Perizia con dubbi nelle trasformazioni di società di persone
Manca un’interpretazione univoca
dell’espressione «valori attuali» degli elementi patrimoniali su cui
determinare il capitale della società risultante
Nelle trasformazioni di società di persone in società di capitali, il capitale della società risultante dall’operazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare dalla relazione di stima di un esperto (art. 2500-ter c.c.). Il tema, molto discusso sin dalla riforma del diritto societario del 2003 e per il quale non si è ancora pervenuti a soluzione definitiva, è quello dell’esatta interpretazione della espressione “valori attuali” degli elementi patrimoniali. Sul punto le correnti di pensiero sono molteplici.
Secondo una parte della dottrina, l’esperto deve valutare il patrimonio a “valori correnti”, per cui il richiamo ai valori attuali è fatto per indicare i valori di mercato. Alcuni degli autori che sostengono questa tesi affermano però che non vi è obbligo di rivalutazione delle attività, a meno che il valore del patrimonio netto della società di persone sia inferiore a quello minimo corrispondente al tipo prescelto di società di capitali.
Diversa tesi è quella di chi sostiene che l’esperto debba adottare i medesimi criteri di valutazione del bilancio di esercizio, verificando attentamente, alla data di trasformazione, la correttezza applicativa da parte della società di persone di tali criteri.
Ad avviso di altra dottrina, la corretta interpretazione dell’espressione valori attuali deve essere profondamente diversa da quelle sopra illustrate. In primis, nella trasformazione, non trattandosi di un trasferimento di azienda (atto di scambio) ma di un mero mutamento del “tipo sociale”, non occorre stabilire il capitale economico della medesima, non si deve ricercare il valore di redditività dell’azienda, né evidenziare l’eventuale avviamento originario della stessa. Il patrimonio della società trasformata non può essere rappresentato con i criteri propri delle valutazioni di cessioni o conferimenti di azienda e quindi non vi può essere spazio per una valutazione a valori correnti delle attività e passività.
Più correttamente, secondo questa dottrina, il richiamo ai valori attuali deve essere inteso quale “aggiornamento”, alla data di trasformazione, delle valutazioni effettuate negli anni precedenti dagli amministratori della società di persone e quale verifica della sussistenza dei requisiti necessari affinché gli elementi patrimoniali siano ancora iscrivibili in bilancio.
L’aggiornamento del valore, in questa ottica, presuppone che lo stesso sia determinato tenendo conto dell’effettiva strumentalità, ossia della funzionalità delle attività e passività rispetto ai futuri esercizi. In pratica, il valore attribuito ai beni (impianti, attrezzature, macchinari, brevetti, concessioni, ecc.) nella perizia dovrebbe tenere conto della natura e delle caratteristiche dell’attività produttiva che la società svolgerà dopo la trasformazione, e quindi dei mutamenti che eventualmente interverranno nell’organizzazione, nei processi produttivi e nella struttura finanziaria dell’impresa. Se, sulla base di tali fattori, emergono plusvalenze o minusvalenze, l’esperto dovrebbe procedere a rilevare le stesse; ma trattasi di rivalutazioni e svalutazioni rispetto ai valori di carico la cui origine è ben diversa dalle rivalutazioni o svalutazioni derivanti da una valutazione dei beni a valori di mercato.
Per parte della dottrina sono valori “correnti”, per altra di “aggiornamento”
La dottrina che interpreta il richiamo al valore attuale come valore di “aggiornamento” ritiene altresì che i valori iniziali delle attività e delle passività nel bilancio di apertura dopo la trasformazione devono essere identici a quelli figuranti nel bilancio di trasformazione (relazione
dell’esperto), poiché solo tale comportamento è coerente con la
procedura di “aggiornamento” dei valori contabili, nel senso della
funzionalità rispetto alla gestione futura.Non è, quindi, condivisibile, secondo questa dottrina, l’orientamento diffuso nella prassi secondo il quale i maggiori valori risultanti dalla perizia possono anche non essere iscritti in bilancio mentre i minori valori sarebbero obbligatoriamente da iscrivere, laddove il valore del patrimonio netto risultante dalla perizia di stima è inferiore al capitale minimo previsto per il nuovo tipo sociale.
Considerata la rilevanza dei temi trattati, sono auspicabili chiarimenti da parte degli organi competenti.
FONTE:EUTEKNE
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