successioni e donazioni
Il trust autodichiarato non sconta l’imposta sulle donazioni
Secondo la C.T. Reg. di Milano, l’imposta
non si applica perché non sussiste il presupposto dell’animus donandi
in relazione ai beni costituiti nel trust
Non è applicabile l’imposta sulle donazioni sull’atto di costituzione di un trust autodichiarato, non sussistendo il presupposto impositivo dell’animus donandi
in relazione ai beni costituiti nel trust. È quanto stabilito dalla
C.T. Reg. di Milano, con la sentenza del 4 luglio 2012, n. 73/15/12.
Un contribuente aveva costituito dei beni in un trust, del quale egli stesso era sia il disponente (settlor) che il trustee: si trattava, quindi, di un cosiddetto trust autodichiarato, nel quale le due figure tipiche di tale istituto coincidono nello stesso soggetto. L’Agenzia delle Entrate riteneva che l’atto costitutivo fosse da assoggettare all’imposta sulle donazioni. L’articolo 2, comma 47, del DL 262/2006, infatti, ha reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito, ma anche sulla costituzione di vincoli di destinazione. Secondo il Fisco, poiché la costituzione di un trust equivale alla costituzione di un vincolo di destinazione, attesa la segregazione del patrimonio conferito nel trust, sulla costituzione di quest’ultimo trova applicazione la predetta imposta.
I giudici di primo grado respingevano il ricorso del contribuente, il quale appellava, affermando che il trust realizza una segregazione patrimoniale nell’ambito della titolarità del trustee e ciò non può essere confuso con il negozio di vincolo di destinazione. Inoltre, tale segregazione di patrimonio, a differenza di quanto ritenuto dai primi giudici, non comporta un trasferimento di beni, tanto più quando, come nel caso di specie, vi è coincidenza tra disponente e trustee.
Il collegio regionale ha osservato, innanzitutto, che la reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni è finalizzata a colpire gli incrementi patrimoniali, circostanza che non si era verificata in tal caso. Infatti, il trust considerato non ha comportato alcun arricchimento per il contribuente. Peraltro, il presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni invocata dall’Ufficio è il concetto di liberalità, che, nel caso di cui trattasi, non aveva animato l’appellante, atteso che la segregazione dei beni risultava esclusivamente sottesa al rafforzamento di una garanzia già prestata a favore di alcuni istituti bancari, quale fidejussione per una società. Al termine del trust, poi, il beneficiario sarebbe stato lo stesso contribuente se in vita, altrimenti i suoi eredi legittimi. Quindi, per i giudici milanesi, oltre a non sussistere l’animus donandi necessario ai fini dell’applicazione dell’imposta, al più, sotto il profilo temporale, il momento impositivo si sarebbe verificato in sede di trasferimento dei beni dal trustee ai beneficiari e non al momento di trasferimento dei beni dal disponente al trustee, come pretendeva l’Amministrazione finanziaria.
In sostanza, come sostenuto anche dalla dottrina, affinché il trust possa integrare il presupposto dell’imposta sulle successioni e donazioni, è necessario che lo stesso abbia natura liberale o gratuita e, più precisamente, che la sua istituzione sia funzionale al (successivo) trasferimento dei beni costituiti in trust a favore di soggetti diversi dal disponente, i quali devono poterli ricevere senza alcun sacrificio economico (appunto a titolo liberale o comunque gratuito).
/ Alessandro BORGOGLIO
FONTE EUTEKNE
Un contribuente aveva costituito dei beni in un trust, del quale egli stesso era sia il disponente (settlor) che il trustee: si trattava, quindi, di un cosiddetto trust autodichiarato, nel quale le due figure tipiche di tale istituto coincidono nello stesso soggetto. L’Agenzia delle Entrate riteneva che l’atto costitutivo fosse da assoggettare all’imposta sulle donazioni. L’articolo 2, comma 47, del DL 262/2006, infatti, ha reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito, ma anche sulla costituzione di vincoli di destinazione. Secondo il Fisco, poiché la costituzione di un trust equivale alla costituzione di un vincolo di destinazione, attesa la segregazione del patrimonio conferito nel trust, sulla costituzione di quest’ultimo trova applicazione la predetta imposta.
I giudici di primo grado respingevano il ricorso del contribuente, il quale appellava, affermando che il trust realizza una segregazione patrimoniale nell’ambito della titolarità del trustee e ciò non può essere confuso con il negozio di vincolo di destinazione. Inoltre, tale segregazione di patrimonio, a differenza di quanto ritenuto dai primi giudici, non comporta un trasferimento di beni, tanto più quando, come nel caso di specie, vi è coincidenza tra disponente e trustee.
Il collegio regionale ha osservato, innanzitutto, che la reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni è finalizzata a colpire gli incrementi patrimoniali, circostanza che non si era verificata in tal caso. Infatti, il trust considerato non ha comportato alcun arricchimento per il contribuente. Peraltro, il presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni invocata dall’Ufficio è il concetto di liberalità, che, nel caso di cui trattasi, non aveva animato l’appellante, atteso che la segregazione dei beni risultava esclusivamente sottesa al rafforzamento di una garanzia già prestata a favore di alcuni istituti bancari, quale fidejussione per una società. Al termine del trust, poi, il beneficiario sarebbe stato lo stesso contribuente se in vita, altrimenti i suoi eredi legittimi. Quindi, per i giudici milanesi, oltre a non sussistere l’animus donandi necessario ai fini dell’applicazione dell’imposta, al più, sotto il profilo temporale, il momento impositivo si sarebbe verificato in sede di trasferimento dei beni dal trustee ai beneficiari e non al momento di trasferimento dei beni dal disponente al trustee, come pretendeva l’Amministrazione finanziaria.
In sostanza, come sostenuto anche dalla dottrina, affinché il trust possa integrare il presupposto dell’imposta sulle successioni e donazioni, è necessario che lo stesso abbia natura liberale o gratuita e, più precisamente, che la sua istituzione sia funzionale al (successivo) trasferimento dei beni costituiti in trust a favore di soggetti diversi dal disponente, i quali devono poterli ricevere senza alcun sacrificio economico (appunto a titolo liberale o comunque gratuito).
Per l’Agenzia, rileva la natura patrimoniale del conferimento in trust
Sebbene la giurisprudenza di merito si stia consolidando in tal senso (cfr.
C.T. Reg. Venezia-Mestre n. 10/29/12), l’Agenzia delle Entrate
sostiene, invece, la rilevanza di qualsivoglia trust ai fini
dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, e ciò
anche nel caso di trust autodichiarato, in cui il settlor assume le funzioni di trustee.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, l’attribuzione dei beni in
trust, pur in assenza di formali effetti traslativi, deve essere
assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni, attesa la natura patrimoniale del
conferimento in trust nonché dall’effetto segregativo che esso produce
sui beni conferiti indipendentemente dal trasferimento formale della
proprietà e, da ultimo, dal complessivo trattamento fiscale del trust
che esclude dalla tassazione il trasferimento dei beni a favore dei
beneficiari (circ. Agenzia delle Entrate n. 3 del 22 gennaio 2008, §
5.4.2; circ. n. 48 del 6 agosto 2007, § 5)./ Alessandro BORGOGLIO
FONTE EUTEKNE
Nessun commento:
Posta un commento