IRAP non sempre dovuta per i grandi studi professionali
Alcune pronunce hanno escluso l’assoggettamento ad imposta degli studi professionali di rilevanti dimensioni
È sempre vero che un grande studio professionale con dipendenti, collaboratori, importanti cespiti deve l’IRAP?
Sulla base della giurisprudenza di seguito specificata, parrebbe di no. Anzi, per essere precisi, si potrebbe dire che ogni professionista possa dimostrare l’insussistenza del presupposto impositivo se riesce ad utilizzare la tecnica difensiva più opportuna (si pensi, ad esempio, alla cosiddetta scissione dell’imponibile IRAP e al ruolo delle istanze subordinate all’interno del ricorso introduttivo).
Preliminarmente, giova osservare che la debenza IRAP discende dall’autonoma organizzazione e non solamente dall’organizzazione (in questo senso, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8834 del 2009, stabilì che, laddove il titolare si avvalga di un collaboratore – sia esso dipendente, praticante o altro – non in grado di produrre autonomamente per il titolare medesimo, il presupposto impositivo IRAP non si realizza). È appena il caso di puntualizzare che molte volte (basti pensare alla maggior parte degli studi notarili) i grandi studi sono certamente organizzati, ma non anche autonomamente organizzati.
Inoltre, è opportuno non dimenticare che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 120/1972, ha statuito che “a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi”. È del tutto evidente che un cosiddetto “mini studio”, che rientra all’interno del perimetro “no IRAP” tracciato dalla circolare Agenzia delle Entrate n. 45/2008, si trova, rispetto all’IRAP, nella medesima situazione di un grande studio che, ad esempio, sia solamente organizzato: infatti, entrambi non sono autonomamente organizzati e, pertanto, entrambi devono ricevere lo stesso trattamento rispetto all’IRAP (non debenza della stessa).
Ciò specificato, appare importante rilevare che, sulla base di queste argomentazioni, la giurisprudenza non ha mancato di accogliere le ragioni dei notai e degli studi associati. Sempre rispetto agli studi associati, secondo la Cass. n. 22386 del 3 novembre 2010, “i giudici della C.T. Reg. […] avrebbero potuto escludere l’assoggettabilità ad IRAP soltanto nel caso in cui il contribuente avesse fornito la prova che il reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati”. Ciò, a conti fatti, significa che la Suprema Corte non ha mai condiviso l’apodittico meccanicismo “studio associato=IRAP”.
Inoltre, la giurisprudenza ha accolto anche le ragioni degli studi con “importanti” collaboratori (tra le altre, C.T. Prov. Venezia n. 50/03/2011 – a circa 37.000 euro ammontava il costo degli stessi).
In riferimento ai medici, tra le tante si cita, per esempio, la C.T. Reg. di Venezia n. 07/9/10 del 29 gennaio 2010, che ha statuito la non debenza dell’IRAP per un dentista con quasi 130.000 euro di cespiti e 25.000 euro di compensi e, ancora, la C.T. Prov. di Venezia n. 86/12/2011 riferita ad un medico con collaboratore (si veda “Niente IRAP per il medico se non c’è autonoma organizzazione” del 2 marzo 2011).
Anche verso professionisti con CED non mancano le pronunce favorevoli (tra le altre, Cass. n. 9214 del 18 aprile 2007).
/ Alvise BULLO
Sulla base della giurisprudenza di seguito specificata, parrebbe di no. Anzi, per essere precisi, si potrebbe dire che ogni professionista possa dimostrare l’insussistenza del presupposto impositivo se riesce ad utilizzare la tecnica difensiva più opportuna (si pensi, ad esempio, alla cosiddetta scissione dell’imponibile IRAP e al ruolo delle istanze subordinate all’interno del ricorso introduttivo).
Preliminarmente, giova osservare che la debenza IRAP discende dall’autonoma organizzazione e non solamente dall’organizzazione (in questo senso, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8834 del 2009, stabilì che, laddove il titolare si avvalga di un collaboratore – sia esso dipendente, praticante o altro – non in grado di produrre autonomamente per il titolare medesimo, il presupposto impositivo IRAP non si realizza). È appena il caso di puntualizzare che molte volte (basti pensare alla maggior parte degli studi notarili) i grandi studi sono certamente organizzati, ma non anche autonomamente organizzati.
Inoltre, è opportuno non dimenticare che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 120/1972, ha statuito che “a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi”. È del tutto evidente che un cosiddetto “mini studio”, che rientra all’interno del perimetro “no IRAP” tracciato dalla circolare Agenzia delle Entrate n. 45/2008, si trova, rispetto all’IRAP, nella medesima situazione di un grande studio che, ad esempio, sia solamente organizzato: infatti, entrambi non sono autonomamente organizzati e, pertanto, entrambi devono ricevere lo stesso trattamento rispetto all’IRAP (non debenza della stessa).
Ciò specificato, appare importante rilevare che, sulla base di queste argomentazioni, la giurisprudenza non ha mancato di accogliere le ragioni dei notai e degli studi associati. Sempre rispetto agli studi associati, secondo la Cass. n. 22386 del 3 novembre 2010, “i giudici della C.T. Reg. […] avrebbero potuto escludere l’assoggettabilità ad IRAP soltanto nel caso in cui il contribuente avesse fornito la prova che il reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati”. Ciò, a conti fatti, significa che la Suprema Corte non ha mai condiviso l’apodittico meccanicismo “studio associato=IRAP”.
Inoltre, la giurisprudenza ha accolto anche le ragioni degli studi con “importanti” collaboratori (tra le altre, C.T. Prov. Venezia n. 50/03/2011 – a circa 37.000 euro ammontava il costo degli stessi).
In riferimento ai medici, tra le tante si cita, per esempio, la C.T. Reg. di Venezia n. 07/9/10 del 29 gennaio 2010, che ha statuito la non debenza dell’IRAP per un dentista con quasi 130.000 euro di cespiti e 25.000 euro di compensi e, ancora, la C.T. Prov. di Venezia n. 86/12/2011 riferita ad un medico con collaboratore (si veda “Niente IRAP per il medico se non c’è autonoma organizzazione” del 2 marzo 2011).
Anche verso professionisti con CED non mancano le pronunce favorevoli (tra le altre, Cass. n. 9214 del 18 aprile 2007).
Importante valutare strategie difensive “alternative”
Nell’ipotesi in cui un professionista non ritenga di essere sufficientemente sicuro di una “piena” vittoria, può ricorrere al ruolo delle istanze subordinate e alla dimostrazione della cosiddetta scissione dell’imponibile IRAP, secondo la quale, nel pieno rispetto di quanto imposto dall’art. 53 della Costituzione, l’IRAP non può essere dovuta su quella circoscritta parte di valore aggiunto che il contribuente si premura di motivare e provare non poggiare sull’(eventuale) autonoma organizzazione dello studio (cfr. Cass. n. 10594 del 9 maggio 2007; Ordinanza Corte di Cassazione n. 12653 del 28 maggio 2009; Cass. n. 19607 del 16 settembre 2010; Cass. n. 27983 del 21 dicembre 2011)./ Alvise BULLO
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