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venerdì 11 gennaio 2013

VIES: le prime decisioni della Corte UE

VIES: le prime decisioni della Corte UE
Data: 20/12/2012
Acquisti intracomunitari effettuati da soggetti non iscritti al VIES: conseguenze, criticità e dubbi.
L’Agenzia delle entrate con la risoluzione 27 Aprile 2012, n.42/E ha analizzato le conseguenze della mancata iscrizione al Vies dei soggetti passivi che si addentrano ad effettuare operazioni intracomunitarie. Assonime con la circolare 26 Luglio 2012 ha espresso le proprie perplessità a riguardo sottolineando l’evidente incompatibilità con i dettati comunitari e con i principi del libero scambio.
Agenzia delle Entrate: risoluzione 27 Aprile 2012 n. 42/E
Con l’obiettivo di garantire un attento monitoraggio dei soggetti che effettuano scambi intracomunitari, assoggettati quindi al relativo trattamento fiscale agevolato, l’Agenzia delle Entrate a partire dal 31 Maggio 2010 (data di entrata in vigore del D.L. 78/2010) ha introdotto l’obbligo di iscrizione alla banca dati  VIES di tutti i contribuenti intenzionati ad operare in ambito intracomunitario.
A seguito di tale novità, gli operatori devono quindi esprimere tale volontà in maniera preventiva rispetto l’effettuazione delle operazioni. Al momento della richiesta tuttavia non avviene l’automatica assegnazione della partita iva comunitaria; sono necessari infatti 30 giorni affinché l’Agenzia delle Entrate analizzi lo status del contribuente riconoscendo requisiti di affidabilità e perfezioni la procedura tramite il silenzio assenso. In attesa dell’iscrizione al Vies, la soggettività passiva ed attiva ad intraprendere operazioni intracomunitarie è sospesa.
Se manca il Vies alla data di effettuazione dell’operazione quindi, l’Amministrazione fiscale,  non riconosce il trattamento fiscale dell’operazione intracomunitaria sia per il cedente che per il cessionario e viene meno la possibilità di affidarsi al meccanismo di reverse change.
In tale ottica quindi:
- il cessionario italiano difetta del'iscrizione al VIES: la controparte comunitaria deve esimersi dal qualificare fiscalmente l’operazione come scambio comunitario
- il cessionario non residente difetta dell'iscrizione al VIES: si applica il regime impositivo interno
L’Amministrazione fiscale ha altresì precisato che, qualora il soggetto non iscritto al Vies assoggetti l’operazione al regime proprio delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi intracomunitarie, sono previste delle sanzioni pari ad un importo che va dal 100 al 200% dell’imposta omessa.
Ambito comunitario
Il ragionamento dell’Agenzia delle Entrate è apparso limitativo e comunque in contrasto con il principio della libera concorrenza vigente in ambito comunitario.
L’articolo 18 del Regolamento UE n.282/2011 tratta dello status del destinatario al fine di individuarne il luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi. Il prestatore, nell’effettuare i relativi controlli sulla controparte, può basarsi su diversi indizi, primi tra cui l’iscrizione al Vies.
In assenza di quest’ultima, tuttavia, non viene immediatamente provata la mancata soggettività passiva della controparte. L’articolo 18 esplicita che un soggetto può comunque essere considerato passivo sia nelle more dell’assegnazione del numero di partita IVA, sia quando non abbia comunicato il numero di identificazione IVA, pur essendone regolarmente in possesso.
L’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione in esame, ha invece ritenuto irrilevante il suddetto Regolamento UE, assoggettando l’operatore ad un privato a seguito di un mero riscontro formale, ovvero, la mancata o la non ancora perfezionata iscrizione al Vies.
Critiche di Assonime: circolare 26 Luglio 2012, n. 21
Assonime, con la circolare 26 Luglio 2012 n. 21, ha espresso un parere contrastante con l’impostazione adottata dall’amministrazione fiscale italiana. In particolare, l’associazione ha criticato l’impostazione limitativa basata su un’interpretazione puramente testuale del dettato normativo.
L’Amministrazione finanziaria prevede, infatti, l’inapplicabilità del regime fiscale per scambi intracomunitari in modo indifferenziato, ogni qualvolta l’operatore economico non risulti iscritto al Vies alla data di effettuazione dell’operazione, mentre per Assonime occorre distinguere due ipotesi:
-         Una prima ipotesi si verifica quando il soggetto passivo non ha espresso la volontà di effettuare operazioni intracomunitarie nel momento in cui l’operazione risulta effettuata ai fini IVA ;
