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venerdì 4 gennaio 2013

«Collaboratori» fuori dalla presunzione che riqualifica i rapporti di lavoro

Lo si desume dalla circ. 32/2012 del Ministero del Lavoro, riguardo ai commercialisti collaboratori di studio in rapporto di monocommittenza
Dottori commercialisti “collaboratori” di studio in rapporto di monocommittenza, ma inquadrati con partita IVA, sicuramente esclusi dalla presunzione che riqualifica il rapporto in parasubordinato se conseguono dall’attività svolta un reddito annuo almeno pari a 18.662,50 euro. Probabilmente esclusi anche se non lo superano, ma sul punto è opportuno attendere l’emanazione del Decreto Ministeriale previsto dal comma 3 dell’art. 69-bis del DLgs. 276/2003.Queste le considerazioni che sembrano potersi trarre dalla lettura della circ. 32 del 27 dicembre 2012, con la quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha fornito importanti chiarimenti in merito al perimetro applicativo della presunzione che, in presenza di determinati presupposti, riqualifica i rapporti di lavoro autonomo in rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
La presunzione, prevista dall’art. 69-bis del DLgs. 276/2003, è stata introdotta dal comma 26 dell’art. 1 della L. 92/2012 e successivamente ritoccata dal comma 1 dell’art. 46-bis del DL 83/2012, convertito nella L. 134/2012.
Ai sensi del comma 1 dell’art. 69-bis, la riqualificazione del rapporto di lavoro autonomo in rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (salvo che sia fornita prova contraria dal committente) opera se ricorrono almeno due dei tre seguenti presupposti:
- la collaborazione con il medesimo committente sia di durata superiore a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi;
- i corrispettivi percepiti dal lavoratore per il rapporto in questione, anche se percepiti da una pluralità di soggetti riconducibili però ad un medesimo centro unitario di interessi, superino l’80% di quelli complessivamente da esso ritratti dall’attività;
- il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
Il comma 2 esclude però l’operatività della presunzione, se la prestazione lavorativa presenta i seguenti requisiti (come chiarito dalla citata circolare 32, devono sussistere entrambi):
- il contenuto della prestazione sia connotato “da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività”;
- il reddito annuo di lavoro autonomo ritratto dal lavoratore in relazione all’attività svolta sia “non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233” (ossia, come sottolinea la circolare 32, 18.662,50 euro).
A sua volta, il comma 3 esclude ulteriormente l’operatività della presunzione “con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni”, rinviando ad un apposito decreto (a tutt’oggi non ancora emanato) per la ricognizione delle predette attività.
Il disposto del comma 3 dovrebbe assicurare l’esclusione dall’ambito di applicazione della presunzione di tutti quei rapporti di lavoro autonomo che dottori commercialisti muniti di partita IVA instaurano con studi professionali a condizioni di svolgimento tali per cui risulterebbero di per se stessi integrati almeno due dei tre presupposti previsti dal comma 1 dell’art. 69-bis del DLgs. 276/2003.
In attesa del decreto previsto dal comma 3 e di eventuali ulteriori delucidazioni, il condizionale rimane però d’obbligo, perché la grandissima parte delle prestazioni rese dai “dottori commercialisti collaboratori di studio” hanno per oggetto attività il cui svolgimento non è subordinato all’iscrizione al relativo Albo, in quanto attività caratteristiche, ma non riservate. Nelle more di questa auspicabile conferma, si può comunque considerare già acquisito il risultato dell’esclusione dalla presunzione per quei rapporti la cui remunerazione su base annua supera i 18.662,40 euro. La circolare 32/2012 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha infatti chiarito che, ai fini della esclusione dalla presunzione, il requisito di cui alla lett. a) del comma 2 dell’art. 69-bis deve essere inteso come sussistente quando, tra le altre, si verifica la situazione del possesso da parte del lavoratore di un titolo di studio universitario pertinente all’attività da esso svolta.
Ecco che, in attesa di avere maggiori certezze in ordine al fatto che la previsione di cui al comma 3 dell’art. 69-bis esclude a priori tutti i rapporti di lavoro autonomo che vedono nel ruolo di prestatore un iscritto all’Albo dei dottori commercialisti e hanno per oggetto attività caratteristiche (ancorché non riservate) della professione, si può già ora avere certezze in ordine al fatto che tale esclusione opera sicuramente ai sensi del precedente comma 2, purché il reddito annuo ritratto dal “dottore commercialista collaboratore di studio” superi 18.662,50 euro, soddisfando così anche il requisito di cui alla lett. b) del comma 2.
FONTE:EUTEKNE  ZANETTI

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