Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

venerdì 29 luglio 2011

accertamento

accertamento

Accesso in locali a uso promiscuo: nullo l’accertamento se non autorizza il PM

Per la Cassazione, necessaria l’autorizzazione anche quando locale per l’attività lavorativa e abitazione sono comunicanti

/ Venerdì 29 luglio 2011
È necessaria l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per accedere sia nei locali del contribuente ad uso promiscuo che per quelli ad utilizzo esclusivamente abitativo, ma nel primo caso non è richiesto alcun ulteriore requisito per il rilascio del provvedimento autorizzatorio, mentre nella seconda ipotesi occorre che esistano gravi indizi di violazioni tributarie; per entrambe le fattispecie, però, la mancanza dell’autorizzazione comporta inevitabilmente l’inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite e, quindi, la nullità degli atti impositivi che si di esse si fondano. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 16570 di ieri, 28 luglio 2011.
L’art. 52 del DPR 633/1972 reca la disciplina del potere di accesso dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, dall’esame di tale articolo di legge, è possibile individuare schematicamente tre diverse tipologie di accesso in funzione dei luoghi da controllare:
- locali destinati esclusivamente ad attività lavorative del contribuente (commerciali, professionali, agricole o artistiche): in tale ipotesi, è necessaria soltanto un’apposita autorizzazione rilasciata dal Capo Ufficio o dal Comandante del Reparto da cui i funzionari o i militari procedenti dipendono;
- locali utilizzati ad “uso promiscuo”, cioè per l’attività lavorativa del contribuente e contestualmente come sua abitazione: in tal caso, la norma richiede, oltre all’autorizzazione scritta di cui al precedente punto, anche il preventivo rilascio di un’autorizzazione del Procuratore della Repubblica;
- i cosiddetti “locali diversi”: si tratta di una sorta di categoria residuale, riferendosi la norma, appunto, a “…locali diversi da quelli indicati al precedente comma…”, che ricomprende i locali adibiti esclusivamente ad abitazione del soggetto controllato o di terzi, nonché gli altri locali privati del contribuente verificato o di terzi (garage, box, cantine, ecc.); per effettuare gli accessi, la legge richiede l’esistenza di “gravi indizi” di violazione delle norme tributarie e della preventiva autorizzazione rilasciata dal PM.
Ad eccezione, quindi, dell’accesso presso i locali adibiti esclusivamente all’esercizio dell’attività lavorativa del contribuente, nelle altre ipotesi, invece, è sempre necessaria l’autorizzazione del PM. È proprio questo il primo aspetto rilevante della sentenza in commento, che conferma la necessità del predetto provvedimento autorizzatorio, ma precisa altresì che per i locali ad uso promiscuo esso è sostanzialmente un atto dovuto del PM, mentre per i locali adibiti esclusivamente ad abitazione o “locali diversi”, intesi nell’accezione sopra illustrata, occorrono i gravi indizi di evasione prodromici al rilascio dell’autorizzazione.
Nel caso di specie, la Cassazione ha stabilito che i giudici di merito avevano già accertato in fatto, attraverso l’esame delle planimetrie e dei certificati anagrafici prodotti dal contribuente, che l’opificio presso cui era stato effettuato l’accesso da parte dei militari della GdF era invero destinato a sede dell’impresa ma anche ad abitazione del contribuente, in locali tra di loro comunicanti. Per tale ragione, quindi, l’autorizzazione del PM risultava indispensabile, ancorché non fossero necessari al suo rilascio i gravi indizi di evasione, trattandosi, appunto, di locali ad uso promiscuo (cfr. Cass. 2444/2007, 10664/1998).
A tal ultimo proposito, i Supremi Giudici hanno precisato che la destinazione promiscua non sussiste soltanto quando i medesimi ambienti siano utilizzati contestualmente per la vita familiare e per l’attività lavorativa, come erroneamente affermato dall’Agenzia delle Entrate in sede di ricorso per Cassazione, ma ogni qual volta l’agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento dei documenti propri dell’attività commerciale nei locali abitativi.
Autorizzazione per tutelare l’inviolabilità del domicilio privato
In conclusione, i Giudici del Palazzaccio hanno stabilito che l’autorizzazione del PM è diretta a tutelare l’inviolabilità del domicilio privato e, pertanto, “rileva alla stregua di condicio sine qua non per la legittimità dell’atto e delle relative conseguenti acquisizioni”. La mancanza di tale provvedimento autorizzatorio comporta – secondo gli Ermellini – l’inutilizzabilità della documentazione irritualmente acquisita: tale principio, infatti, trova applicazione anche in ambito tributario, in considerazione della garanzia difensiva accordata, in generale, dall’articolo 24 della Costituzione. (cfr. Cass. 8181/2007, 19689/2004).
Viene in tal modo riconfermato un filone giurisprudenziale di legittimità ormai ampiamente consolidato, a cui appartiene anche la recente sentenza, con la quale la Cassazione ha stabilito che è necessaria l’autorizzazione del PM anche per l’accesso presso la casa/studio di un commercialista ed, in mancanza di tale provvedimento, l’accertamento risulta nullo se fondato sulla sola documentazione ivi reperita (Cass. 6908/2011).
/ Alessandro BORGOGLIO

Nessun commento:

Posta un commento