Accertamento
L’Ufficio deve dimostrare di aver valutato le osservazioni del contribuente
Secondo una recente sentenza, in caso contrario l’avviso di accertamento può considerarsi nullo
/ Venerdì 24 febbraio 2012
La Guardia di Finanza aveva sottoposto a verifica una società quotata in borsa. In esito alle attività ispettive, aveva constatato delle differenze inventariali già rilevate dalla stessa contribuente nella sua contabilità di magazzino. Le Fiamme Gialle, sulla base di tali incongruenze nelle giacenze, avevano ritenuto operanti le presunzioni di acquisto e di vendita senza fattura, di cui al DPR 441/1997, a seconda che si trattasse di differenze inventariali positive o negative.
Entro 60 giorni dal rilascio del PVC, la società aveva presentato all’Ufficio, ai sensi dell’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000), delle osservazioni con cui aveva evidenziato che le differenze rilevate dai militari della Finanza erano da ricondurre ad errori fisiologici nella gestione di un simile magazzino: la società esponeva, infatti, che i codici dei prodotti trattati erano circa 30.000, per un numero complessivo di movimentazioni di circa 800.000 all’anno; a fronte di ciò, le contestazioni della GdF si riferivano a differenze inventariali pari allo 0,1-0,3% del fatturato. La contribuente, infine, sottolineava la scarsa plausibilità dell’asserita strategia di evasione, che sarebbe stata perpetrata attraverso vendite e acquisti in nero di migliaia di articoli di importi singoli del tutto irrisori.
L’Agenzia delle Entrate, alla luce di tali osservazioni, ridimensionava la pretesa impositiva, riconoscendo che la società aveva giustificato in gran parte le differenze inventariali contestate dalla Guardia di Finanza, ma non totalmente. Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria emetteva gli atti impositivi per la parte residuante.
La società proponeva ricorso alla C.T. Prov., eccependo, tra l’altro, la violazione del summenzionato art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente, in base al quale, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste “che sono valutate dagli uffici impositori”. La ricorrente lamentava la mancata valutazione delle sue osservazioni da parte dell’Ufficio, atteso che non era stata motivata la ragione per cui non si era proceduto all’archiviazione totale del verbale della Finanza alla luce di tali allegazioni ed essendosi l’Agenzia delle Entrate limitata ad affermare che “la società non ha adeguatamente giustificato” le residuanti differenze inventariali, poi poste a base degli accertamenti.
Secondo i giudici provinciali, l’Amministrazione finanziaria, stante la prefata disposizione statutaria, deve dimostrare di aver adeguatamente valutato le osservazioni del contribuente, poiché, in caso di carente motivazione sul punto, non può che conseguire la nullità dell’atto impositivo. Tale principio, secondo i giudici di prime cure, sarebbe confermato anche dalla recente presa di posizione della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 22320/2010) e costituzionale (Cost. n. 244/2009) sull’altra disposizione, sempre recata dallo stesso art. 12, comma 7, dello Statuto, in base alla quale l’Ufficio non può notificare l’avviso di accertamento prima del decorso di 60 giorni dal rilascio del PVC, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per tale fattispecie, la predetta giurisprudenza ha stabilito, infatti, che il cosiddetto accertamento “anticipato” è nullo se non vengono allegate le ragioni di particolare e motivata urgenza che ne hanno determinato l’adozione.
Nel caso di specie, la ripresa fiscale delle residuanti differenze inventariali, dopo le osservazioni formulate dalla contribuente, era stata motivata genericamente con la mancanza di “un’adeguata giustificazione” di queste da parte della società. Secondo il collegio giudicante, una simile affermazione non poteva assurgere a prova dell’avvenuta valutazione di tali osservazioni da parte dell’Ufficio. Conseguentemente, gli atti impositivi sono stati annullati.
Le interessanti conclusioni raggiunte dai giudici di merito trovano il loro limite, innanzitutto, proprio nel richiamo alla giurisprudenza relativa all’altra disposizione statutaria, ovvero il divieto di emanazione dell’atto impositivo prima di 60 giorni dal PVC: la questione, infatti, è tutt’altro che pacifica, giacché la Cassazione, proprio con l’ultima sentenza sulla questione, la n. 21103/2011, è tornata sulla sua originaria posizione, già manifestata nel 2008, in base alla quale, in assenza di una specifica sanzione di nullità, la violazione della prefata disposizione statutaria non comporta alcun pregiudizio all’atto impositivo (Cass. n. 19875/2008).
Si sottolinea, poi, che la C.T. Prov. di Torino, con la sentenza n. 3/1/10 del 14 gennaio 2011, è giunta, invece, a conclusioni diverse rispetto a quelle dei giudici emiliani, stabilendo che l’atto impositivo non è nullo neppure se l’Ufficio ha completamente ignorato le osservazioni del contribuente, senza neanche menzionarle nell’avviso di accertamento.
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