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venerdì 4 gennaio 2013

Come tassare i dividendi distribuiti nel 2012

Come tassare i dividendi distribuiti nel 2012

dividendi
Con la riforma della tassazione dei redditi di natura finanziaria, ad opera dell’art. 2, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138,1 sono state apportate, tra l’altro, delle modifiche al regime di tassazione dei dividendi (cfr. articolo “Tassazione dei redditi di natura finanziaria: chiarimenti sull’unificazione dell’aliquota”, pubblicato il 15 maggio p.v.).
Infatti, il decreto in parola stabilisce che sui dividendi percepiti dal 1° gennaio 2012 vi è un incremento dell’aliquota della ritenuta a titolo d’imposta dal 12,5% al 20%. Di conseguenza, saranno giocoforza interessati dal nuovo disposto anche gli utili distribuiti ed accantonati a riserva prima dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2012.
Partecipazioni qualificate.
Resta immutata per dividendi, ed i proventi assimilati ad essi, percepiti da soggetti passivi ai fini IRPEF ed IRES su partecipazioni c.d. qualificate2 in società od altri soggetti IRES, la misura con la quale i medesimi concorrono al reddito imponibile del socio.
In particolare, se gli utili derivanti da partecipazioni, detenute anche nell’esercizio di attività d’impresa, sono percepiti da soggetti passivi IRPEF residenti, quest’ultimi dovranno indicare in dichiarazione dei redditi il 49,72% del loro ammontare, oppure il 100% se gli utili in parola provengono da società, partecipate anche indirettamente, residenti in paesi o territori a regime fiscale privilegiato e non quotate in mercati regolamentati, salvo accoglimento dell’istanza di interpello disapplicativo della norma antielusiva in questione, ai sensi dell’art. 37-bis, presentata dal contribuente.3
Inalterata risulta essere anche l’esenzione prevista per le persone giuridiche, nella misura del 95% degli utili da partecipazione percepiti, salvo la tassazione integrale nei casi di partecipazioni, anche indirette, in società non quotate, residenti in paesi o territori a regime fiscale privilegiato.
E’ fatta salva l’eccezione rappresentata dalle società e dagli enti soggetti all’imposta sul reddito delle società nell’ambito dell’Unione europea, o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che consentono lo scambio di informazioni, per i quali è prevista una ritenuta a titolo d’imposta dell’1,375% sugli utili loro corrisposti su partecipazioni, anche non qualificate.4
Partecipazioni non qualificate.
D’altro canto, l’art. 2, comma 10, del D.l. n. 138/2011 ha stabilito un’aliquota di tassazione nella misura del 20% per i dividendi da partecipazioni non qualificate, non detenute nell’esercizio di attività d’impresa, percepiti da persone fisiche, residenti o meno,5 in luogo rispettivamente dei previgenti 12,50% e 27%.
Se possedute nell’ambito dell’attività d’impresa, invece, gli utili percepiti concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 49,72%.
E’ evidente che il decreto legge in commento ha prodotto un trattamento fiscale dei dividendi meno gravoso per il contribuente grande azionista (rectius con partecipazioni qualificate) rispetto a quello previsto per il piccolo azionista, in ragione della necessità di un’elevata aliquota IRPEF marginale del socio per rendere più favorevole la tassazione delle partecipazioni non qualificate.
Inoltre, anche in questo caso, l’esenzione prevista per le persone giuridiche rimane inalterata al 95% degli utili da partecipazione percepiti.
Vige altresì la tassazione integrale nei casi di partecipazioni non qualificate, anche indirette, in società non quotate, residenti in paesi o territori a regime fiscale privilegiato.
1 Cfr. art. 2, commi da 6 a 34, del decreto legge 13 agosto 2001, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
2 Sono qualificate quelle partecipazioni con le quali si detiene una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria, in una società quotata o meno, superiore rispettivamente al 2% ed al 20%, oppure una partecipazione al capitale o al patrimonio rispettivamente superiore al 5 ed al 25%.
3 L’imputazione di tali proventi ai redditi del socio non avviene se i primi hanno già concorso alla formazione dei redditi del socio ai sensi della normativa sulle C.F.C (rectius ai sensi degli artt. 167 e 168 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).
4 Cfr. art. 27, comma 3 ter, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
5 Per i non residenti si applica l’aliquota del 20%, oppure quella inferiore eventualmente stabilita nelle convenzioni contro le doppie imposizioni.
fonte:fisco e tasse

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