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mercoledì 1 febbraio 2012

Gli atti di reintegrazione della legittima sono «mortis causa»

ilcasodelgiorno

Gli atti di reintegrazione della legittima sono «mortis causa»

Gli accordi di reintegrazione dei diritti dei legittimari evitano l’azione di riduzione e attengono alla vicenda ereditaria

/ Mercoledì 01 febbraio 2012
Nel nostro ordinamento, non è possibile disporre a proprio completo piacimento dei propri beni, in caso di morte. Infatti, il Codice civile (artt. 536 e ss. c.c. ) riserva ad alcuni soggetti legati da un vincolo di parentela particolarmente forte con il defunto (coniuge, figli e ascendenti) una quota di eredità, anche contro la volontà del defunto.
Pertanto, nel caso in cui, nel testamento, il defunto abbia del tutto trascurato uno degli eredi legittimari (così si chiamano i soggetti cui il codice civile riserva una quota di eredità), ovvero abbia attribuito loro una quota ereditaria inferiore a quella spettante per legge, questi possono proporre in giudizio l’azione di riduzione, per ottenere quanto il defunto non ha voluto attribuire loro.
Peraltro, la dottrina ammette la possibilità che gli eredi, anziché andare in giudizio ad esperire l’azione di riduzione, pervengano ad un accordo con cui riconoscono agli eredi legittimari pretermessi la quota loro spettante.
La possibilità di stipulare accordi in sostituzione di legittima non è prevista a chiare lettere dal codice civile, ma è espressamente contemplata dalla normativa fiscale che, all’art. 43 del DLgs. 346/90 (Testo Unico delle imposte di successione e donazione) dispone che l’imposta sulle successioni si applica in base alle disposizioni testamentarie ed agli “eventuali accordi diretti a reintegrare i diritti dei legittimari”, se risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. Tale norma, in breve, riconosce che l’accordo di reintegrazione di legittima configura un atto della successione, tale da modificare l’assetto dei beni ereditari configurato dal testamento e, pertanto, di esso deve tenersi conto nel computo dell’imposta di successione e donazione dovuta.
Ma, quindi, come va tassato l’accordo in questione?
Se esso va inquadrato nell’ambito della vicenda successoria, atteso che di esso deve tenersi conto nella determinazione dell’imposta sulle successioni, dovrebbe concludersi che esso sia soggetto ad imposta di registro fissa.
In senso opposto, però, parte della dottrina ritiene che tale accordo, in quanto “atto di accertamento costitutivo” possa essere assimilato ad un atto dichiarativo e quindi, al pari della divisione, vada assoggettato ad imposta di registro nella misura dell’1%, a norma dell’art. 3 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86.
Infine, alcuni uffici dell’Amministrazione finanziaria ritengono che esso vada assoggettato ad imposta di registro nella misura del 3%, a norma dell’art. 9 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, in quanto atto non altrove disciplinato, avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.
Una recente sentenza della Commissione tributaria provinciale di Aosta (31 ottobre 2011 n. 18/3/11) si è pronunciata sulla questione, condividendo la soluzione adottata dal notaio che aveva redatto l’atto di reintegrazione dei diritti dei legittimari, il quale, nel registrarlo, aveva corrisposto l’imposta di registro in misura fissa.
Nel caso di specie, in particolare, gli eredi della defunta, avendo verificato che dal testamento da questa redatto emergeva la lesione della legittima in capo a due legittimari, formalizzavano un accordo diretto a reintegrare i diritti di questi ultimi, individuando il valore da attribuire loro e le modalità di tacitazione delle loro pretese.
Il notaio rogante, nel registrare tale atto, lo assoggettava ad imposta di registro in misura fissa, ma l’Agenzia delle Entrate richiedeva l’imposta di registro nella misura del 3%.
Contro la pretesa dell’Erario presentava ricorso il Notaio, sostenendo che l’Ufficio avesse errato nel ricondurre l’accordo tra eredi e legittimari all’art. 9 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, in quanto esso configurava, invece, un atto mortis causa, di cui tenere conto nella determinazione dell’imposta sulle successioni, come espressamente previsto dall’art. 43 del DLgs. 346/90. Pertanto, in applicazione del “pacifico principio di alternatività tra l’imposta di successione e  l’imposta di registro”, tale atto, secondo il notaio, andava assoggettato ad imposta di registro in misura fissa.
Se l’atto comporta una divisione, l’imposta è dell’1%
La Commissione tributaria provinciale di Aosta dà ragione al notaio, condividendo che la corretta tassazione degli accordi in sostituzione di legittima debba essere desunta dalla norma recata dall’art. 43 del DLgs. 346/90 che, per l’appunto, li inquadra nell’ambito della vicenda successoria.
Inoltre – aggiunge la Commissione – tale orientamento è confermato dalla giurisprudenza, come si desume dalla sentenza della C.T.C. 3180/2003, secondo la quale l’accordo tra eredi per la reintegrazione della legittima ha gli stessi presupposti delle attribuzioni testamentarie (anche se, poi, quella sentenza concludeva per l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale, ma solo perché, nell’atto in questione, era contenuta anche una divisione della comunione ereditaria).
 / Anita MAURO

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