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venerdì 11 gennaio 2013

Gli errori nel procedimento di reclamo costano cari

Contenzioso

Gli errori nel procedimento di reclamo costano cari


È stata pubblicata una delle prime decisioni delle Commissioni tributarie sul procedimento di reclamo, introdotto dal DL 98/2011 e applicabile ai soli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000 euro.
Con la sentenza n. 184/2/12 depositata il giorno 7 novembre 2012, la C.T. Prov. di Campobasso ha applicato il disposto di cui all’art. 17-bis del DLgs. 546/92 in tema di spese processuali: ergo, se il contribuente, successivamente alla procedura di reclamo, risulta soccombente, a meno che il giudice non ravvisi gli estremi per disporre la compensazione delle spese, queste sono maggiorate del 50%.
Nel caso di specie, è stato proposto reclamo avverso il ruolo, e l’Amministrazione finanziaria, accogliendo il primo motivo di ricorso del contribuente, ne ha disposto l’annullamento (con il reclamo, a quanto pare, erano stati sollevati diversi motivi di legittimità).
Il contribuente, ritenendo che l’Ufficio avrebbe dovuto annullare il ruolo non solo sul primo motivo ma su tutti, si è costituito in giudizio, e il giudice, con decreto, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.
Su reclamo del contribuente (proposto questa volta ai sensi dell’art. 28 del DLgs. 546/92), il Collegio si è pronunciato confermando l’inammissibilità del ricorso e condannandolo alle spese maggiorate del 50%.
Ad avviso dei giudici, nel momento in cui il ricorso è stato proposto, il ruolo era già stato annullato, quindi non si tratta di estinzione del giudizio (che ancora non c’era) ma di inammissibilità del ricorso, in quanto notificato avverso un atto che non era più esistente.
La ratio decidendi seguita dai giudici conferma quanto affermato più volte in precedenti articoli: è fondamentale delineare la natura giuridica dell’atto di reclamo, in quanto trattasi non di disquisizione teorica, ma di un aspetto che influenza praticamente tutte le fasi del procedimento.
È nota la posizione della dottrina sul tema:
- per alcuni la notifica del reclamo ha un valore solo amministrativo, la fase giudiziale comincia con la costituzione in giudizio;
- per altri (e questa è la tesi da noi avallata), già al momento di notifica del reclamo è da ritenersi incardinata la fase giurisdizionale, posto che tale atto altro non è che il ricorso.
L’accoglimento della seconda tesi ha aspetti negativi e positivi: se, sussistendo l’effetto del ricorso, è subito possibile la riscossione del terzo, è anche possibile chiedere subito la sospensiva al giudice, in quanto non si tratta di tutela cautelare ante causam.
Ancora una volta ha rilievo la natura dell’atto
Anche nel caso deciso dalla Commissione, l’accoglimento della tesi della natura processuale del reclamo avrebbe avuto i suoi effetti: se la notifica del reclamo è idonea a incardinare la fase processuale, allora l’annullamento del ruolo intervenuto nell’ambito della procedura “amministrativa” di reclamo comporta, comunque, l’estinzione del giudizio e non l’inammissibilità del ricorso.
La distinzione è che il giudice avrebbe potuto applicare l’art. 46 del DLgs. 546/92 e decidere di compensare le spese, visto che il Fisco aveva riconosciuto il suo sbaglio annullando il ruolo (cosa che sarebbe dovuta avvenire prima, in modo da evitare di costringere il contribuente a munirsi di difensore e presentare reclamo).
Ecco che emerge un aspetto più volte messo in rilievo dalla più attenta dottrina: come può il contribuente ottenere la condanna alle spese della controparte se il Fisco annulla l’atto nell’ambito del reclamo? A nostro avviso, se lo si inquadra già come atto processuale, sarebbe possibile costituirsi in giudizio solo con questo fine.
FONTE:EUTEKNE
 

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