Accertamento
Nel «nuovo» redditometro, centrale il ruolo del contraddittorio
Resta da definire l’esatta portata della prova contraria che il contribuente dovrà fornire
Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del
decreto del 24 dicembre 2012, attuativo del “nuovo” redditometro, si
aprono molti scenari relativi, in gran parte, alla tutela che dovrà
essere accordata al contribuente, sia nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, sia nella fase contenziosa.
Riepilogando, tre sono gli indici che il Fisco utilizzerà per la determinazione sintetica del reddito: le spese che risultano dall’Anagrafe tributaria, le spese medie derivanti dalle indagini ISTAT e gli incrementi patrimoniali.
Per prima cosa, a nostro avviso, il nuovo strumento, nel complesso, appare più evoluto rispetto a quello fondato sui decreti del 1992: stante il riferimento alle spese medie ISTAT, non dovrebbe più succedere che il possesso di una vecchia auto imputi, di per sè, un reddito maggiore di 20.000 euro. Del pari, se il contribuente restituisce ad esempio 15.000 euro di rate di mutuo alla banca, il reddito presunto sarà di 15.000, e non di tre volte superiore come succedeva applicando i decreti del 1992.
È vero che, come si è già detto (si veda “In Gazzetta il decreto sul redditometro” del 5 gennaio), il nuovo strumento, essendo di fatto uno studio di settore per famiglie, avrà valore di presunzione semplice, ma ciò non vuol dire che l’intero onere probatorio, in maniera incondizionata, graverà sull’Ufficio. In altre parole, una volta arrivato l’accertamento, sarà centrale il contraddittorio, momento in cui il contribuente dovrà motivare il perchè le spese imputate non sono consone con la situazione concreta. Se il contribuente nulla dice o non si presenta, allora, come detto dalla Cassazione in tema di studi di settore, vale il dato che emerge dal “redditometro”.
Molto interessante quanto prescritto nella tabella “A”, in merito all’importanza degli investimenti: essi verranno conteggiati al netto dei disinvestimenti non solo dell’anno, ma anche dei quattro anni precedenti. Come dire: è vero che il contribuente ha dimostrato di avere una capacità di spesa, ma detta capacità, dal punto di vista normativo, trova automatica giustificazione nei disinvestimenti effettuati.
Considerato che, nel sistema pregresso (e anche oggi per gli accertamenti ante 2009) talune Direzioni provinciali pretendono la prova che il denaro proveniente dal disinvestimento è stato, in concreto, utilizzato per l’incremento patrimoniale, l’innovazione è da salutare con favore.
Ove non ci siano disinvestimenti, la spesa potrà essere imputata per intero nell’anno del sostenimento, come dice peraltro l’art. 38 del DPR 600/73, ma il contribuente potrà dimostrare di averla potuta sostenere grazie ai risparmi accumulati negli anni, e qui si aprirà il delicato problema relativo al contenuto della prova contraria.
Sulle spese medie che derivano dalle indagini ISTAT, rimane fermo che il Fisco, in certi casi, dovrà dimostrare il possesso del “fatto indice”, come ora. Di conseguenza, se vengono imputate spese medie per carburante, occorre dimostrare che il contribuente possiede un auto, stessa cosa per le spese che derivano dal possesso di animali domestici.
Relativamente alle spese, occorrerà una certa flessibilità da parte del Fisco e delle Commissioni tributarie: è palese che se, per ipotesi, l’accertamento viene fatto ad un pensionato che ha sempre vissuto in campagna, è presumibile supporre che questi nulla (o quasi) abbia speso per il vestiario, men che meno per l’iscrizione a centri di benessere.
Poi, a nostro avviso, a differenza di quanto si sta sostenendo da più parti, a poco serve conservare ricevute fiscali e scontrini, ad esempio, relativi alla spesa effettuata nel supermercato: anche se al Fisco si esibiscono le ricevute della spesa fatta tutto l’anno, il funzionario, del tutto legittimamente, potrà obiettare che il contribuente non le ha esibite tutte, e che, quindi, rimane valida la presunzione ISTAT.
Invece, potrebbe essere utile conservare le ricevute delle spese che possono risultare dalle banche dati, come quelle per l’effettuazione di viaggi e crociere (meglio averle, ad esempio per contestare eventuali errori materiali).
Queste, però, sono considerazioni “a caldo”, magari premature, posto che solo nel momento in cui si vedrà quale sarà il contenuto (e, soprattutto, la motivazione) degli accertamenti sarà possibile formulare osservazioni più precise.
