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mercoledì 27 luglio 2011

Reverse charge se il cessionario è identificato in Italia

iva

Reverse charge se il cessionario è identificato in Italia

L’indicazione contenuta nella ris. 36/2011 dell’Agenzia, che va estesa all’ipotesi in cui il cedente non sia residente, supera la circ. 11/2007

/ Martedì 26 luglio 2011
La territorialità IVA delle cessioni di beni non ha subìto modifiche ad opera del DLgs. n. 18/2010, di recepimento della Direttiva n. 2008/8/CE. Anche successivamente al 1° gennaio 2010, se la cessione ha per oggetto beni mobili, si considera come luogo impositivo quello in cui i beni esistono (art. 7-bis, comma 1 del DPR n. 633/1972). Tale regola generale si riferisce agli artt. 31 e 32 della Direttiva n. 2006/112/CE, ove vengono disciplinate, rispettivamente, le cessioni senza e con trasporto a destinazione del cessionario. Se i beni non sono spediti o trasportati, il luogo della cessione è quello dove il bene si trova al momento della cessione (art. 31); se, invece, il bene è spedito o trasportato, dal cedente o dal cessionario, ovvero da un terzo, il luogo della cessione è quello in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto (art. 32).
Il richiamato criterio di collegamento con il territorio dello Stato deve essere correlato all’obbligo di reverse charge ogni qual volta il cedente non sia residente. L’art. 17, secondo comma del DPR n. 633/1972, infatti, in linea con la facoltà prevista dall’art. 194 della Direttiva n. 2006/112/CE, prevede la traslazione obbligatoria dell’obbligo d’imposta in capo al cessionario, purché sia un soggetto passivo stabilito in Italia, cioè – di regola – con sede dell’attività economica nel territorio (art. 7, comma 1, lett. d) del DPR n. 633/1972), salvo il caso in cui la cessione sia effettuata per il tramite di una stabile organizzazione in Italia del cedente non residente (art. 17, quarto comma del DPR n. 633/1972).
Nell’ipotesi in cui il cedente e il cessionario non siano residenti, è lecito domandarsi quale sia l’operatore tenuto ad assolvere l’imposta in Italia relativa alla cessione che soddisfi il presupposto territoriale di cui al citato art. 7-bis. Ebbene, il reverse charge non è applicabile siccome il cessionario non è stabilito in Italia; di conseguenza, gli obblighi IVA vanno adempiuti dal cedente, previa identificazione nel territorio dello Stato nella forma diretta (ex art. 35-ter del DPR n. 633/1972, se si tratta di operatore comunitario) o indiretta, cioè per mezzo di un proprio rappresentante fiscale. Risulta così ripristinata la regola generale, di cui all’art. 17, primo comma , del D.P.R. n. 633/1972 (corrispondente all’art. 193 della Direttiva n. 2006/112/CE), secondo la quale l’imposta è dovuta dal soggetto passivo che effettua la cessione.
La soluzione esposta si applica anche nel caso in cui il cessionario, stabilito all’estero, sia già identificato ai fini IVA in Italia (cfr., da ultimo, la circolare n. 28/2011, § 1.3 e 1.4), in quanto è il luogo di stabilimento – che coincide, come detto, con il territorio in cui l’operatore ha fissato la sede dell’attività – a determinare l’applicazione del regime di reverse charge; per contro, il luogo di identificazione, ossia quello in cui l’operatore non residente ha acceso una posizione IVA, è unicamente preordinato a consentire al Fisco di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all’estero (Corte di Giustizia, causa C-1/08, Athesia Druck).
La disciplina del reverse charge c.d. “esterno”, cioè con cedente estero e cessionario italiano, di cui sopra, va coordinata con la disciplina del reverse charge c.d. “interno”, applicabile nei casi di cui all’art. 17, quinto e sesto comma del DPR n. 633/1972. Può, infatti, accadere che il bene oggetto di cessione interna rientri in quest’ultimo regime, con la conseguente traslazione dell’obbligo impositivo in capo al cessionario.
Nell’ipotesi in cui il cedente e il cessionario siano entrambi non residenti, il dubbio da chiarire è quale sia il soggetto tenuto ad assolvere l’IVA; in definitiva, si tratta di stabilire se il debitore d’imposta resti il cedente – in applicazione del principio generale di cui all’art. 17, primo comma del DPR n. 633/1972 – oppure diventi il destinatario della cessione, nel presupposto che l’operazione sia oggettivamente attratta nel sistema del reverse charge interno.
Quest’ultima conclusione è stata avallata dall’Agenzia delle Entrate in riferimento al regime di inversione contabile per i subappalti edili. Nella circolare n. 11/2007 (§ 5.1), è stato infatti precisato che, nel caso in cui appaltatore e subappaltatore siano entrambi soggetti esteri, non stabiliti in Italia, soltanto l’appaltatore, in quanto debitore d’imposta ai sensi dell’art. 17, sesto comma, lett. a) del DPR n. 633/1972, è tenuto ad identificarsi in Italia.
L’indicazione della ris. 36/2011 è conforme all’art. 17 del DPR 633/72
Tale interpretazione pare, tuttavia, smentita dalla più recente risoluzione n. 36/2011 (§ C), avente per oggetto le cessioni di telefonini e di dispositivi a circuito integrato, soggette ad inversione contabile a seguito della decisione del Consiglio UE n. 2010/710/UE. Secondo l’Agenzia, il destinatario della cessione, ancorché non residente, ma identificato in Italia, è obbligato all’assolvimento dell’IVA in luogo del cedente. Si tratta di un’indicazione conforme alla lettera dell’art. 17, quinto comma del DPR n. 633/1972, nella parte in cui dispone che il reverse charge interno si applica alle operazioni aventi come destinatario un “soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato”. Non è quindi richiesto che il cessionario sia stabilito in Italia – come nell’ipotesi del reverse charge esterno – essendo sufficiente che il destinatario, benché non residente, sia identificato in Italia.
Tale ultima posizione dell’Agenzia appare in linea con quanto già chiarito con la circolare n. 28 del 21 giugno 2004 (§ 12.3) in sede di commento al regime di reverse charge alle cessioni di rottami ferrosi e non, laddove si afferma che il regime non si applica per le cessioni a privati e a coloro che non sono soggetti passivi di imposta nazionali. In altri termini, si lascia intendere che non vi sia obbligatorietà di applicazione del regime nell’ipotesi in cui il cessionario non sia identificato ai fini IVA in Italia.
La precisazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 36/2011, benché riferita al caso in cui il cedente sia residente, dovrebbe applicarsi anche se il cedente non è residente. Come, infatti, indicato dalla circolare n. 11/2007, il luogo di stabilimento del cedente è irrilevante. Andrebbe, invece, definitivamente chiarito se il reverse charge si applichi qualora il cessionario non residente sia privo di identificazione in Italia. La soluzione affermativa, riconosciuta dalla circolare n. 11 del 2007, si pone infatti in contrasto con lo status a quest’ultimo richiesto dall’art. 17, quinto comma del DPR n. 633/1972, così come interpretato dalla risoluzione n. 36 del 2011. In tale ipotesi, sembrerebbe pertanto più corretto escludere l’applicazione del reverse charge, di modo che ad identificarsi sia obbligato non già il cessionario, bensì il cedente, con il conseguente addebito in fattura dell’imposta.

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