Comunicazione dei finanziamenti senza sanzioni
Secondo l’IRDCEC, non sarebbe soggetta né alla sanzione residuale né a quella del 30% della differenza tra corrispettivo e valore di mercato
Con la circolare n. 27 del 2 febbraio 2012, l’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha analizzato la disciplina relativa ai beni d’impresa concessi in godimento ai soci o familiari, introdotta in sede di conversione del DL n. 138/2011.
I chiarimenti di maggiore interesse rinvenibili nel documento interpretativo riguardano la comunicazione dei finanziamenti e delle capitalizzazioni e il relativo regime sanzionatorio, anche alla luce delle risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate in occasione di due recenti incontri con la stampa specializzata.
Come già riportato su questo quotidiano, secondo l’Agenzia, devono essere comunicati tutti i finanziamenti e i versamenti effettuati o ricevuti dai soci, per l’intero ammontare, indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano volte all’acquisizione di beni strumentali, poi concessi in godimento ai soci.
Rispetto a tale ricostruzione, che opportunamente nella circolare si ricorda essere ancora ufficiosa, l’IRDCEC evidenzia condivisibili perplessità, sia in relazione alla formulazione letterale del provvedimento attuativo emanato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate lo scorso 16 novembre 2011, sia in relazione alla ratio ispiratrice dell’adempimento.
Il citato provvedimento prevede, infatti, che siano oggetto di segnalazione i dati anagrafici dei soci o dei familiari che effettuano qualsiasi forma di finanziamento o di capitalizzazione nei confronti della società concedente.
Pertanto, pur volendo ignorare come non vi sia traccia di tale adempimento nella norma primaria, la circolare n. 27 sottolinea che la comunicazione viene estesa anche ad ipotesi non previste dal provvedimento del 16 novembre:
- nei casi in cui gli apporti di capitale siano effettuati nei confronti di società che non concedono beni a soci o familiari;
- nei casi di finanziamenti e di versamenti ricevuti dai soci.
Sebbene, poi, il provvedimento attuativo faccia riferimento a qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione, l’IRDCEC rileva che, nel caso di costituzione della società o di aumenti di capitale, l’Anagrafe tributaria è già in possesso dei dati in ragione della registrazione degli atti. Un eventuale obbligo di comunicazione risulterebbe in contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente, il quale esonera i contribuenti dal fornire al Fisco dati che siano già in possesso dell’Amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali.
In termini generali, la circolare osserva che la sanzione residuale da 258 a 2.065 euro riguarda solo quelle ipotesi in cui i contribuenti non si siano conformati alle disposizioni di cui ai commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies, vale a dire quei casi in cui il corrispettivo pattuito per il godimento del bene sia inferiore al valore di mercato, il socio/familiare abbia tassato la differenza come reddito diverso e la società abbia ripreso a tassazione i costi relativi al bene concesso in godimento.
Nell’ipotesi in cui il socio abbia utilizzato un bene della società, riconoscendo alla stessa un corrispettivo pari o superiore al valore di mercato, il mancato invio della comunicazione (previsto dal provvedimento dell’Agenzia) non sarebbe però sanzionato, in quanto i contribuenti non hanno dovuto conformarsi alla previsione normativa nei termini appena prospettati.
Lo stesso principio, applicato alla comunicazione dei finanziamenti o delle capitalizzazioni, porta ad affermare che non sono dovute sanzioni anche qualora si considerasse legittima la richiesta di invio da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In altri termini, nel caso di omissione della comunicazione o di comunicazione con dati incompleti o inveritieri, non sarebbe sanzionabile in quanto:
- non è applicabile la sanzione pari al 30% della differenza tra il corrispettivo e il valore di mercato (la norma si riferisce solo ai beni);
- non è applicabile neppure la sanzione residuale, in quanto non è ipotizzabile che i contribuenti si adeguino alle relative previsioni normative, mancando proprio il presupposto per l’adeguamento (la tassazione come reddito diverso della differenza tra valore di mercato e corrispettivo).
