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venerdì 11 gennaio 2013

La cessione a terzi del terreno ricevuto in donazione dal familiare è elusiva

redditi diversi

La cessione a terzi del terreno ricevuto in donazione dal familiare è elusiva

Per la Cassazione, la donazione del terreno anteriore alla cessione a terzi configura un’operazione diretta ad eludere la tassazione della plusvalenza


Con la sentenza n. 449 depositata ieri, 10 gennaio 2013, la Corte di Cassazione torna a qualificare come elusiva la cessione a terzi di un terreno, preceduta poco prima dalla donazione dello stesso terreno al familiare cedente.
Occorre infatti ricordare che, ai sensi dell’art. 68, comma 2, del TUIR, nel caso di terreni “acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili e di successione”.
In pratica, la plusvalenza è determinata sottraendo dal corrispettivo di vendita:
- il valore dichiarato nell’atto di donazione (ovvero accertato) rivalutato;
- gli altri costi inerenti rivalutati;
- eventualmente, l’INVIM.
Tale previsione normativa ha indotto alcuni contribuenti, in particolare con riferimento alle aree fabbricabili, ad articolare la cessione del terreno a terzi in due passaggi:
- prima la donazione a familiari, al fine di rivalutare il costo di acquisto del terreno;
- poi la cessione a terzi del terreno, con un sostanziale azzeramento della plusvalenza e quindi dell’imposta dovuta per effetto della cessione.
Dette operazioni, poste in essere spesso in un arco temporale ravvicinato, sono state oggetto di vaglio da parte dell’Agenzia delle Entrate, generando un contenzioso che ha visto i contribuenti sovente soccombere.
A livello di Corte di Cassazione, a quanto consta, questa è la seconda pronuncia in materia e, anche in questo caso, è stata accolta la tesi dell’Agenzia dell’Entrate.
La sentenza è degna di nota in quanto viene considerata corretta la ricostruzione dell’Agenzia fondata sull’applicazione dell’art. 37 comma 3 del DPR 600/73.
Secondo quest’ultima disposizione, in sede di rettifica, sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti, quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che lo stesso ne è l’effettivo possessore per interposta persona.
La norma, secondo la dottrina e la giurisprudenza tradizionale, si riferisce alla cosiddetta interposizione fittizia, vale a dire al caso in cui si realizza uno scostamento tra la situazione esteriore e la situazione reale.
Nel caso di specie, invece, risulta più corretto parlare di interposizione reale, fattispecie apparentemente esclusa dall’ambito applicativo del citato art. 37 comma 3.
Ad avviso dei giudici di Cassazione, invece, il carattere reale e non simulato dell’operazione di vendita, nonché l’effettiva percezione del prezzo da parte dei familiari venditori-donatari non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione.
A supporto di tale conclusione, la Corte richiama una recente sentenza della stessa Cassazione (Cass. n. 12788/2011) nella quale si è affermato che l’interposizione fittizia non esaurisce il campo di applicazione dell’art. 37 comma 3, ben potendosi applicare anche all’interposizione reale; la norma, infatti, concerne l’appartenenza “ad un soggetto (in termini di effettiva disponibilità) di redditi giuridicamente attribuiti ad un terzo, irrilevante essendo il titolo in base al quale tali redditi figurano nominalmente intestati a tale soggetto”.
Come emerge anche dalla motivazione della Cassazione, l’operazione descritta oggi sarebbe “aggredibile” in modo forse più lineare, utilizzando il principio dell’abuso del diritto, principio, all’epoca dei fatti e dell’accertamento, non ancora elaborato dalla giurisprudenza domestica.
FONTE:EUTEKNE

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