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venerdì 17 febbraio 2012

ICI :Decisione ai Comuni su ICI e pertinenze


Decisione ai Comuni su ICI e pertinenze

La C.T. Reg. di Bologna ha deciso che il Comune può stabilire una disciplina «ad hoc» per le pertinenze

/ Lunedì 13 febbraio 2012
Ai fini dell’ICI, i Comuni possono stabilire una disciplina di dettaglio delle pertinenze, concernente sia la quantità (limitazione numerica), sia la qualità (limitazione tipologica).
Di conseguenza, ciascun ente locale può legittimamente sancire con norma regolamentare che il beneficio fiscale previsto per l’abitazione principale del soggetto passivo (aliquota ridotta) si applichi soltanto per un solo box (pertinenza). Lo ha stabilito la C.T. Reg. di Bologna che, con sentenza n. 97/20/11 depositata il 22 dicembre 2011, ha accolto l’appello di un Comune bolognese.
La decisione merita di essere segnalata perché ha ribaltato la sentenza n. 76/12/09 della C.T. Prov. di Bologna, che aveva disapplicato, in quanto illegittima, la norma regolamentare che prevedeva il trattamento di favore per una sola pertinenza (box), mentre il soggetto passivo possedeva e utilizzava concretamente due unità immobiliari censite alla categoria catastale C/6.
Secondo i giudici di secondo grado, l’art. 59, comma 1, lett. d), del DLgs. n. 446/1997 ha attribuito ai Comuni “un potere regolamentare discrezionale che consente loro di disciplinare il trattamento fiscale ai fini ICI delle pertinenze”. Tale potere si estende fino all’esclusione di qualsiasi agevolazione e, pertanto, ciascun Comune “può ben disporre un’agevolazione limitata nel numero delle pertinenze cui si applica la riduzione di aliquota prevista per l’abitazione principale”.
Peraltro, l’art. 52, comma 1, dello stesso DLgs. n. 446/1997 dispone che i Comuni possano disciplinare con regolamento le proprie entrate anche tributarie e, per quanto non regolamentato, si applichino le disposizioni di legge vigenti. Quindi, la definizione di pertinenza contenuta negli artt. 817 e 818 c.c. può operare solo “per quanto non regolamentato” dal Comune che, nel caso di specie, ha invece previsto “la tassazione ad aliquota agevolata di una sola pertinenza per ogni abitazione principale”.
In mancanza di un’esplicita nozione di “pertinenza” nella disciplina dell’ICI, i contribuenti hanno applicato l’aliquota ordinaria per le pertinenze dell’abitazione principale (C.M. n. 318/E del 14 dicembre 1995). In seguito, con il debutto dell’art. 59, comma 1, lettera d), del DLgs. n. 446/97, è stato attribuita ai Comuni la potestà di “considerare parti integranti dell’abitazione principale le sue pertinenze, ancorché distintamente iscritte in catasto”.
I giudici si sono fatti influenzare dalla disciplina dell’IMU
Con circolare n. 114/E del 25 maggio 1999, il Ministero delle Finanze aveva riconosciuto il potere di prevedere una disciplina di dettaglio delle pertinenze. Secondo l’autorevole interprete, la possibilità per i Comuni di introdurre norme integrative o anche eventualmente derogatorie rispetto alle previsioni del codice civile non si pone in contraddizione con le stesse (conforme, R.M. n. 12/DF del 5 giugno 2008).
Ora la pronuncia in rassegna va in questa direzione, anche se chi scrive ha la forte sensazione che sia mancato un approfondimento del tema. Probabilmente il Collegio giudicante si è fatto influenzare dalla disciplina dell’IMU che, nel sostituire l’ICI, ha disposto espressamente che le pertinenze dell’abitazione principale sono esclusivamente quelle classificate alle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, “nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate” (art. 13, comma 2, ultimo periodo, del DL n. 201/2011 convertito dalla L. n. 214/2011).
 / Antonio PICCOLO
FONTE: EUTEKNE

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