafforzato da un’autocertificazione sottoscritta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 47 del DPR n. 445/2000, non dovrebbe essere disconosciuto, soprattutto in presenza di redditi prodotti in Paesi appartenenti all’Unione Europea o legati all’Italia da convenzioni che consentono lo scambio di informazioni.
Assonime ha osservato come principi simili siano peraltro enunciati dalla risoluzione n. 68/2009, che, pur avendo ad oggetto le modalità di certificazione delle ritenute subite in Italia sui redditi di lavoro autonomo o d’impresa, rimarcava l’alto valore probatorio della dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Quanto sopra troverebbe ulteriore conferma nelle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate circa la documentazione che i soggetti non residenti sono tenuti a produrre per ottenere i rimborsi previsti dai Trattati internazionali; in tale sede, infatti, l’autocertificazione può sostituire sia il certificato di residenza nello stato estero, che l’attestazione circa l’assoggettamento locale a tassazione.
 / Emanuele LO PRESTI VENTURA

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