Contenzioso
Contributo unificato, prime istruzioni dal Ministero
La nota «inciampa» sulla decorrenza della maggiorazione per omessa indicazione della PEC
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con una nota datata 7 luglio 2011 numero di protocollo 11350, fornisce le prime istruzioni operative per ciò che concerne il contributo unificato, che, come detto in altri interventi apparsi nei giorni scorsi, ha sostituito, per i ricorsi notificati a partire dallo scorso 7 luglio, l’imposta di bollo.
A dire il vero, i chiarimenti sono un tantino scarni, e, visto che l’entrata in vigore è stata immediata, sarebbe stato opportuno spendere una qualche parola in più. Ad ogni modo, nella nota si annuncia l’approvazione di una imminente circolare, che chiarirà i vari aspetti problematici della nuova tassazione degli atti processuali.
Il Ministero rimarca che, in calce all’atto introduttivo del giudizio (ricorso), il difensore deve indicare il valore della causa, sul quale deve essere calcolato il contributo unificato ai sensi del “nuovo” art. 13, comma 6-quater del DPR 115/2002.
Per ciò che concerne l’entità, si va da un minimo di 30 euro per i ricorsi di valore sino a 2.582,28 euro, ai 120 euro per le cause di valore tra i 5.000 e i 25.000 euro, ad un massimo di 1.500 euro per le cause di valore superiore a 200.000 euro.
Nella nota, a ben vedere, si evidenzia che, come prevede l’art. 13, comma 3-bis del Testo unico sulle spese di giustizia, se il difensore omette di indicare nel ricorso la propria casella di posta elettronica certificata o il numero di codice fiscale del ricorrente, il contributo è maggiorato della metà: subito dopo, in grassetto, si rimarca la decorrenza delle nuove norme, che, come detto, si applicano a partire dai ricorsi notificati dal 7 luglio.
Il Ministero, quindi, pare si sia “scordato” del disposto di cui al comma 8 dell’art. 39 della “manovra correttiva”, che, dopo aver introdotto un apposito comma nell’art. 16 del DLgs. 546/92, prevedendo la possibilità di esecuzione, anche nel rito fiscale, delle comunicazioni telematiche, ha sentito il bisogno di ricordare che, sino a quando non saranno approvati i decreti di attuazione di tale norma, la maggiorazione del contributo unificato non opera.
Poi, il Ministero si sofferma sulle modalità di pagamento, illustrando la possibilità di pagare mediante modello F23, apposito bollettino postale o recandosi presso una delle tabaccherie convenzionate.
Non viene però specificato (anche se il modello è stato inserito nella “modulistica” relativa al processo tributario nel sito internet del Dipartimento delle Finanze) che, in ques’ultimo caso, il contrassegno adesivo deve essere applicato sulla certificazione di pagamento approvata con decreto del settembre 2010, che dovrà essere depositata in occasione della costituzione in giudizio.
D’altronde, l’inosservanza di ciò non dovrebbe causare alcun effetto pregiudizievole, l’importante è che il contribuente paghi il giusto e depositi la prova di ciò quando si costituisce.
Infine, viene messo in risalto che la regolarità fiscale degli atti processuali dovrà essere verificata dalle segreterie delle Commissioni tributarie, le quali dovranno anche prestare attenzione alla presenza, in calce al ricorso, della dichiarazione sul valore della lite.
A dire il vero, i chiarimenti sono un tantino scarni, e, visto che l’entrata in vigore è stata immediata, sarebbe stato opportuno spendere una qualche parola in più. Ad ogni modo, nella nota si annuncia l’approvazione di una imminente circolare, che chiarirà i vari aspetti problematici della nuova tassazione degli atti processuali.
Il Ministero rimarca che, in calce all’atto introduttivo del giudizio (ricorso), il difensore deve indicare il valore della causa, sul quale deve essere calcolato il contributo unificato ai sensi del “nuovo” art. 13, comma 6-quater del DPR 115/2002.
Per ciò che concerne l’entità, si va da un minimo di 30 euro per i ricorsi di valore sino a 2.582,28 euro, ai 120 euro per le cause di valore tra i 5.000 e i 25.000 euro, ad un massimo di 1.500 euro per le cause di valore superiore a 200.000 euro.
Nella nota, a ben vedere, si evidenzia che, come prevede l’art. 13, comma 3-bis del Testo unico sulle spese di giustizia, se il difensore omette di indicare nel ricorso la propria casella di posta elettronica certificata o il numero di codice fiscale del ricorrente, il contributo è maggiorato della metà: subito dopo, in grassetto, si rimarca la decorrenza delle nuove norme, che, come detto, si applicano a partire dai ricorsi notificati dal 7 luglio.
Il Ministero, quindi, pare si sia “scordato” del disposto di cui al comma 8 dell’art. 39 della “manovra correttiva”, che, dopo aver introdotto un apposito comma nell’art. 16 del DLgs. 546/92, prevedendo la possibilità di esecuzione, anche nel rito fiscale, delle comunicazioni telematiche, ha sentito il bisogno di ricordare che, sino a quando non saranno approvati i decreti di attuazione di tale norma, la maggiorazione del contributo unificato non opera.
Chiarimenti ancora insufficienti
Non potrebbe essere altrimenti, posto che, se non è ancora attivo il “processo tributario telematico”, non avrebbe senso prevedere la maggiorazione del contributo unificato per l’omessa indicazione della casella PEC, non ancora utilizzabile.Poi, il Ministero si sofferma sulle modalità di pagamento, illustrando la possibilità di pagare mediante modello F23, apposito bollettino postale o recandosi presso una delle tabaccherie convenzionate.
Non viene però specificato (anche se il modello è stato inserito nella “modulistica” relativa al processo tributario nel sito internet del Dipartimento delle Finanze) che, in ques’ultimo caso, il contrassegno adesivo deve essere applicato sulla certificazione di pagamento approvata con decreto del settembre 2010, che dovrà essere depositata in occasione della costituzione in giudizio.
D’altronde, l’inosservanza di ciò non dovrebbe causare alcun effetto pregiudizievole, l’importante è che il contribuente paghi il giusto e depositi la prova di ciò quando si costituisce.
Infine, viene messo in risalto che la regolarità fiscale degli atti processuali dovrà essere verificata dalle segreterie delle Commissioni tributarie, le quali dovranno anche prestare attenzione alla presenza, in calce al ricorso, della dichiarazione sul valore della lite.
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