/ Alessandro COTTO
I chiarimenti di maggiore interesse rinvenibili nel documento interpretativo riguardano la comunicazione dei finanziamenti e delle capitalizzazioni e il relativo regime sanzionatorio, anche alla luce delle risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate in occasione di due recenti incontri con la stampa specializzata.
Come già riportato su questo quotidiano, secondo l’Agenzia, devono essere comunicati tutti i finanziamenti e i versamenti effettuati o ricevuti dai soci, per l’intero ammontare, indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano volte all’acquisizione di beni strumentali, poi concessi in godimento ai soci.
Rispetto a tale ricostruzione, che opportunamente nella circolare si ricorda essere ancora ufficiosa, l’IRDCEC evidenzia condivisibili perplessità, sia in relazione alla formulazione letterale del provvedimento attuativo emanato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate lo scorso 16 novembre 2011, sia in relazione alla ratio ispiratrice dell’adempimento.
Il citato provvedimento prevede, infatti, che siano oggetto di segnalazione i dati anagrafici dei soci o dei familiari che effettuano qualsiasi forma di finanziamento o di capitalizzazione nei confronti della società concedente.
Pertanto, pur volendo ignorare come non vi sia traccia di tale adempimento nella norma primaria, la circolare n. 27 sottolinea che la comunicazione viene estesa anche ad ipotesi non previste dal provvedimento del 16 novembre:
- nei casi in cui gli apporti di capitale siano effettuati nei confronti di società che non concedono beni a soci o familiari;
- nei casi di finanziamenti e di versamenti ricevuti dai soci.
Sebbene, poi, il provvedimento attuativo faccia riferimento a qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione, l’IRDCEC rileva che, nel caso di costituzione della società o di aumenti di capitale, l’Anagrafe tributaria è già in possesso dei dati in ragione della registrazione degli atti. Un eventuale obbligo di comunicazione risulterebbe in contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente, il quale esonera i contribuenti dal fornire al Fisco dati che siano già in possesso dell’Amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali.
La sanzione del 30% si riferisce soltanto ai beni
Come si accennava in premessa, le conclusioni più interessanti riguardano il regime sanzionatorio.In termini generali, la circolare osserva che la sanzione residuale da 258 a 2.065 euro riguarda solo quelle ipotesi in cui i contribuenti non si siano conformati alle disposizioni di cui ai commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies, vale a dire quei casi in cui il corrispettivo pattuito per il godimento del bene sia inferiore al valore di mercato, il socio/familiare abbia tassato la differenza come reddito diverso e la società abbia ripreso a tassazione i costi relativi al bene concesso in godimento.
Nell’ipotesi in cui il socio abbia utilizzato un bene della società, riconoscendo alla stessa un corrispettivo pari o superiore al valore di mercato, il mancato invio della comunicazione (previsto dal provvedimento dell’Agenzia) non sarebbe però sanzionato, in quanto i contribuenti non hanno dovuto conformarsi alla previsione normativa nei termini appena prospettati.
Lo stesso principio, applicato alla comunicazione dei finanziamenti o delle capitalizzazioni, porta ad affermare che non sono dovute sanzioni anche qualora si considerasse legittima la richiesta di invio da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In altri termini, nel caso di omissione della comunicazione o di comunicazione con dati incompleti o inveritieri, non sarebbe sanzionabile in quanto:
- non è applicabile la sanzione pari al 30% della differenza tra il corrispettivo e il valore di mercato (la norma si riferisce solo ai beni);
- non è applicabile neppure la sanzione residuale, in quanto non è ipotizzabile che i contribuenti si adeguino alle relative previsioni normative, mancando proprio il presupposto per l’adeguamento (la tassazione come reddito diverso della differenza tra valore di mercato e corrispettivo).
/ Alessandro COTTO
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