accertamento
Per la Cassazione il redditometro è una presunzione semplice
La decisione, però, convive con un
opposto orientamento di legittimità, che dovrebbe essere risolto da una
sentenza a Sezioni Unite
La sentenza della Cassazione n. 23554/2012 contiene un’importantissima statuizione in merito alla capacità probatoria del redditometro,
perché con essa, per la prima volta, la Suprema Corte ha stabilito,
chiaramente e in maniera netta, che quella integrata nello strumento
redditometrico è una presunzione semplice, attraverso la quale si perviene alla determinazione del reddito complessivo presunto del contribuente, mediante gli elementi indicativi di capacità contributiva.
Già nel 2011, sulle pagine di questo quotidiano (si veda “La Cassazione amplia la difesa nel «redditometro»” del 18 giugno 2011), era stata portata all’attenzione la sentenza n. 13289, con cui la Cassazione, seppur in maniera indiretta, equiparando il redditometro agli studi di settore, aveva stabilito che anche il primo, come i secondi, è assistito da una presunzione semplice, di cui ne avevano dato ampia motivazione le stesse Sezioni Unite, con la sentenza n. 26635/2009. Pertanto, anche al redditometro risultavano applicabili i principi sanciti dal consesso plenario, a partire da quelli in materia di onere probatorio, per cui per l’Ufficio non è sufficiente applicare gli studi di settore per fondare l’accertamento, essendo necessari ulteriori elementi. Del resto, proprio questa è la capacità probatoria della presunzione semplice: si tratta di un indizio utilizzabile nel processo di formazione della pretesa tributaria soltanto se adeguatamente supportato da altri elementi indiziari (potremmo dire gravi, precisi e concordanti, o qualificati). Tale tesi sul redditometro, poi, è stata adottata anche da una parte della giurisprudenza di merito, tra cui, recentemente, un collegio giudicante di Torino, che proprio alla predetta sentenza 13289 si è richiamato (C.T. Reg. Torino 24 novembre 2011 n. 76/14/11). Se, quindi, il redditometro è una presunzione semplice, l’Ufficio deve integrare la pretesa con ulteriori elementi di supporto, a pena di nullità; diversamente, se è una presunzione legale relativa, è sufficiente il riscontro degli elementi indicativi di capacità contributiva per legittimare l’accertamento.
Se con la sentenza del 2011 (ad avviso di chi scrive) la Cassazione aveva forse preso un po’ alla larga il discorso, con la pronuncia odierna, invece, i giudici di legittimità chiaramente stabiliscono che “l’accertamento sintetico disciplinato dall’articolo 38 del DPR 600/1973, già nella formulazione anteriore a quella successivamente modificata dall’articolo 22 del DL 78/2010 (…) tende a determinare, attraverso presunzioni semplici, il reddito complessivo presunto del contribuente”. Con tale formulazione testuale gli Ermellini hanno affermato, pertanto, che non solo lo strumento presuntivo risultante dal nuovo testo post DL 78/2010 integra una presunzione semplice, ma che lo era già in precedenza, quando era in vigore il vecchio testo normativo dell’articolo 38 del DPR 600/1973, prima delle modifiche testé richiamate.
In effetti, le versioni di quest’ultimo articolo prima e dopo l’intervento legislativo del 2010 sono molto differenti: quella precedente induceva a ritenere la sussistenza di una presunzione legale relativa a favore del redditometro perché – come si ricorderà – consentiva l’accertamento presuntivo sulla base di “elementi e circostanze di fatto certi” e addirittura per l’accertamento da incrementi patrimoniali la norma riportava la locuzione “si presume”. Nel testo normativo post DL 78/2010, invece, non vi è più alcun riferimento agli elementi certi e precisi, né tantomeno si fa espresso richiamo alle presunzioni. Si è ritenuto, quindi, che quella del nuovo strumento sia una presunzione meno forte di quella precedente e più simile a quella degli studi di settore (con cui il nuovo redditometro ha diverse analogie), ovvero una presunzione semplice, che necessita di ulteriori elementi probatori per poter assurgere a quel livello di qualificazione tale da renderla utilizzabile nell’ambito dell’attività accertativa.
Nondimeno, tuttavia, può essere dimenticata la lunghissima e vastissima produzione giurisprudenziale di legittimità per cui, ormai da decenni, almeno con riferimento alla formulazione normativa del redditometro ante DL 78/2010, lo strumento presuntivo integra una presunzione legale relativa, per cui, una volta riscontrata dall’Amministrazione finanziaria la presenza degli elementi indicativi di capacità contributiva, null’altro quest’ultima è tenuta a dimostrare, ed il giudice tributario – come ripetutamente ribadito dai giudici della Cassazione – non può ridurre la “portata probatoria” di quegli elementi, “atteso che è la legge stessa a ricollegare al fatto certo di tale disponibilità l’esistenza di una capacità contributiva” (ex multis, Cass. 9549/2011, 3316/2009, 16284/2007, 20588/2005). Ed è significativo, in proposito, che dopo la sentenza 13289/2011, di segno contrario, gli Ermellini, con la pronuncia immediatamente successiva, siano nuovamente tornati sulla loro posizione prevalente (Cass. 27545/2011).