-         la seconda ipotesi, la più frequente nella casistica, si verifica quando l’operatore, pur avendo espresso la volontà di effettuare scambi comunitari, si trovi nel “periodo di approvazione”, quando l’Agenzia delle Entrate deve ancora manifestare il suo eventuale silenzio assenso al fine del riconoscimento Vies.
Per questa seconda ipotesi, Assonime auspica una maggior flessibilità proponendo di non legare più il carico fiscale previsto a dei semplici adempimenti burocratici.
Si potrebbero infatti evitare i 30 giorni per la valutazione delle domande necessarie all’iscrizione nella banca dati e concedere subito ai contribuenti la soggettività passiva comunitaria, salvo poi riservare la possibilità all’amministrazione finanziaria di fare un’attenta analisi della controparte e decidere se revocare o confermare l’esito della richiesta. In questo modo, le esigenze degli operatori sarebbero garantite, fermo restando il successivo recupero dell’imposta non applicata qualora l’Amministrazione fiscale accertasse che il soggetto non è in possesso dei requisiti di affidabilità richiesti per le operazioni in questione.
In caso contrario ciò che si verificherebbe secondo Assonime, è che la stessa operazione sarebbe assoggettata a IVA più volte, non rispettando il principio generale di neutralità del tributo, in quanto l’operazione che, secondo la stessa Agenzia, dovrebbe comunque essere tassata come operazione interna dello Stato del cedente, sarebbe in tal modo assoggettata a imposta anche in Italia. Invero, il soggetto passivo nazionale, avendo emesso autofattura o integrato la fattura comunitaria, sarebbe comunque obbligato a versare l’imposta,  a norma del comma 7 dell’art. 21 del D.P.R. n. 633. Nello stesso tempo, tuttavia, secondo quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 42/E/2012, non potrebbe portare in detrazione l’imposta versata, e anzi dovrebbe versare la sanzione stabilita di importo pari all’IVA detratta.
Recenti decisioni della Corte di Giustizia UE
Nel rigettare la posizione affermata dall’Agenzia delle Entrate si è espressa anche la Corte di Giustizia Ue nelle sentenze emesse nel mese di settembre 2012, in relazione alle cause C-273/11, C-324/11 e C-587/10.
Causa C-273/11: E’ stato posto al giudice Ue se l’esenzione di una cessione intracomunitaria possa essere negata al venditore qualora l’Amministrazione tributaria di un altro Stato abbia proceduto alla cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente. La Corte ha evidenziato come il già citato numero identificato Vies fornisca la prova dello status fiscale del contribuente agevolando così il controllo tributario delle operazioni intracomunitarie; nel contempo, la Direttiva 2006/11 non indica tra i prerequisiti di una cessione intracomunitaria il possesso tassativo del numero identificativo.
La Corte ha inoltre ribadito come uno Stato che subordini il trattamento fiscale dei contribuenti a oneri puramente formali non operi in condizioni di oggettiva valutazione degli elementi sostanziali e imprescindibili.
Causa C-324/11: Il Giudice del rinvio chiedeva se l’Amministrazione finanziaria possa negare il diritto di detrarre l’IVA, qualora la licenza di imprenditore individuale dell’emittente la fattura sia stata revocata prima dell’effettuazione dell’operazione sottostante.
In questo caso, la Corte ha nuovamente citato la Direttiva 2006/112, sulla base della quale ogni soggetto passivo deve  dichiarare l’inizio, il cambiamento e la cassazione della propria attività  al fine del buon funzionamento del sistema tributario. Tuttavia, detti oneri non rivestono una condizione supplementare ai fini del riconoscimento dello status del contribuente.
Il beneficiario della detrazione mantiene il diritto alla detrazione  anche nel caso in cui il soggetto non sia registrato ai fini Iva, ma possa ben essere individuato dalle informazioni richieste dalla Direttiva 2006/112 ( fatture emesse, dati personali, natura dei servizi).
Causa C-587/10: In tale sentenza la Corte ha ribadito come la Direttiva Iva riconosca il potere ai singoli Stati di adottare provvedimenti necessari a tutelare la riscossione dell’imposta, evitando frodi fiscali. Tuttavia, la posizione dell’Amministrazione finanziaria italiana appare alla Corte eccessiva e contrastante con il principio fondamentale del sistema comune dell’imposta.
 La neutralità fiscale pretende che l’esenzione Iva sia legata a requisiti sostanziali, e non meramente formali come l’iscrizione al Vies.
Alla luce di tali interpretazioni comunitarie si auspica un ripensamento da parte dell’amministrazione fiscale italiana, e in attesa di un tale mutamento i giudici nazionali potrebbero  disapplicare la norma.
FONTE:COMMERCIO INTERNAZIONALE

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