/ Alfio CISSELLO
Riepilogando, tre sono gli indici che il Fisco utilizzerà per la determinazione sintetica del reddito: le spese che risultano dall’Anagrafe tributaria, le spese medie derivanti dalle indagini ISTAT e gli incrementi patrimoniali.
Per prima cosa, a nostro avviso, il nuovo strumento, nel complesso, appare più evoluto rispetto a quello fondato sui decreti del 1992: stante il riferimento alle spese medie ISTAT, non dovrebbe più succedere che il possesso di una vecchia auto imputi, di per sè, un reddito maggiore di 20.000 euro. Del pari, se il contribuente restituisce ad esempio 15.000 euro di rate di mutuo alla banca, il reddito presunto sarà di 15.000, e non di tre volte superiore come succedeva applicando i decreti del 1992.
È vero che, come si è già detto (si veda “In Gazzetta il decreto sul redditometro” del 5 gennaio), il nuovo strumento, essendo di fatto uno studio di settore per famiglie, avrà valore di presunzione semplice, ma ciò non vuol dire che l’intero onere probatorio, in maniera incondizionata, graverà sull’Ufficio. In altre parole, una volta arrivato l’accertamento, sarà centrale il contraddittorio, momento in cui il contribuente dovrà motivare il perchè le spese imputate non sono consone con la situazione concreta. Se il contribuente nulla dice o non si presenta, allora, come detto dalla Cassazione in tema di studi di settore, vale il dato che emerge dal “redditometro”.
Molto interessante quanto prescritto nella tabella “A”, in merito all’importanza degli investimenti: essi verranno conteggiati al netto dei disinvestimenti non solo dell’anno, ma anche dei quattro anni precedenti. Come dire: è vero che il contribuente ha dimostrato di avere una capacità di spesa, ma detta capacità, dal punto di vista normativo, trova automatica giustificazione nei disinvestimenti effettuati.
Considerato che, nel sistema pregresso (e anche oggi per gli accertamenti ante 2009) talune Direzioni provinciali pretendono la prova che il denaro proveniente dal disinvestimento è stato, in concreto, utilizzato per l’incremento patrimoniale, l’innovazione è da salutare con favore.
Ove non ci siano disinvestimenti, la spesa potrà essere imputata per intero nell’anno del sostenimento, come dice peraltro l’art. 38 del DPR 600/73, ma il contribuente potrà dimostrare di averla potuta sostenere grazie ai risparmi accumulati negli anni, e qui si aprirà il delicato problema relativo al contenuto della prova contraria.
Sulle spese medie che derivano dalle indagini ISTAT, rimane fermo che il Fisco, in certi casi, dovrà dimostrare il possesso del “fatto indice”, come ora. Di conseguenza, se vengono imputate spese medie per carburante, occorre dimostrare che il contribuente possiede un auto, stessa cosa per le spese che derivano dal possesso di animali domestici.
Molte volte non serve conservare ricevute fiscali e scontrini
Diverso, ovviamente, per le spese che, per “fatto notorio”, tutti sostengono come le spese per alimentari e vestiario.Relativamente alle spese, occorrerà una certa flessibilità da parte del Fisco e delle Commissioni tributarie: è palese che se, per ipotesi, l’accertamento viene fatto ad un pensionato che ha sempre vissuto in campagna, è presumibile supporre che questi nulla (o quasi) abbia speso per il vestiario, men che meno per l’iscrizione a centri di benessere.
Poi, a nostro avviso, a differenza di quanto si sta sostenendo da più parti, a poco serve conservare ricevute fiscali e scontrini, ad esempio, relativi alla spesa effettuata nel supermercato: anche se al Fisco si esibiscono le ricevute della spesa fatta tutto l’anno, il funzionario, del tutto legittimamente, potrà obiettare che il contribuente non le ha esibite tutte, e che, quindi, rimane valida la presunzione ISTAT.
Invece, potrebbe essere utile conservare le ricevute delle spese che possono risultare dalle banche dati, come quelle per l’effettuazione di viaggi e crociere (meglio averle, ad esempio per contestare eventuali errori materiali).
Queste, però, sono considerazioni “a caldo”, magari premature, posto che solo nel momento in cui si vedrà quale sarà il contenuto (e, soprattutto, la motivazione) degli accertamenti sarà possibile formulare osservazioni più precise.
/ Alfio CISSELLO
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