In conclusione, nonostante l’importante pronuncia odierna, che certamente rappresenta una conferma dell’esistenza di un nuovo filone giurisprudenziale di legittimità a favore della tesi per cui il redditometro integra una presunzione semplice, la questione è tutt’altro che definita, stante la contemporanea esistenza dell’altro consolidato orientamento della Cassazione. È necessaria, quindi, quantomeno per il “vecchio” redditometro, una pronuncia a Sezioni Unite che dirima il contrasto giurisprudenziale che si è ormai appalesato.
/ Alessandro BORGOGLIO
fonte:eutekne
Già nel 2011, sulle pagine di questo quotidiano (si veda “La Cassazione amplia la difesa nel «redditometro»” del 18 giugno 2011), era stata portata all’attenzione la sentenza n. 13289, con cui la Cassazione, seppur in maniera indiretta, equiparando il redditometro agli studi di settore, aveva stabilito che anche il primo, come i secondi, è assistito da una presunzione semplice, di cui ne avevano dato ampia motivazione le stesse Sezioni Unite, con la sentenza n. 26635/2009. Pertanto, anche al redditometro risultavano applicabili i principi sanciti dal consesso plenario, a partire da quelli in materia di onere probatorio, per cui per l’Ufficio non è sufficiente applicare gli studi di settore per fondare l’accertamento, essendo necessari ulteriori elementi. Del resto, proprio questa è la capacità probatoria della presunzione semplice: si tratta di un indizio utilizzabile nel processo di formazione della pretesa tributaria soltanto se adeguatamente supportato da altri elementi indiziari (potremmo dire gravi, precisi e concordanti, o qualificati). Tale tesi sul redditometro, poi, è stata adottata anche da una parte della giurisprudenza di merito, tra cui, recentemente, un collegio giudicante di Torino, che proprio alla predetta sentenza 13289 si è richiamato (C.T. Reg. Torino 24 novembre 2011 n. 76/14/11). Se, quindi, il redditometro è una presunzione semplice, l’Ufficio deve integrare la pretesa con ulteriori elementi di supporto, a pena di nullità; diversamente, se è una presunzione legale relativa, è sufficiente il riscontro degli elementi indicativi di capacità contributiva per legittimare l’accertamento.
Se con la sentenza del 2011 (ad avviso di chi scrive) la Cassazione aveva forse preso un po’ alla larga il discorso, con la pronuncia odierna, invece, i giudici di legittimità chiaramente stabiliscono che “l’accertamento sintetico disciplinato dall’articolo 38 del DPR 600/1973, già nella formulazione anteriore a quella successivamente modificata dall’articolo 22 del DL 78/2010 (…) tende a determinare, attraverso presunzioni semplici, il reddito complessivo presunto del contribuente”. Con tale formulazione testuale gli Ermellini hanno affermato, pertanto, che non solo lo strumento presuntivo risultante dal nuovo testo post DL 78/2010 integra una presunzione semplice, ma che lo era già in precedenza, quando era in vigore il vecchio testo normativo dell’articolo 38 del DPR 600/1973, prima delle modifiche testé richiamate.
In effetti, le versioni di quest’ultimo articolo prima e dopo l’intervento legislativo del 2010 sono molto differenti: quella precedente induceva a ritenere la sussistenza di una presunzione legale relativa a favore del redditometro perché – come si ricorderà – consentiva l’accertamento presuntivo sulla base di “elementi e circostanze di fatto certi” e addirittura per l’accertamento da incrementi patrimoniali la norma riportava la locuzione “si presume”. Nel testo normativo post DL 78/2010, invece, non vi è più alcun riferimento agli elementi certi e precisi, né tantomeno si fa espresso richiamo alle presunzioni. Si è ritenuto, quindi, che quella del nuovo strumento sia una presunzione meno forte di quella precedente e più simile a quella degli studi di settore (con cui il nuovo redditometro ha diverse analogie), ovvero una presunzione semplice, che necessita di ulteriori elementi probatori per poter assurgere a quel livello di qualificazione tale da renderla utilizzabile nell’ambito dell’attività accertativa.
Nondimeno, tuttavia, può essere dimenticata la lunghissima e vastissima produzione giurisprudenziale di legittimità per cui, ormai da decenni, almeno con riferimento alla formulazione normativa del redditometro ante DL 78/2010, lo strumento presuntivo integra una presunzione legale relativa, per cui, una volta riscontrata dall’Amministrazione finanziaria la presenza degli elementi indicativi di capacità contributiva, null’altro quest’ultima è tenuta a dimostrare, ed il giudice tributario – come ripetutamente ribadito dai giudici della Cassazione – non può ridurre la “portata probatoria” di quegli elementi, “atteso che è la legge stessa a ricollegare al fatto certo di tale disponibilità l’esistenza di una capacità contributiva” (ex multis, Cass. 9549/2011, 3316/2009, 16284/2007, 20588/2005). Ed è significativo, in proposito, che dopo la sentenza 13289/2011, di segno contrario, gli Ermellini, con la pronuncia immediatamente successiva, siano nuovamente tornati sulla loro posizione prevalente (Cass. 27545/2011).
In conclusione, nonostante l’importante pronuncia odierna, che certamente rappresenta una conferma dell’esistenza di un nuovo filone giurisprudenziale di legittimità a favore della tesi per cui il redditometro integra una presunzione semplice, la questione è tutt’altro che definita, stante la contemporanea esistenza dell’altro consolidato orientamento della Cassazione. È necessaria, quindi, quantomeno per il “vecchio” redditometro, una pronuncia a Sezioni Unite che dirima il contrasto giurisprudenziale che si è ormai appalesato.
/ Alessandro BORGOGLIO
fonte:eutekne
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